venerdì 23 giugno 2023

Alla scoperta della chiesetta di Sant'Angelo: un tesoro nascosto da valorizzare

Pollena Trocchia - Nel cuore del monte Somma, tra i comuni di Pollena Trocchia e Sant'Anastasia, sorge una gemma nascosta che affascina e incanta chiunque abbia la fortuna di visitarla: la chiesetta di Sant'Angelo. Questo luogo incantevole, immerso nella natura rigogliosa della montagna, offre non solo una vista panoramica mozzafiato sul golfo di Napoli e sulla città stessa, ma anche una varietà di bellezze naturali che lasciano senza fiato. 

Fin dal momento in cui si inizia il percorso per raggiungere la chiesetta, si è avvolti da un'atmosfera magica. La flora che si può ammirare lungo il tragitto è ricca e variegata: noci, viti, ulivi, castani, querce e noccioli si susseguono creando un quadro di colori e profumi che avvolgono i sensi. Questa biodiversità rappresenta un patrimonio inestimabile, un tesoro da tutelare e preservare per le generazioni future. 

Ma non è solo la vegetazione ad affascinare i visitatori fortunati che intraprendono questa scalata. Lungo il percorso, è possibile imbattersi in meravigliosi animali, come i falchi che volteggiano nel cielo azzurro, creando uno spettacolo che sembra uscito da una fiaba. Queste creature affascinanti rappresentano la bellezza della fauna locale e testimoniano l'importanza di conservare l'habitat naturale che le ospita. 

Tuttavia, nonostante la meraviglia di questo luogo incantato, non si può ignorare il fatto che siano necessari interventi di valorizzazione e conservazione per assicurare che la chiesetta di Sant'Angelo possa essere apprezzata al meglio. Uno degli aspetti fondamentali è la tinteggiatura delle pareti esterne della chiesetta, che oltre a donare nuova vita al sito, contribuirà a proteggere la struttura dagli agenti atmosferici che potrebbero danneggiarla nel tempo. 

Inoltre, è fondamentale porre attenzione alla pulizia della zona circostante. I rifiuti sparsi rappresentano un grave problema, sia dal punto di vista estetico che ambientale. Dobbiamo impegnarci a mantenere puliti questi luoghi di straordinaria bellezza, sensibilizzando i visitatori affinché adottino comportamenti responsabili e rispettosi dell'ambiente.

Altrettanto importante è il ripristino dei sentieri che conducono alla chiesetta. Attualmente, alcuni tratti sono difficili da praticare e potrebbero scoraggiare potenziali visitatori. Ripristinare e segnalare adeguatamente i sentieri permetterebbe a un numero maggiore di persone di scoprire questo luogo unico e di immergersi nella sua bellezza senza ostacoli. 

Infine, è necessario porre maggiore attenzione all'aspetto della segnaletica. Chi non conosce la zona potrebbe avere difficoltà a raggiungere la chiesetta, privandosi di un'esperienza indimenticabile. Apporre segnali chiari lungo il percorso e fornire informazioni dettagliate contribuirebbe a rendere accessibile questo tesoro nascosto a un pubblico più ampio. 

La chiesetta di Sant'Angelo rappresenta un gioiello prezioso che incarna la bellezza della natura e la storia e la fede di questa terra. Valorizzare questo sito significa preservare il suo fascino e consentire a un numero sempre maggiore di persone di godere di tutto ciò che ha da offrire. È fondamentale che le autorità competenti e la comunità locale si uniscano per proteggere e promuovere questa perla di bellezza naturale, affinché possa brillare nel suo splendore e ispirare i visitatori di oggi e di domani. Solo attraverso un impegno congiunto possiamo garantire che la chiesetta di Sant'Angelo continui a essere una destinazione da sogno per gli amanti della natura e della storia. (Carlo Silvano)

Nota: con altre due persone ho raggiunto la chiesetta di Sant'Angelo partendo a piedi dal rione Tartaglia alle ore 8.30 per arrivare alle ore 9'45, seguendo un sentiero che in parte copre l'alveo di Trocchia, e avendo come punto di riferimento la statua di padre Pio.




