giovedì 30 dicembre 2021

Palazzo Valente

Pollena Trocchia - Qui di seguito propongo alcune foto di ciò che oggi resta di palazzo Valente nell'omonima via a Pollena Trocchia. La prima foto riguarda l'ingresso alla cappella intitolata a san Michele arcangelo ubicata nel palazzo.

Alcune notizie sulla cappella di palazzo Valente si possono reperire dal volume "La comunità di Pollena dal 1760 al 1819. Note di storia sociale e religiosa" (pagine 37-41).

Per informazioni su questo volume inviare un messaggio di whatsapp al numero 3393410373.







giovedì 9 dicembre 2021

Pollena, la fiaba dell'orco e delle rane


(la copertina della seconda edizione)

La seconda edizione del romanzo breve "La bambina della masseria Rutiglia" è stata arricchita con una fiaba ambientata a Pollena.


L’orco e le rane
dello stagno di Apolline

Si racconta che secoli e secoli fa, nel villaggio di Apolline, alle pendici del monte Somma, vivesse un malvagio orco che era solito andare a pescare rane e anguille in uno stagno che si era formato ricevendo l’acqua da un torrente che scendeva lungo il vallone del Carcavone.
Gli abitanti del villaggio chiamavano il torrente col nome “Veseri”, mentre lo stagno veniva indicato col nome di “Santa Giovanna d’Arco” perché lì c’era una cappella intitolata alla giovane e coraggiosa santa.
Il “Veseri” scendeva tra mille anse fino a Volla e poi, imitando il fiume “Sebeto”, raggiungeva il mare per gettarsi nel golfo di Napoli.
Lo “Stagno di Santa Giovanna d’Arco” era circondato da canneti e a far da cornice a questo specchio d’acqua c’erano anche alberi come limoni, aranci e albicocchi.
Un giorno, come era sua abitudine, l’orco andò a pescare e quando rientrò nella sua tetra casa aveva una cesta con decine e decine di rane impaurite e tremanti perché consapevoli del proprio destino: esse, infatti, sapevano che a breve sarebbero state uccise, sviscerate, cotte e mangiate dal terribile orco.
Le rane si erano raccolte al centro della cesta fabbricata con canne, e si consolavano l’una con l’altra augurandosi una vita migliore nell’aldilà.
Altre rane si guardavano attorno per cercare una via di fuga da indicare pure alle compagne e così sfuggire tutte al loro terribile destino.
Il malvagio orco, quando ebbe fame, si avvicinò alla cesta e dopo aver guardato attentamente le sue prede che si abbracciavano tra loro per farsi coraggio, disse:
“Quelle che tra voi si sposteranno sul lato sinistro della cesta saranno uccise, fritte e mangiate, mentre quelle che si sposteranno sul lato destro della cesta, saranno uccise, bollite e mangiate”.
All’udire queste terribili parole le rane spaventate si divisero: alcune si spostarono sul lato sinistro, mentre altre se ne andarono sul lato destro della cesta, e così, dopo aver formato due distinti gruppi, subito iniziarono a insultarsi a vicenda:
“Siete delle rane stolte – gridarono quelle che stavano a destra – perché tra poco sarete uccise, sventrate e fritte!”.
“Noi non siamo stolte – rispondevano le rane destinate ad essere fritte –, ma voi siete delle stupide rane, perché presto sarete uccise, bollite e mangiate”.
(la copertina della prima edizione)

L’orco, intanto, dopo aver preparato tutto l’occorrente per friggere e per bollire le sue vittime, si avvicinò alla cesta e sorrise di gusto e con cattiveria all’udire gli insulti che le rane si scambiavano, e mentre esse continuavano a disprezzarsi e ad augurare la peggior morte alle rivali, l’orco ora prendeva una rana da un gruppo ora dall’altro e con calma le uccideva per poi sventrarle e qualcuna la bolliva immergendola in un grande calderone, qualcun’altra la friggeva nell’olio di un tegame.
Anche le ultime due rane, prima di finire rispettivamente una nel tegame, l’altra nel calderone, si congedarono rivolgendosi [continua]...

