domenica 7 giugno 2009

Da Melbourne un sogno per Pollena Trocchia

Fino a 19 anni è vissuto a Pollena Trocchia, in provincia di Napoli, poi, pur avendo dal 1979 al 1984 casa nel suo paese di origine, ha iniziato a lavorare altrove e dal 1987 risiede a Melbourne, anche se negli ultimi anni vive a cavallo tra l'Australia, Buenos Aires e l'Italia. Stiamo parlando del giornalista Rosario Scarpato che lavora come produttore televisivo e, fino a qualche tempo fa, è stato impegnato pure come docente universitario. Quest'ultima attività, però, l'ha lasciata perché non gli consentiva di viaggiare così come desiderava. In Italia i programmi di Scarpato vengono trasmessi su Rai Sat e la sua ultima serie si intitola “I viaggi del Goloso Globale” (canale 405 Sky). Siamo riusciti a rintracciare il dottor Scarpato e a rivolgergli alcune domande.
Dottor Scarpato, possiamo iniziare questa intervista con un suo ricordo di bambino che scorazzava libero per le viuzze del borgo di Trocchia? Più che i ricordi di infanzia mi piace ricordare le battaglie "sociali" che abbiamo fatto da adolescenti con un gruppo di amici. Era la nostra maniera per essere liberi. Cose che oggi fanno sorridere, ma che al tempo furono importanti: la bancarella pirata della domenica mattina, davanti alla chiesa, all'uscita della prima messa. Vendevamo di tutto, dalla verdura alle calze di nylon. A prezzo "equo", come si dice oggi. Erano tempi di carovita e noi chiedevamo un mercato settimanale che ancora non c'era a Pollena e che i commercianti, amici dei politici, ostacolavano. Ma anche tante altre cose, come i sit in sui binari della Circumvesuviana perché tutti i treni fermassero anche nella piccola stazione di Guindazzi, ubicata nella frazione di Trocchia, le raccolte di aiuti per terremotati e alluvionati. Tutto al di fuori dei partiti... Fino alle raccolte "differenziate" per finanziarci: volevamo fare una radio libera, nel 1976 credo, una delle prime. E la facemmo, buona parte dei fondi ci vennero dalla gente di Trocchia che ci diede prima cartoni e cartacce, poi stracci e infine rottami.

Palazzo Pistolese (in origine di proprietà della famiglia Seripando)

e la chiesa parrocchiale di Trocchia

Come si chiamava questa emittente? Radio Antenna “Veseri”, come il fiume che un tempo attraversava il territorio comunale di Pollena Trocchia.
Lei, nel 1983, ha pubblicato il volume "Apolline e Trocla" dedicato proprio alla storia e alle tradizioni del suo comune di origine. Di questo libro cosa le è rimasto nel profondo dell'animo? Il nome Pollena Trocchia, a quei tempi - e ancora oggi -, suscitava una specie di ilarità. C'era chi nemmeno credeva che esistesse, quasi fosse il fantomatico Puntillo Superiore del film di Troisi, e il libro servì un poco a fare giustizia. E' vero che un tempo sia Apolline che Trocla erano borghi rurali, ma è anche vero che furono sempre molto vicini a Napoli, come città. Prima di tutto vicini geograficamente (6 km da Ponticelli, ultimo quartiere di Napoli, e 11 Km dal centro) e poi perché per 4-5 mesi all'anno a Pollena Trocchia, dal Settecento fino ai primi del Novecento, venivano a villeggiare decine e decine di famiglie della Napoli bene, con seguito e servitù. Un pezzo di Napoli che si trasferiva annualmente a Pollena Trocchia. E all'occasione venivano anche dei famosi stranieri napoletanizzati, come Gaetano Donizetti, che a Trocchia veniva a soggiornare per il vino e per poter comporre. Cose che "provai" con documenti, dopo la pubblicazione di “Apolline e Trocla”, in un libro a più mani sul grande musicista di origine bergamasca.