 

mercoledì 21 giugno 2023

Castel Sant'Elmo e "Una ragazza da amare"

Lunedì 19 giugno sono ritornato a visitare Castel Sant’Elmo, e mentre con mio figlio Stefano ammiravo il golfo e la meravigliosa città di Napoli che si estendeva davanti a noi dagli spalti del castello, non potevo fare a meno di riflettere sul legame profondo tra la bellezza di questo luogo e l’ispirazione che può generare. È come se ogni dettaglio, ogni panorama e ogni emozione che si respira qui avessero il potere di generare storie e personaggi indimenticabili.

La scelta di ambientare il romanzo “Una ragazza da amare” proprio in questa città e di far convergere i destini dei protagonisti sugli spalti del castello ha per me un significato profondo: Napoli è una città ricca di storia, cultura e tradizioni, e la sua bellezza è evidente in ogni suo angolo. I liceali che si ritrovano qui sono affascinati dalla magnificenza del golfo, dai colori vibranti delle case, dai tesori artistici che si celano nelle chiese e nei musei.


 

Gli spalti di Castel Sant'Elmo diventano un luogo di contemplazione e di riflessione per i giovani protagonisti del romanzo. Da qui, possono osservare e riflettere sulla bellezza della loro città, ma allo stesso tempo sono spinti a interrogarsi sulle loro vite, sui loro sogni e sulle sfide che affrontano.

Questa connessione tra il paesaggio e lo sviluppo della trama e dei personaggi del romanzo sottolinea l’importanza dell’ambiente circostante nell’influenzare le vite delle persone. Le bellezze di Napoli diventano uno sfondo affascinante, ma anche un catalizzatore per le emozioni e le esperienze vissute dai protagonisti.

Inoltre, la scelta di ambientare il romanzo negli anni Ottanta aggiunge un ulteriore strato di nostalgia e di riflessione sulla trasformazione di Napoli nel corso del tempo. Gli anni Ottanta sono stati un periodo di cambiamento per la città, sia dal punto di vista sociale che culturale. Il romanzo cattura quell’atmosfera e trasmette un senso di appartenenza e di affetto per una Napoli che è in continuo mutamento.

Infine, osservando lo spettacolo mozzafiato che si svela di fronte ai miei occhi, mi rendo conto che questa è solo una delle tante prospettive possibili. Ogni persona che si trova qui può trarre ispirazione in modo unico, vedere storie diverse e interpretare la bellezza a proprio modo. Ecco perché “Una ragazza da amare” diventa un’opera unica, che cattura l’essenza di Napoli e dei suoi abitanti attraverso le esperienze e le emozioni di una comitiva di liceali.

Per informazioni sul romanzo cliccare sul collegamento Una ragazza da amare

sabato 17 giugno 2023

Un racconto per ricordare i bombardamenti aerei subiti dalla popolazione

 

Ho abbozzato un nuovo capitolo del racconto "La bambina della masseria Rutiglia", ambientato tra Pollena e Cercola durante la Seconda guerra mondiale...

Era una giornata tiepida e senza nuvole a San Gennariello di Pollena Trocchia, un piccolo comune vesuviano della provincia di Napoli. Le stradine erano immerse nel silenzio rotto solo dal calpestio affrettato delle persone che si dirigevano verso il rifugio. La tensione era palpabile nell'aria, e gli sguardi angosciati dei residenti riflettevano la paura che avvolgeva ogni anima.

Al centro di questa storia c'era una bambina di dodici anni di nome Carmela, con i capelli ricci e scuri come l'ebano e gli occhi che brillavano di un'intelligenza vivace. Viveva con la sua famiglia in una modesta abitazione nella contrada di San Gennariello di Pollena. Carmela era cresciuta circondata dal calore familiare e dalla gioia di vivere, ma tutto sembrava svanire sotto l'ombra della guerra.

Quella sera, le sirene dell'allarme aereo risuonarono attraverso il paese, spingendo Carmela e la sua famiglia ad abbandonare la sicurezza della loro casa per cercare rifugio nel sottosuolo. Si diressero verso il rifugio, una fredda e umida caverna scavata nella roccia, che sarebbe diventata la loro dimora temporanea durante i bombardamenti.