Per informazioni sul libro cliccare sul link che segue: La bambina della masseria Rutiglia

sabato 20 novembre 2021

Angela Rosauro, Vi presento la bambina della masseria Rutiglia

 

(copertina seconda edizione)

  Recentemente ho pubblicato la seconda edizione del romanzo breve intitolato "La bambina della masseria Rutiglia", ambientato durante il Secondo conflitto mondiale nei comuni vesuviani di Pollena Trocchia e Cercola.

 Rispetto alla prima edizione (che resta in commercio a disposizione dei lettori), la nuova edizione è arricchita con una prefazione scritta dalla professoressa Angela Rosauro (Dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Pollena Trocchia), ha un nuovo capitolo e una nuova veste tipografica.

La protagonista di questo breve romanzo è una bimba curiosa: i suoi occhi si soffermano sulle immagini familiari e della propria comunità di appartenenza, che rievocano i momenti più importanti della propria infanzia vissuta nella campagna vesuviana, durante gli anni più cruenti del conflitto mondiale, con le rappresaglie dei nazisti, l’affondamento nel porto di Napoli della motonave “Caterina Costa”, l’eruzione del Vesuvio del 1944 e la sciagura ferroviaria verificatasi nella stazione di Cercola il 21 dicembre del 1941.

Le pagine di questo volume non riportano una storia biografica, bensì aneddoti della vita della protagonista, Carmelina, e anche di alcuni personaggi locali, che mi hanno ispirato e che ho voluto dar loro una dimensione concreta, in un passato che è arrivato a noi solo attraverso i ricordi.

Qui  di seguito propongo la prefazione alla seconda edizione a firma della prof. Angela Rosauro.

 

Prefazione

di Angela Rosauro1



Si cammina nella vita con la mano nella mano di una persona; poi, a un tratto, questa persona scompare là dove non c’è un dove, e tu stesso ti fermi davanti a quell’abisso e ci guardi dentro. E io ci ho guardato” (da “Guerra e pace” di Lev Tolstoj).


E Carlo Silvano ha affondato lo sguardo nello spazio inerte di quella inappellabile distanza accettandone la sfida, e con la mitezza che lo contraddistingue ha saputo riconoscere quelle orme profonde, impresse nella memoria lasciando loro il compito di condurlo e di condurci lungo il tragitto: è appena l’alba e Carmelina s’incammina lungo il viottolo che la condurrà a casa, con il suo fiasco di latte, intenta a non inciampare nelle tante buche e pozzanghere che le si parano innanzi. Questa è l’immagine che ci offre l’autore nell’incipit e che sussume motivazioni, sentimenti e significati di questo lavoro: l’alba, quel breve momento in cui il cielo scolora e annuncia il nuovo giorno, è la cornice temporale ideale ad accompagnare il cammino della piccola protagonista. Il viottolo e il paesaggio che attraversa così ben descritti sono arricchiti di particolari che ne vivacizzano l’andatura lasciandone trasparire le bellezze e le difficoltà: le buche alle quali porre attenzione, ma anche i dolci frutti e le colorate corolle dei fiori non sono certo meri orpelli, quanto piuttosto elementi animati che la bambina e poi donna incontra, evita, raccoglie, vive lungo il corso della vita. Il sentimento che pervade lo sguardo dell’autore è il senso di gratitudine filiale per quel latte, segno inequivocabile di nutrimento e vita, trasportato dalla bimba nel ritorno a casa, metafora di un sentimento materno di protezione e cura, di cui egli ne è stato amorevole testimone. Tutto il racconto è un susseguirsi d’immagini e ricordi, dove le coordinate spazio-temporali si distanziano pur conservando perimetri riconoscibili: la masseria assieme a poche altre ormai, sono ancora lì con le loro strutture tipiche che ci raccontano di un tempo scandito dal susseguirsi delle stagioni che disciplinavano il lavoro dei campi; sono lì, testimoni di una vita sociale molto lontana dai modelli post moderni in cui le generazioni successive si sono trasformate; vita semplice, di persone semplici, riunite intorno al nucleo familiare dove ogni elemento svolgeva il proprio ruolo e mansione in funzione della sopravvivenza e crescita della famiglia; sono lì, qualcuna, tra le tante ormai aggredite dal tempo e dall’incuria, ancora presenta le ferite di una guerra terribile che raggiunse anche i luoghi più reconditi senza risparmiare alcunché, e soprattutto lasciando ferite ben più profonde negli animi di coloro che ebbero la sventura di viverla. 