Villa Trinchera

Parliamo dell'Australia. Per lei cosa significa vivere in questo "continente"? Io ci andai per vacanza e mi considero ancora in vacanza. Un giorno forse ritornerò, ma difficilmente, in Italia, che pure amo. Melbourne è una città ideale, non avrà il Colosseo, i Faraglioni, la torre di Pisa, ma ha una vita comunitaria e un rispetto per le regole sociali di convivenza senza eguali. Come diceva un mio amico, per vivere bene in Australia, basta poco: rispetta la legge, fatti la doccia tutti i giorni e prova a parlare un po' di inglese. Per questo a Melbourne possono convivere pacificamente 152 differenti gruppi etnici. Un altro mio amico raccomandava di non scrivere mai nelle cartoline, nelle email o nelle lettere a amici e o parenti in Italia, che in Australia si sta bene. Per evitare che ci vogliano venire anche loro.
Ha modo di frequentare altri italiani che vivono in Australia? Non più. Al principio di più, perché parlano una lingua molto vicina alla mia, ma erano e sono molto diversi da me culturalmente. Alcuni hanno lasciato l'Italia 50 anni fa e non sono più tornati. Un gap culturale troppo grande. Frequento invece italiani che sono arrivati di recente per lavoro, e ho amici di tutte le razze: è l'Australia! Negli ultimi due anni sto molto tempo a Buenos Aires e anche lì è la stessa cosa.
In base alla sua esperienza personale, cosa può dirmi dello "stato di salute" delle comunità italiane presenti in Australia? Finiranno per "sciogliersi" in una grande nazione o continueranno a mantenere le proprie caratteristiche? Viviamo, come si dice, in un mondo “glocale” (termine che indica la fusione tra globale e locale, ndr). Il concetto di nazione, di appartenenza si è profondamente modificato. Io mi ritengo un by product dell'era globale (jet, telefono, internet, frequent flyer, abolizione dei visti, ecc.), ma le radici non smettono di essere locali. Parlo di valori, non di folklorismo. La pasta la mangiano più al dente gli australiani che gli italiani d'Australia. E parlo di valori ovviamente italiani. Io non sarò mai Zen, sono cresciuto con modelli attivisti (come il "volli, sempre volli fortissimamente volli" di Alfieri), riesco ancora a guidare - e parcheggiare - a Napoli, mi piace il presepe, amo l'opera. Il mio ideale di comunità sociale, politica ed economica però è l'Australia. Non so se questo equivale a sciogliersi o a perdere identità. Io credo di no. In Australia si vive meglio. E solo questo conta. Il resto, ancora una volta, è folklore (come il "luntane a Napule nun se po' sta"). D'altronde un tempo anche gli italici la pensavano così. I romani scrivevano sulle porte delle città colonizzate: Ubi bene ibi patria. Dove si sta bene, quella è la patria.
Lei certamente ha dei sogni nel cassetto. Almeno uno lo può rendere pubblico in questo blog?
Ogni tanto mi viene voglia di fare qualcosa a Napoli. Che so? Impegnarmi per creare una qualche attrazione culturale o turistica di livello internazionale. Napoli ha tante potenzialità, ma ogni volta che ci provo mi scontro con le stesse cose: la superficialità, il pressapochismo, la corruzione... E quello che più mi indispone che, passano gli anni, e le cose stanno in mano sempre alle stesse persone. Una oligarchia di potere, nei media, nelle istituzioni, nelle imprese, che continua a lamentarsi di tutto, delle carenze della città, della camorra, dimenticando che questa situazione l'ha creata essa stessa. Ah, e parlando di sogni; una volta volevo proporre un Festival Internazionale delle Terre Vulcaniche (natura, gastronomia, arte, ricerca ecc), da fare a Pollena Trocchia. Sì, proprio lì. Una cosa ben fatta, per rilanciare l'immagine di tutta l'area. Quelli a cui l'ho detto mi hanno guardato come se fossi un marziano. (a cura di Carlo Silvano, casilvan[chiocciola]libero.it)

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