Appena entrarono nel rifugio, le fiamme tremolanti delle candele illuminarono il viso preoccupato delle persone che si erano già radunate lì. Uomini, donne, bambini di tutte le età cercavano conforto l'uno nell'altro, cercando di sopprimere la paura che li attanagliava. I loro occhi erano carichi di angoscia, e il sussurro di preghiere disperate si mescolava al suono assordante degli scoppi delle bombe che si avvicinavano sempre di più.

La piccola Carmela si stringeva al petto una bambola logora, l'unico conforto tangibile che aveva portato con sé nel rifugio. Mentre le bombe cadevano sulla città di Napoli, sentiva il suo cuore battere furiosamente nel petto e il respiro affannato che riempiva le sue orecchie. Si aggrappò alla speranza che il destino risparmiasse la sua casa e le poche cose che possedeva.

Accanto a Carmela c'era un anziano signore, il cui volto segnato dalla vita raccontava storie di dolore e sofferenza. Con mano tremante, teneva stretto un rosario, recitando silenziosamente le sue preghiere. Le rughe sul suo viso sembravano profonde solchi scavati dalla tristezza, ma la fede incrollabile che risplendeva nei suoi occhi era una luce di speranza in un mondo oscuro.

Le madri accarezzavano teneramente i capelli dei loro figli, cercando di distrarli dalla paura che li avvolgeva. I loro occhi riflettevano il desiderio di proteggerli, di tenere lontano il pericolo che incombeva su di loro. Pregavano per la sicurezza dei loro cari e imploravano che le bombe risparmiassero le loro case e le poche cose che avevano faticosamente costruito.

In quel rifugio, in mezzo a quel mare di volti spaventati, si univa una forza straordinaria. Nonostante la paura dilaniante, le persone trovavano conforto l'una nell'altra, cercando di trasmettersi coraggio e speranza. Si sussurravano parole di incoraggiamento e cercavano di coltivare la fiamma della speranza che bruciava dentro di loro.

Mentre le bombe continuavano a cadere sui vari quartieri della vicina città di Napoli, il terrore si faceva sempre più insopportabile. Ma nonostante tutto, la piccola Carmela e gli altri nel rifugio non si lasciavano sopraffare. La loro determinazione a sopravvivere e a proteggere ciò che amavano era più forte della distruzione che minacciava di avvolgerli.

E così, in mezzo alla paura e all'incertezza, il loro legame si rafforzava. Persone di tutte le età si univano in una comunione silenziosa, radicata nella speranza che le bombe risparmiassero le loro povere abitazioni e le poche cose che possedevano. Non sapevano cosa il futuro avrebbe riservato loro, ma in quel momento, nel buio del rifugio, erano uniti da un unico desiderio: la salvezza.

giovedì 15 giugno 2023

Chiara Marcon intervista Carlo Silvano


Nato a Cercola (Napoli), per molti anni Carlo Silvano ha vissuto nel comune vesuviano di Pollena Trocchia; nel 1999 si è trasferito a Treviso e dal 2005 risiede a Villorba con la moglie e i tre figli. A maggio 2012 è tornato in libreria il suo romanzo intitolato “Il boiaro” ambientato in Russia al tempo dell’ultimo zar. Con le Edizioni del noce ha pubblicato libri che riguardano l’emigrazione, il carcere, il mobbing e la massoneria. Nella piattaforma digitale di YouCanPrint sono disponibili diverse pubblicazioni come il romanzo “L’onda azzurra. Viaggio nel mondo di Crio” e la raccolta di racconti “Il bambino e l’avvoltoio”. È fondatore e presidente dell’Associazione culturale “Nizza italiana”. Nella nostra intervista, ci racconta il suo nuovo romanzo, “Una ragazza da amare”, ambientato in un liceo partenopeo, dove la vita e non solo di un gruppo di ragazzi si incontra e si scontra con la realtà di tutti i giorni, con un linguaggio semplice e delicato, Carlo, affronta tanti temi in questo suo scritto, non trascurando la cura per i dettagli e il verismo nella narrazione.

Hai ambientato il tuo racconto a Napoli, ma vivi da tanti anni a Treviso. Come mai questa scelta? 