 

(copertina dalle prima edizione)

Carmelina è una bambina di guerra come le tante delle guerre lontane dei nostri tempi che ci commuovono per la loro indifesa innocenza violata dalle brutture e dalle violenze. Carmelina è una di quelle: bambina costretta a diventare grande prima del tempo, a fare i conti con il pericolo e la morte prima ancora di conoscere la vita o meglio avendo conosciuto solo quella, quella è la sua vita. Impara presto Carmelina come tutti i bambini di guerra, impara che c’è un prima e c’è un dopo; c’era la scuola con la maestra e le sue dolci caramelle di more, c’era il pane impastato dalla mamma che bastava tutta la settimana, c’era Luigi che per finta spaventava le ragazzine e poi, pur nella povertà, quella semplice vita ad un tratto era sparita, tutto era cambiato. Era arrivata la guerra, non quella ascoltata per radio o dalla voce di qualche adulto che “capiva”, era arrivata la guerra quella vera, quella dei morti e della fame che non fa sconti a nessuno. Il dopo di Carmelina duro e triste come quello di tanti altri, era fatto di fame, quella che con i suoi morsi non la lasciava dormire, di fatica per raccogliere tutti i giorni rape nella terra gelida di quell’inverno rigido, di nostalgia per quei giorni allegri di scuola che ora apparivano lontani come sogni. Ora la sua vita è questo: portare il latte a casa al più presto, mangiare, riscaldarsi, sopravvivere…

“…lei sapeva già cosa l’attendeva: appena sarebbe entrata in casa avrebbe scorso sua madre intenta a lavorare con solerzia stando seduta davanti alla macchina da cucire, mentre suo padre con lo sguardo preoccupato, stava in piedi, davanti alla finestra a scrutare il cielo che prometteva una giornata di pioggia e anche una giornata senza lavoro e senza paga… le sue sorelle che si sarebbero alzate tutte dai loro giacigli per andarle incontro, per bollire il latte e fare colazione stando attorno al povero tavolo l’una stretta all’altra… La madre, intanto, avrebbe continuato a lavorare con gli occhi fissi sull’ago e sul cotone e il padre a scrutare e a interrogare un cielo che non prometteva nulla di buono…”.

Con poche frasi, leggere pennellate l’autore ci prende per mano e ci lascia entrare con la piccola Carmelina nella sua umile casa: possiamo vedere le mura disadorne appena illuminate dalla luce fredda di un’alba piovosa, possiamo sentire il freddo di quell’inverno del 1943 che avvolge e intirizzisce l’intera famigliola, possiamo ascoltare il fragore tonante del cannone antiaereo, emblema di una guerra ancora lunga da finire, possiamo avvertire la silenziosa dignità di un popolo che attraverserà la miseria e la disumanità di una guerra orribile per consegnare ai suoi figli il messaggio della speranza della pace fra gli uomini. “I bambini che hanno visto la guerra sono l’unica speranza di pace” (Karol Wojtyla) e la bambina della masseria Rutiglia ancora oggi ci parla e ci rammenta il nostro compito irrinunciabile di sentinelle della memoria perché nessun bambino, nessuno più abbia da sopportare tali atrocità.



Pollena Trocchia,

ottobre 2021



1 Dirigente dell’Istituto comprensivo di Pollena Trocchia (Napoli).

 

Per informazioni sulle due edizioni del romanzo breve "La bambina della masseria Rutiglia" cliccare su  Libri di Carlo Silvano

domenica 8 agosto 2021

Pollena Trocchia, Le fonti archivistiche custodite presso l'ASDN

Pollena Trocchia - In occasione della piacevole e pubblica conversazione avvenuta lo scorso 5 agosto in piazza "Gaetano Donizetti", ho avuto modo di spiegare che il volume "La comunità di Pollena dal 1760 al 1819. Note di storia sociale e religiosa", si basa sullo studio di numerosi documenti conservati in vari fondi dell'Archivio Storico Diocesano di Napoli (ASDN), ubicato a largo Donnaregina. 

