domenica 6 agosto 2023

La stalla della masseria Rutiglia

 

 Qui di seguito un racconto intitolato "La stalla della masseria Rutiglia", ambientato tra Pollena Trocchia e Cercola durante la Seconda guerra mondiale, e inserito nel volume "Racconti da leggere davanti a un focolare", scritto da Autori vari e pubblicato da Youcanprint (2023).

Era una notte fredda e piovosa quando siamo arrivati nella stalla della masseria Rutiglia dove abitavano anche i miei nonni. Mio padre ci aveva portato lì perché voleva metterci al sicuro: a circa sei chilometri di distanza in linea d’aria c'era il Vesuvio che da qualche giorno aveva iniziato a eruttare. Nella stalla tutti gli animali erano nervosi e agitati, le tre mucche muggivano e il cavallo nitriva. I maiali si agitavano nel loro recinto, cercando di scappare perché avevano paura. 

Nonostante mia madre, che teneva in braccio il piccolo Luigi, cercasse di rassicurarci dicendoci che saremmo stati al sicuro nella stalla, io e le mie sorelline avevamo ancora paura. Avevo solo dodici anni e non avevo mai visto un'eruzione del Vesuvio. Non sapevamo cosa sarebbe successo. 

L'interno della stalla era buio e spoglio, e avevamo la paglia e solo qualche vecchia coperta per proteggerci dal freddo. Mio padre aveva portato delle candele per darci un po’ di luce, ma non facevano molto per scacciare le ombre. Le mucche stavano rintanate in un angolo, con i loro grandi occhi spalancati che ci fissavano preoccupati, mentre il vecchio cavallo era ben legato con una solida corda a un anello di metallo con la spina conficcata nel muro: ogni volta che il nonno doveva andare al mercato con il carretto, il cavallo era docile e mansueto, ma ora fremeva, nitriva e scalciava. Soprattutto i maiali si agitavano nel loro recinto.

Nonostante tutto, mio padre cercava di mantenere la calma, parlandoci dolcemente e raccontandoci storie per distrarci, come quando era stato in Abissinia a lavorare come manovale nella costruzione di una lunga strada imperiale, e di notte dormiva in una tenda con una lampada accesa e con un pesante bastone sempre a portata di mano, così da uccidere i serpenti che infestano quella terra e che spesso entrano nei giacigli degli uomini. Mia madre, invece, con fatica aveva munto il latte dalle mucche e ce lo aveva servito in qualche tazza recuperata chi sa dove per tenerci un po’ al caldo. Ma era difficile non preoccuparsi. Tutti noi eravamo spaventati, incerti su cosa sarebbe successo durante la notte. Sapevamo solo che dovevamo rimanere uniti e pregare che tutto sarebbe andato per il meglio.


 L’alba arrivò con la luce del sole che filtrava attraverso delle piccole finestre, ma era sufficiente per far scorgere i volti pallidi e tesi dei miei genitori seduti accanto a noi. Fui la prima delle mie sorelle ad alzarmi dopo una notte insonne e presto arrivò una mattina fredda e grigia. Sì, la notte era stata proprio lunga e difficile, piena di rumori e scossoni, e aveva anche piovuto, rendendo il pavimento della stalla freddo e scomodo. Mi stiracchiai cercando di allontanare il freddo dalle ossa. Fuori, il paesaggio doveva essere grigio e desolato, con gli alberi spogli che si ergevano come scheletri contro il cielo plumbeo e non doveva esserci traccia di vita, a parte il rumore del vento che sicuramente soffiava tra i rami. Nonostante la stanchezza, decisi di uscire fuori dalla stalla, all’aria aperta. Ero preoccupata per la mia famiglia e per i parenti che vivevano nei dintorni, e mi chiedevo come sarebbero andate le cose in futuro. Anche se faceva freddo, ero felice di uscire dalla stalla e di respirare un po’ d’aria fresca.

Mentre da sola camminavo il mio sguardo si posava spesso sugli alberi che erano spogli oppure sul terreno fangoso e senza vita. Era uno scenario triste e desolato, ma non potevo fare a meno di sentirmi grata per essere ancora viva e per avere la mia famiglia al mio fianco: durante la notte avevo sentito i miei genitori che tante persone erano morte a causa dell’eruzione del Vesuvio.

Continuavo a chiedermi cosa sarebbe successo in futuro, ma non avevo risposte. Ero solo una bambina di dodici anni, e non avevo il potere di cambiare ciò che stava accadendo, ma sapevo che dovevo essere forte e aiutare mia madre e mio padre che si prendevano cura delle mie sorelline. In quel momento, camminando senza meta attorno alla masseria Rutiglia, ho capito che l’importante era essere presenti e sopravvivere accogliendo un giorno alla volta.

In mezzo a tutta questa incertezza, arrivò un frate predicatore. Era un uomo anziano, con i capelli grigi e gli occhi brillanti. Indossava una lunga tonaca nera e un crocifisso di legno al collo.

Il frate parlò con i contadini che erano venuti ad ascoltarlo, incoraggiandoli con parole piene di fede e dicendo che Dio avrebbe protetto i loro figli. Poi si rivolse a noi bambini e ci parlò con dolcezza. Ci raccontò storie di santi e di eroi che avevano combattuto per la giustizia e ci disse che, se avessimo avuto fede, avremmo potuto superare qualsiasi ostacolo. 

Quando il frate andò via, andai senza rendermi conto verso il giardino cinto da un alto muro e siccome il cancello in ferro era aperto, vi entrai e mi trovai davanti al capitello dove era stata posta un’immagine della Vergine di Pompei. Avrei voluto pregare con le parole del “Salve o Regina”, ma in quel momento non riuscivo a ricordarmela seppure l’avessi recitata tante volte, e allora mi inginocchiai e chiusi gli occhi, iniziai a pregare con le prime parole che mi venivano dicendo:

Mia dolce Regina,

tu che sei la Madre di Dio,

guarda con amore me

che oggi mi rivolgo a te con questa preghiera.

In questi tempi oscuri,

la guerra ci circonda e il Vesuvio erutta

minacciando la nostra casa.

Ma nonostante tutto questo,

io non perdo la speranza,

perché so che tu sei sempre al mio fianco

per proteggermi e per guidarmi.

Prego per la mia anima

e per quella dei miei familiari,

affinché possiamo tutti trovare la forza

e la pace necessarie

per superare questi momenti difficili.

Sii la nostra guida, o Madre di Dio,

e aiutaci a superare ogni ostacolo.

Amen.

Mentre pregavo sentii una forza profonda e tranquilla scorrermi dentro, una forza che mi confortava e mi dava coraggio. Quando poi aprì gli occhi mi accorsi che il cielo si stava schiarendo e che i primi raggi di sole stavano cominciando a filtrare tra le nuvole. Era un segno di speranza, un promemoria che la vita andava avanti anche nei momenti più difficili. Mi alzai in piedi, decisa ad affrontare il futuro con coraggio e determinazione, e pronta a lottare per la mia famiglia e per me stessa.

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