Treviso è la mia città di adozione e a Treviso devo molto perché è nella Marca trevigiana che ho la mia famiglia e il mio futuro, ma Napoli resta la città che mi ha formato, soprattutto sotto il profilo umano e culturale, ed è Napoli che custodisce i sogni della mia infanzia e giovinezza. Camminare per le strade e per i vicoli di Napoli all’ombra dei suoi secolari palazzi e delle sue preziose chiese, respirarne la storia, scoprire che dietro un muro fatiscente è custodita un’opera d’arte che non tutti conoscono, guardare i volti delle persone che incroci intuendone il carico di speranze e di sofferenze che portano dentro di sé e ascoltare la sapienza popolare quando hai occasione di conversare con una persona anziana, non solo ti può arricchire come donna o come uomo, ma può stimolare la tua sensibilità artistica e farti viaggiare con la fantasia aprendoti la mente.

Chiara, se avrai modo di visitare Napoli, ti accorgerai che questa città ti può dare tanto in termini di emozioni e sentimenti, vuoi che la guardi e l’abbracci dalle mura di castel Sant’Elmo, vuoi che ti limiti ad osservare il via vai delle persone stando seduta dietro ad un tavolino di un caffè della Galleria Umberto.

Certo, anche a Treviso avrei potuto ambientare un romanzo del genere, ma non avrei potuto attingere nulla dalla mia adolescenza e da quelle emozioni che ho vissuto a Napoli.

C’è molto verismo nel tuo romanzo, soprattutto nella descrizione minuziosa e particolareggiata dei luoghi… i personaggi che ti hanno ispirato esistono davvero? 

A Napoli non esiste un liceo classico intitolato all’eroina nizzarda Caterina Segurana, mentre sono conosciuti e apprezzati tutti gli altri luoghi che ho menzionato, come castel Sant’Elmo che domina la città e il golfo, ma anche altri luoghi – strade, parchi e chiese – che ho frequentato quando ero studente. Conoscendo la realtà napoletana e ripensando a certi docenti e compagni di banco che ho avuto, credo che tante scuole avrebbero potuto offrire il palcoscenico per una storia così come l’ho raccontata nel mio romanzo.

I ragazzi protagonisti del libro sono molto uniti tra loro e compensano sempre una mancanza con un talento: sono un gruppo che alla fine trova sempre un equilibrio nonostante le diversità. Pensi sia davvero possibile nella scuola di oggi tutto questo e in una società complessa come la nostra?

Sono convinto che tantissimi giovani sentano l’esigenza di fare gruppo, di incontrarsi e di esprimersi confrontandosi con i propri coetanei; certo, alcuni non hanno le idee chiare e seguono mode che si rivelano deleterie e che li portano a conoscere realtà di emarginazione o addirittura il carcere. A noi adulti fa male sapere che tra le mura delle aule ci sono studenti, per fortuna pochi, che arrivano ad aggredire verbalmente o addirittura fisicamente i propri docenti, ma dobbiamo anche essere consapevoli che tanti ragazzi cercano nei propri insegnanti una figura di riferimento, un “qualcuno” che possa aiutarli a far emergere e a far fruttare i talenti che hanno. Sono tanti i giovani che sono impegnati a sviluppare il proprio talento musicale o a seguire una disciplina sportiva, così come quelli che si dedicano ad attività di volontariato: anche loro potrebbero avere un ruolo di primo piano nel romanzo “Una ragazza da amare”. Se i membri di un gruppo hanno gli stessi valori, come quello della lealtà e della capacità di assumersi le proprie responsabilità quando si commettono degli errori, allora la diversità non fa paura e non è un problema, se per diversità intendiamo il fatto che ognuno abbia un proprio carattere, dei limiti in certi ambiti e dei propri obiettivi.

Che tipo di lettore sei e qual è il tuo scrittore preferito? 

Dò molto spazio alla lettura e ho letto e riletto tante commedie di Eduardo De Filippo. Due sono le autrici che prediligo: Matilde Serao e Grazia Deledda. Ci sono libri che mi hanno fatto riflettere molto, che sento nel profondo del mio animo, come “Il giorno del giudizio” di Salvatore Satta, “L’isola di Sachalin” di Anton Checov e “Lettere dalle case chiuse” di Lina Merlin.