E' grazie a questi documenti, tantissimi sono inediti, che ho potuto ricostruire la storia dell'edificazione dell'attuale chiesa intitolata a "San Giacomo Apostolo il Maggiore" in piazza Amodio. Sono documenti che nell'Archivio Storico Diocesano fanno parte dei "fondi archivistici" come "Visite pastorali", "Erezioni chiese", "Miscellanea", "Carte Filangieri - Caracciolo", "Concorsi", "Vicari generali", "Sacra Patrimonia" e "Processi". Da questi documenti si possono attingere tantissime informazioni e notizie utili per scrivere e far conoscere la storia della comunità locale.

Il mio augurio è che l'Amministrazione municipale possa programmare delle iniziative utili a incoraggiare e a sostenere gli studi di laureandi e di docenti appassionati di storia locale, impegnati a ricercare, esaminare e a divulgare le fonti archivistiche che riguardano le comunità di Trocchia e Pollena.




venerdì 6 agosto 2021

POLLENA TROCCHIA - La chiesa di San Giacomo Apostolo il Maggiore di Pollena costruita dopo il 1775 e consacrata nel mese di ottobre del 1787, è un gioiello architettonico che appartiene a tutti perché è stata edificata con le offerte di tutte le persone semplici del luogo: oggi tutti possono "sentirla" propria al di là se sono credenti o atei, cattolici praticanti o indifferenti alla fede religiosa. E' stato questo, in sintesi, uno dei passaggi del mio intervento alla conferenza moderata dal giornalista Paolo Perrotta e svoltasi giovedì 5 agosto 2021 in piazza "Gaetano Donizetti" con la partecipazione di altri relatori, come la prof.ssa Angela Rosauro (dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo di Pollena Trocchia) e gli scrittori Mario Di Sapio e Rosario Scarpato.


In genere quando si parla di un'opera edilizia, come una cattedrale o una residenza nobiliare, si menzionano i finanziatori e chi ha redatto il progetto, ma nel caso della chiesa di Pollena si è riusciti a conoscere - e a tramandare ai posteri - anche i nomi di alcuni artigiani e operai che presero parte all'edificazione del tempio. Nel corso del mio intervento ho letto un brano tratto dal mio libro e che riporto qui di seguito:

"Per questa nuova chiesa lavorò il maestro indoratore Lorenzo D'Ambrosio, e i maestri stuccatori Antonio e Giuseppe Vignati [...]. Le due acquasantiere di bardiglio, che ancora oggi sono visibili all'ingresso della chiesa, furono realizzate da Domenico Tucci su disegno dell'ingegnere Giovanni Piscicelli. [...]. Dopo la benedizione della chiesa, avvenuta nell'ottobre del 1787, i lavori continuarono ancora. Nel 1790 un operaio del casale di Pollena, Antonio Ascione, lavorava ancora "nel fare pietre, e cavare lapillo servibile per le fabbriche" della chiesa. Il materiale veniva estratto da una cava sita in una località di Pollena denominata "de Bonati". Da questa cava, poi, il materiale veniva trasportato alla chiesa da un carrettiere del paese di nome Vincenzo Busiello. Un altro operaio, Giuseppe De Luca, lavorava nel tagliare le pietre dolci". (pagina 96)



sabato 17 luglio 2021

Alessandro Bonini, vi consiglio la lettura di un avvincente romanzo

 

(Alessandro Bonini)

"Nel fantastico ed arcaico mondo degli Ausoni", a firma di Fulvio Badini-Tranchese, è un interessante romanzo dalla lettura scorrevole, eppure al tempo stesso denso di significati. Per questo motivo soprattutto in un periodo come quello dei tempi odierni, dove vi è una maggiore tendenza a dimenticare le proprie radici e la propria identità, mi sento di raccomandarne la lettura. Certamente originale e geniale la commistione tra vita privata del protagonista nel nostro mondo e nella nostra Italia e quel mondo visibile in sogno (che tuttavia solo "sogno" non è) nato da un diverso corso degli eventi della storia e da un mantenimento dei valori e degli ideali legati alla patria e alla famiglia. 


