venerdì 18 ottobre 2013

Parco del Vesuvio, Non solo bellezze naturali...

Lo scorso mese di luglio, durante una visita all'Osservatorio vesuviano, percorrendo la strada provinciale che da Ercolano conduce al cratere del Vesuvio, sono rimasto sorpreso nel notare la presenza di alcune statue poste ai margini della strada. Si tratta di opere d'arte che, a mio avviso, poco o nulla hanno a che fare col paesaggio circostante ricco ginestre e pinete, con paesaggi mozzafiato del golfo di Napoli. Per sapere qualcosa su queste statue mi sono rivolto al prof. Ciro Teodonno, profondo conoscitore del Parco Nazionale del Vesuvio che mi ha rilasciato l'intervista che segue.

Prof. Teodonno, quando sono state collocate le statue che troviamo lungo la strada che conduce al Vesuvio?
Le statue, o meglio il museo all'aperto Creator Vesevo, come viene definito, vide la luce il 29 ottobre del 2005. Il direttore artistico dell'epoca, Jean-Noël Schifano, già direttore dell'Istituto Grenoble di Napoli, commissionò, assieme al comune di Ercolano, artisti di fama internazionale per l'allestimento lungo la Provinciale che conduce da Ercolano al Cratere.


In genere queste opere cosa rappresentano?
Le opere sono eterogenee per forma, per stile e per “contenuto” e rappresentano la visione in pietra lavica del Vulcano, la visione di ognuno degli artisti incaricati. Listening with eyes accoglie i turisti all'incrocio di via Vesuvio e via San Vito con la Provinciale, è una grande ciucciuvettola realizzata dall’olandese Mark Brusse, è l’opera che inaugura il percorso di Creator Vesevo
Segue il Totem di Dimas Macedo; il terzo lavoro è L’Antenato di Velickovic, un enorme teschio appoggiato di lato e che sembra guardarti con orrore e ammonimento. Subito dopo è la volta de Il Tempo inesorabile del tedesco Grutzke
Gli Occhi del Vesuvio, del napoletano Lello Esposito, rappresentano una grande maschera di Pulcinella, tema ricorrente dell'artista partenopeo. Abbiamo poi, presso un edificio di proprietà della Provincia e in passato anche sede di una sorta di “info-point” del Parco, Terra Vivax, dell’islandese Rùrì, unica donna tra gli artisti presenti. 
In un tornante, il più volte imbrattato Torso del Vesuvio dello spagnolo Miguel Berrocal.
In faccia al Vesuvio di Denis Monfleur, mostra una famigliola pietrificata davanti alla maestosità del Vulcano o più probabilmente davanti alla barbarie dei vesuviani. Icaro, di Antonio Seguì, sconcerta i più per il suo aspetto ironicamente fumettistico e che inebetiti c'introduce al più classico L’angelo di fuoco, di Alexandros Fassianos.
Evitando giudizi che ognuno di noi può formulare su queste statue, ci si chiede, però, se ha un senso collocare all'interno di un parco naturale questo genere di opere. Lei cosa ne pensa?
In un Parco Nazionale dove lo Stato ha aperto discariche, e dove è tutt'ora latitante, è certo che l'impatto di quelle statue, per quanto opinabile per qualcuno, è da ritenersi nullo e certo non deleterio. Il problema è che le stesse opere sono state oggetto di atti vandalici e persistono in un contesto di estremo squallore. La storia è sempre la stessa, qualcuno decide di fare una cosa, si trovano i soldi per farla, perché per farsi belli i soldi si trovano sempre, ma poi, nessuno pensa a continuarla o, come in questo caso, nessuno decide di curarla. Ogni giorno i bus dei turisti salgono lungo la strada provinciale che ospita quelle sculture, e ogni giorno che nasce, dietro la sagoma azzurrognola del Cratere, la sua luce mostra al mondo intero quanto valga per noi il nostro patrimonio naturale e culturale; ogni angolo della strada, compresi quelli vicini alle statue, sono insozzati dai residui delle coppiette che lì si appartano. Rifiuti che il vento diffonderà e che ovviamente nessuno andrà mai a raccogliere.
Dunque, se dipendesse da lei, le farebbe rimuovere?
No! Non le farei rimuovere, non tutte mi piacciono, del resto l'arte si nutre di molta soggettività, ma tutto sommato in un paese normale queste starebbero anche bene sui margini di una strada e del resto, meglio quelle statue che i vecchi abusi edilizi, i ruderi, la monnezza, le discariche e quanto di peggio sappiamo offrire a chi ci viene a trovare.
(a cura di Carlo Silvano)