Una ragazza da amare”, è il titolo del libro, ma l’amore non è l’unico sentimento forte: è presente anche la morte, che fin dall’inizio turba Martina; la morte la spaventa ma convive con la sua malattia e il suo inesorabile decorso

Probabilmente per chi crede che dopo la morte non ci sia nulla, l’amore è un sentimento destinato a morire, a dissolversi insieme al nostro corpo. Chi invece concepisce questa vita terrena come il tratto di un percorso che non ha una fine, allora l’amore può essere pensato anche come un fuoco che si accende con la scintilla provocata dal contatto tra una mano d’uomo e quella di una donna. Due mani che si tengono, che non si lasciano, soprattutto nei momenti di difficoltà. Nel mio romanzo c’è un personaggio, Martina, che percepisce come la vita stia uscendo dal suo corpo, ma ciò non le impedisce di cercare l’amore e provare a cogliere tutto ciò che c’è di bello nell’amicizia, negli affetti, nello svago e nello studio. Anche la cronaca di questi ultimi anni ci ha fatto conoscere adolescenti e giovani che hanno lottato fino alla fine contro un male incurabile con tutte le proprie forze, lasciando semi di bontà nelle persone che hanno conosciuto e impegnandosi negli studi. Martina, allora, non è un personaggio che vive solo tra le pagine del mio libro.

La professoressa di latino, del tuo libro, è stata per caso una tua insegnante? O vorresti averla avuta un’insegnante cosi? 

A volte fare lo scrittore ti riduce a fare un po’ il burattinaio: “crei” dei personaggi e li fai muovere come vuoi soprattutto se sono personaggi che avresti voluto incontrare nella realtà. Purtroppo non ho avuto un’insegnante come quella che ho descritto nel mio libro: se l’avessi avuta ne avrei tratto tanti benefici. Sono convinto, però, che nella realtà della scuola italiana ci sono tanti docenti – e non solo di latino! – seriamente impegnati a seguire i propri studenti per formarli didatticamente e, soprattutto, per far sì che possano diventare dei buoni e responsabili cittadini.

Di che cosa ha bisogno la scuola di oggi secondo te? 

Oggi si parla tanto di “buona scuola” e per farla bisogna avere docenti capaci di trasmettere il piacere di apprendere e studenti disposti a impegnarsi nello studio. La scuola – e qui parlo come genitore di tre alunni – non ha bisogno di mettere in cantiere progetti per migliorare l’offerta formativa, ma insieme alla famiglia deve mettere i docenti in condizione di insegnare agli studenti e quest’ultimi sono chiamati a rispettare le basilari regole della buona educazione. Nel mio romanzo tra i ragazzi e la docente si instaura un rapporto di reciproca stima: i ragazzi non sono maleducati e in certe discipline ottengono ottimi voti, ed è per questo che anche quando commettono degli errori sarà proprio la docente ad intervenire affinché non ricevano severe punizioni.

Sono convinto che anche nella scuola di oggi ci siano docenti che stimano gli allievi che si danno da fare e fanno sì che questo rapporto di stima non venga meno nemmeno quando si commettono errori dovuti alla tipica esuberanza giovanile.

Chi ha letto per primo il tuo libro e perché? 

Come tutti i miei precedenti libri anche questo lo ha letto mia moglie e ovviamente si è data una spiegazione riguardo a certi miei modi di pensare e di fare…

Il romanzo può avere un seguito?

Sì, sto pensando ad un nuovo romanzo con i ragazzi che terminata la scuola iniziano a frequentare l’università e tra i protagonisti non mancherà la docente che hanno avuto al liceo.

(a cura di Chiara Marcon

Il volume si può reperire ordinandolo in tutte le librerie oppure in rete cliccando sul seguente collegamento: Una ragazza da amare di Carlo Silvano


martedì 6 giugno 2023

Pollena, Cenni storici sulla Congregazione del Santissimo Rosario

La Congregazione del Santissimo Rosario:

un pezzo di storia della parrocchia di San Giacomo Apostolo di Pollena

Secondo una relazione del 1721 a firma dell’allora parroco don Gaetano Maione, nella parrocchia di Pollena fu fondata, intorno al 1633, la Congregazione del Santissimo Rosario: le prime riunioni dei membri di questa confraternita si svolsero nella chiesa stessa, simbolo di unione e di devozione comune. In seguito, la congregazione ottenne una parte dell'adiacente chiesa di Sant'Apollinare, dove si radicò stabilmente. La congregazione si apriva a tutti i fedeli, uomini e donne, che versavano una quota mensile per sostenere le attività della confraternita.