 

A questo si aggiunge sapientemente anche l'elemento d'amore che unisce i due spazi, apparentemente (ma solo apparentemente) distanti e inavvicinabili. Tuttavia, non si può pensare a un attaccamento eccessivo a presunti elementi "propri di un tempo passato" come purtroppo capita sentirsi dire, anche perché sono proposte visioni decisamente moderne e non in linea con la "tradizione". Merita infatti menzione la prospettiva diversa della Chiesa: ovviando al problema della carenza di sacerdoti, tutti sono chiamati, a una determinata età, a diventarlo. In conclusione un romanzo avvincente e non convenzionale che proprio per queste caratteristiche mi sento di consigliare. (a cura Alessandro Bonini)

Per reperire il volume cliccare su Nel fantastico ed arcaico mondo degli ausoni

mercoledì 14 luglio 2021

Un breve romanzo per raccontare storie e avventure nella magica Napoli

 

Da un giovane lettore ricevo e propongo una recensione ad un mio romanzo:
 
Il libro “Una ragazza da amare” scritto da Carlo Silvano può essere catalogato nella categoria dei ‘romanzi brevi’, tuttavia non bisogna fare l’errore di pensare che al suo interno sia presente una storia che si svolge in un breve arco temporale e che abbia una trama poco interessante. Ambientato a Napoli, il racconto si concentra su una comitiva di ragazzi e sulle loro avventure, sia scolastiche che extra scolastiche. È qui la particolarità di questo libro: in poco più di 70 pagine, che si leggono in meno di due orette, sono nascoste numerose storie che toccano diversi temi, dalla scuola alla salute, passando per la musica, le passioni e i sogni dei ragazzi. L’abilità dello scrittore sta nello spostarsi e collegare in maniera nascosta ma molto efficace tutti gli eventi che si susseguono nel corso della storia che riguarda questi liceali, cercando di imprimere al lettore non solo ciò che sta sulla superficie, ma anche qualcosa in più.
Altro aspetto da sottolineare è l’accuratezza con la quale lo scrittore ha ricercato e studiato circa i luoghi e le ambientazioni della città campana: sono presenti numerosi riferimenti a luoghi, come per esempio monumenti, castelli o spiagge, ma anche ad eventi storici. Tutto ciò rende più piacevole la lettura e aumenta l’immersione del lettore nella storia.
Come detto prima c’è una varietà di storie e avventure che vengono raccontate nel testo, ma naturalmente è anche presente la trama principale che fa da filo conduttore alle storie secondarie e a quella principale. Non manca anche quel pizzico di suspance (soprattutto verso la parte finale della storia) che lo scrittore è in grado di inserire nel suo racconto, rendendo molto difficile lo stop alla lettura.
In conclusione, ho trovato questo romanzo molto interessante, sia per la cura e lo studio che ci sta dietro, sia per la trama molto ricca di avventure che sono sempre coerenti tra di loro, sia per i messaggi all’interno del testo. Penso inoltre che sia un grande punto a favore la brevità della storia, che può quindi essere letta tranquillamente in una sera prima di andare a dormire. Consiglio questo romanzo a tutti coloro che vogliono iniziare o ricominciare a leggere, ma non vogliono partire da un libro spesso e pesante, oltre ovviamente ai lettori già esperti che vogliono leggere un romanzo breve ma di grande qualità.
 
Per reperire il romanzo cliccare su Una ragazza da amare 
Il romanzo si può ordinare in qualsiasi libreria oppure direttamente a Youcanprint cliccando su Una ragazza da amare di Carlo Silvano

mercoledì 7 luglio 2021

Ciro Formisano, con i suoni trasmettiamo emozioni e ricordi


Massa di Somma
- "Viento e mare" è un testo che vuole raccontare la magia della Natura: è cantata da Ciro Formisano del gruppo musicale "Siro's band" (vedi foto sopra) di Massa di Somma. "Questa canzone - dice Ciro Formisano - è nata guardando oltre... osservando un gabbiano, immaginando un volo a ritmo con le onde che ti offre quella  sensazioni di libertà e quella leggerezza che ti trasmette una serenità infinita. Insomma, è un  regalo  della natura che si ripete tutti i giorni e che noi distratti dalla quotidianità non vediamo. Il vento e il mare sono testimoni, sono anime che ci guardano. In questa canzone si ha un incontro tra elementi, cose e persone: una magia che quando succede diventa poesia". Sotto il profilo tecnico per questa canzone il gruppo "Siro's band" hanno usato gli strumenti musicali utili ad avvicinarsi e ad imitare il mare, il vento e i gabbiani. "La nostra proposta - conclude Ciro Formisano - è quella di trasmettere ricordi, emozioni e sensazioni attraverso i suoni".