L'ingresso nella Congregazione del Santissimo Rosario richiedeva un periodo di noviziato, in cui i candidati dimostravano la loro dedizione alla devozione alla Vergine Maria di Nazareth. Solo dopo questo periodo di prova venivano ammessi come membri a pieno titolo della confraternita. Una volta all'interno, i confratelli dovevano rispettare alcune regole di vita religiosa e sociale. I confratelli, ad esempio, si impegnavano ad astenersi dal frequentare osterie e a evitare comportamenti che potessero dare scandalo, come il tradimento coniugale. Queste regole promuovevano la moralità e la coesione sociale tra i membri.

La Congregazione del Santissimo Rosario era guidata da un priore, scelto tra i membri regolarmente iscritti della confraternita. Il priore, eletto democraticamente, aveva il compito di coordinare le attività della congregazione, presiedere le riunioni e promuovere la devozione alla Vergine Maria soprattutto attraverso la preghiera del Santo Rosario.


Un evento di particolare rilievo per la Congregazione del Santissimo Rosario era la processione annuale della statua della Vergine del Santissimo Rosario per le vie della parrocchia. Questa solenne manifestazione pubblica di fede rappresentava un momento di intensa devozione e coinvolgimento della comunità. I confratelli si univano per rendere omaggio alla Vergine, testimoniando l'importanza del culto mariano nella vita quotidiana. 

Uno dei privilegi concessi ai fedeli iscritti alla Congregazione del Santissimo Rosario era il diritto di essere seppelliti nella fossa della confraternita ubicata nell'ex chiesa di Sant'Apollinare. Questo privilegio sottolineava il forte legame tra i membri della congregazione e la promessa di una sepoltura dignitosa. Inoltre, il funerale era a spese della congregazione stessa, offrendo un ulteriore segno di solidarietà e di supporto spirituale tra i membri. 

Riscoprire e valorizzare la storia della Congregazione del Santissimo Rosario di Pollena, significa valorizzare il culto alla Vergine del Santissimo Rosario. In particolare, ancora oggi la preghiera del Santo Rosario, con i suoi Misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi, si traduce nel fornire a ogni fedele un potente mezzo per meditare sulla vita di Gesù e di Maria.

Attraverso il culto alla Vergine del Santissimo Rosario, i membri della congregazione trovavano conforto e speranza nelle difficoltà e nelle prove della vita. La Madonna è sempre stata considerata una madre amorevole, pronta ad ascoltare le preghiere dei suoi figli e a intercedere per loro presso suo Figlio, Gesù Cristo. Questa devozione ha sempre contribuito a concretizzare un forte legame tra i fedeli, alimentando la solidarietà e l'amore fraterno all'interno della comunità. 

La Congregazione del Santissimo Rosario della parrocchia di Pollena si sciolse pochi anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale. (a cura di Carlo Silvano)


Altre notizie sulla Congregazione del Santissimo Rosario di Pollena si possono trovare nel volume “La comunità di Pollena dal 1760 al 1819. Note di storia sociale e religiosa”, ed. OGM 1998.

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Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi.


 


 


giovedì 1 giugno 2023

Luigi, una persona buona e discreta della comunità di Pollena

«...capitava, e anche spesso, che da dietro un rovo o da un possente tronco di pioppo apparisse all’improvviso Luigi, un giovanotto del villaggio che andava in giro sempre scalzo, e che lanciava grida ed emetteva urla indescrivibili: i bambini, allora, si davano alla fuga. I più piccoli si spaventavano e correvano nella stessa direzione dei più grandi, ma questi ultimi fingevano solo di essere terrorizzati perché sapevano che Luigi non voleva e non era capace di fare del male a nessuno, e anche perché questo ragazzone meritava rispetto: non sapeva parlare, non era mai andato a scuola e aveva una sorella, semplice e buona, che piangeva ogni volta che qualcuno prendeva in giro suo fratello. Loro, i bambini, non volevano però che lei piangesse e allora evitavano di essere sgarbati con quel giovanotto incapace di parlare. 

Col passare degli anni Luigi sarebbe diventato adulto e col trascorrere del tempo sarebbe calato il numero delle persone che si divertivano a prenderlo in giro e a trattarlo male: con la sua infermità si sarebbe guadagnato la stima di tutto il paese, perché – e nessuno ha mai capito come facesse – riusciva a sapere chi fosse morto al semplice suono delle campane e a recarsi al funerale partecipando, e calzando delle scarpe solo per questo genere di occasioni, al corteo funebre che partiva dalla casa del defunto per arrivare in chiesa e dalla chiesa al camposanto. 

Luigi, con le sue scarpe sempre lucidate di un nero vivo, se ne stava in fondo al corteo con la sua semplicità e riservatezza, e anche la guardia municipale lo rispettava salutandolo con serietà e con un leggero inchino del capo. A Luigi non importava chi fosse il defunto: benestanti o poveri, persone conosciute o meno, giovani o anziani, buone o cattive che fossero state in vita, tutti quelli che in paese morivano ricevevano il suo commosso omaggio».

[ tratto dal racconto "La bambina della masseria Rutiglia" ]



La bambina della masseria Rutiglia: 91 anni fa

 

Oggi la protagonista de "La bambina della masseria Rutiglia", racconto ambientato tra Pollena e Cercola durante la Seconda guerra mondiale, avrebbe compiuto 91 anni: qui di seguito propongo alcune riflessioni personali sul primo brano del racconto.

«È appena l’alba con le gocce d’acqua color argento a coprire i sottili fili d’erba del ciglio del viottolo di campagna percorso da Carmelina che si è appena lasciata alle spalle la stalla dell’antica masseria “ Rutiglia”: anche quella mattina si era vestita in fretta e ora con sé portava il solito fiasco pieno di latte, facendo attenzione a dove metteva i piedi. Per tutta la notte aveva piovuto e tante erano le pozzanghere lungo la stradina sterrata che attraversava frutteti e vigneti».

Il brano tratto dal racconto “La bambina della masseria Rutiglia” dipinge un'atmosfera tranquilla e pacifica all’alba, dove la bambina protagonista, Carmelina, si muove con il candore e la delicatezza tipica della sua giovane età. A soli dodici anni, la sua anima pura e innocente è evidente attraverso il modo in cui osserva e apprezza la bellezza della natura che la circonda.

Le gocce d’acqua color argento che coprono i fili d'erba del ciglio del viottolo di campagna suggeriscono una scena affascinante e quasi magica. Carmelina si sposta con attenzione, prendendo cura di non disturbare la quiete e la serenità del suo ambiente. Nonostante la fretta con cui si è vestita, porta con sé il fiasco di latte, simbolo della sua responsabilità e del suo amore per la sua famiglia.

La descrizione delle pozzanghere lungo la stradina sterrata rivela le conseguenze della pioggia notturna, ma Carmelina affronta questo ostacolo con determinazione. La sua preoccupazione nel fare attenzione a dove mette i piedi dimostra la sua premura per evitare di sporcarsi o cadere, evidenziando ancora una volta la sua natura premurosa e attenta.

Il candore di Carmelina è enfatizzato dalla sua giovane età e dalla sua dedizione alla sua famiglia. Nonostante le difficoltà e le condizioni avverse, lei affronta le sfide quotidiane con un cuore pieno di affetto e preoccupazione per coloro che le stanno intorno. Il suo impegno nel portare il latte a casa è un segno tangibile del suo desiderio di contribuire e prendersi cura dei suoi cari.

Questo brano offre una visione tenera e affascinante del mondo attraverso gli occhi di una ragazzina, mettendo in evidenza il suo candore e il suo amore per la sua famiglia. Anche la sua purezza d'animo si riflette nella sua attenzione ai dettagli e nella sua dedizione a compiere le sue responsabilità, nonostante le difficoltà che potrebbe incontrare lungo il cammino.

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Le due edizioni del racconto - entrambe pubblicate da Youcanprint - si possono reperire in una qualsiasi libreria oppure rivolgendosi direttamente all'editore cliccando sul seguente collegamento La bambina della masseria Rutiglia