Per ascoltare la canzone cliccare su Viento e Mare

Ecco il testo della canzone:

Viento e Mare

Che fridd fa gopp a sta banchina..
Luntane oltre a sta scogliera..
Veco n ombra e pescatore..
Sta alla che pesca miez a llonde...
Oggi fa chiu friddo da ieri ...
O Viento vott...vott comm vo isse..
Vicino e scogliera nu poco chiu a alla...
Veco n ombra e nammurat...
Te prego amo ..
Non me lascia..
Giuralo mo..annanz o mare..
Astrigneme forte e Damme curagge...
Se danne vase..vase guardann o mare...
O Viento parla... se fa senti..
O mare pure fa a parte soie..
Viento e mare so testimoni ..pe sti parole  che hanno giurato...
O pescatore fischia e cante ...po tire a rezza e chiano se fa culla...
Quanta forza ten o mare...
Fa a voce grosse non vo pazzia...
Ogni promessa è na promessa...
So comm e vute de marenare...
E miez o mare sta semp' alla...
Saluta o Sole e po te Guarda a Luntane...

___________________

Questo blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi. Per informazioni cliccare su libri di Carlo Silvano




 

lunedì 5 luglio 2021

Tina Pica, la Venere di Pollena

 


Pollena Trocchia - Ieri sera ho avuto modo - tramite Rai play - di vedere una pellicola del 1957: "La nonna Sabella", con Tina Pica e Peppino De Filippo (vedi foto sopra), Sylva Koscina, Renato Rascel, Paolo Stoppa, Renato Salvatori, Dolores Palumbo e altri. Diretto da Dino Risi questo film è tratto da un romanzo di Pasquale Festa Campanile e le prime immagini riguardano l'arrivo di un treno nella stazione di Pollena. La trama è molto semplice e divertente e la bravura artistica di Pica e De Filippo ne fanno un piccolo ed inestimabile capolavoro. Consiglio la visione di questo film a tutti e spero che il comune di Pollena Trocchia intitoli una strada o uno spazio pubblico a Tina Pica che, nel film, si definisce la Venere di Pollena.

Per informazioni sul film cliccare su La nonna Sabella

domenica 21 febbraio 2021

Massa, Pollena e Trocchia: tre paesi, una parrocchia

 

POLLENA TROCCHIA - Nel 1787 don Tommaso Garone, originario di Buonabitacolo, ma da anni residente nel casale di Massa di Somma, vinse il concorso come parroco a Massa di Somma s, solo dopopochi anni, nel 1792, fu anche nominato economo curato della parrocchia di San Giacomo Apostolo di Pollena.
Nella sua attività di parroco don Tommaso fu aiutato da un suo fratello sacerdote, ovvero don Elia Garone, il quale, nel 1803, fu nominato parroco della chiesa parrocchiale di Pollena.
versi decenni, mentre nei primi anni dell'Ottocento Pollena ebbe come parroco don Elia Garone. Quest’ultimo fu parroco fino alla morte, avvenuta nel 1846, così come si può vedere anche da una lapide posta sul pavimento dell’altare maggiore della chiesa di San Giacomo.
Da notare che per alcuni anni uno dei due fratelli Garone fu anche economo della parrocchia di Trocchia e il detto popolare "Massa, Pollena e Trocchia: tre paesi una parrocchia", risale proprio ai tempi dei fratelli Garone quando, insieme, amministravano le tre parrocchie come se fosse una sola comunità.
 
 
Per ulteriori notizie vedere il volume "La comunità di Pollena dal 1760 al 1819".