martedì 23 luglio 2024

Pollena, Va bene san Giacomo, ma non dimentichiamoci di sant'Apollinare...

 

Ieri (23 luglio) ricorreva la festa di Sant’Apollinare (nell'immagine qui sopra), vescovo di Ravenna e martire, patrono della comunità parrocchiale di Pollena fino al XVIII secolo. Negli Atti della visita pastorale dell’arcivescovo Francesco Carafa di Napoli, compiuta a Pollena nel 1542, si legge infatti che già allora la comunità aveva due chiese: una intitolata a san Giacomo apostolo, l’altra a sant’Apollinare. Quest’ultima chiesa fungeva da sede parrocchiale. 

Sant’Apollinare è una figura che emerge con straordinaria forza spirituale e coraggio nell’evangelizzazione. Originario di Antiochia (città allora della Siria), un luogo ricco di fervore cristiano e culturale, Apollinare si dedicò con passione alla diffusione del Vangelo, lasciando un’impronta indelebile nella città di Ravenna. Il suo entusiasmo nell’annunciare la Parola di Dio e la sua ferma testimonianza di fede sono un faro luminoso che ha guidato generazioni di credenti. 

Apollinare non fu solo un pastore zelante, ma anche un martire che affrontò le persecuzioni con un coraggio incrollabile. La sua vita è una testimonianza di dedizione assoluta a Cristo, nonostante le avversità e le minacce che incontrò lungo il cammino. La sua storia ci ricorda che la fede, vissuta con autenticità e ardore, può superare ogni ostacolo, persino la morte. 

Già nel XVI secolo, Sant’Apollinare era riconosciuto come patrono della parrocchia di Pollena, una comunità che nel XVIII secolo avrebbe poi intitolato la propria chiesa parrocchiale a San Giacomo Apostolo. Tuttavia, il legame storico e spirituale con Sant’Apollinare è un patrimonio che merita di essere riscoperto e valorizzato. La figura di Apollinare può ancora oggi offrire una ricca fonte di ispirazione, soprattutto per i giovani, che spesso cercano modelli di vita autentici e coraggiosi. 

Per i giovani di oggi, Sant’Apollinare rappresenta un esempio di come la fede possa essere vissuta con passione e impegno. La sua capacità di affrontare le sfide con serenità e fiducia in Dio, il suo spirito di sacrificio e il suo amore per la comunità sono valori che risuonano fortemente anche nel contesto contemporaneo. In un mondo che spesso valorizza il successo materiale e la fama, Apollinare ci ricorda l’importanza della spiritualità, del servizio agli altri e della coerenza morale. 

Riscoprire il culto di Sant’Apollinare a Pollena potrebbe dunque offrire una rinnovata opportunità di crescita spirituale per la comunità, incoraggiando i giovani a seguire le orme di questo grande santo. La sua storia dimostra che la fede non è solo una questione privata, ma una forza trasformante che può influenzare positivamente la società. In un’epoca in cui i giovani sono spesso alla ricerca di significato e autenticità, Sant’Apollinare offre un esempio concreto di come la vita possa essere vissuta con pienezza e gioia, radicata nella fede e nel servizio agli altri. 

In conclusione, Sant’Apollinare, con il suo entusiasmo nell’evangelizzazione e il suo coraggio nel testimoniare la fede, rimane una figura di grande rilevanza spirituale. La comunità di Pollena ha l’opportunità di riscoprire e valorizzare questo tesoro spirituale, offrendo ai giovani un modello di vita ispirato e coraggioso, capace di rispondere alle sfide del nostro tempo con fede, speranza e amore.


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venerdì 19 luglio 2024

Riconoscere e rispettare la dignità della vita umana


Riconoscere e rispettare

la dignità della vita umana

In Genesi (2,7) la narrazione dell’uomo viene descritta così:

«Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente».

Questo versetto ci invita a riflettere profondamente sul valore e sulla sacralità della vita umana. Questo atto di creazione è un’azione divina che distingue l’uomo dal resto della creazione. Dio stesso ha donato all’uomo non solo un corpo, ma anche un’anima, rendendolo un essere unico e speciale agli occhi del Creatore.

Nell’ottica di questa riflessione, è essenziale riconoscere l’importanza di rispettare e proteggere la vita in tutte le sue forme. Gli animali, parte integrante della creazione di Dio, meritano cura e rispetto. È inaccettabile infliggere loro sofferenze inutili o ucciderli per puro divertimento, come avviene in certe pratiche sportive. Ogni essere vivente ha il diritto di essere trattato con compassione e dignità, in quanto tutti gli elementi della creazione sono opera del medesimo Creatore.

Tuttavia, vi è un’ulteriore dimensione di responsabilità morale e spirituale che dobbiamo considerare. Gli esseri umani, creati a immagine e somiglianza di Dio e dotati di un’anima, hanno un valore intrinseco e sacro. Ignorare questo valore significa commettere un grave atto contro Dio. La cura e l’attenzione verso gli animali domestici sono importanti, ma non devono mai oscurare il dovere primario di soccorrere e sostenere i nostri fratelli e sorelle umani che sono in difficoltà.

Trascurare le persone bisognose, mentre si dedica tempo e risorse esclusivamente agli animali domestici, è una forma di ingiustizia e un tradimento del mandato divino. La vita umana è sacra e richiede un rispetto e un’attenzione particolari. Come cristiani, siamo chiamati a vedere il volto di Cristo in ogni persona, specialmente nei poveri, nei malati e nei bisognosi.

Dio ci ha affidato la responsabilità di prenderci cura del prossimo, un compito che non può essere eluso senza conseguenze spirituali. Ogni atto di amore e di servizio verso gli altri è un riflesso dell’amore di Dio per noi. Pertanto, dobbiamo trovare un equilibrio che onori la creazione in tutte le sue forme, ma che riconosca e rispetti la suprema dignità della vita umana.

In conclusione, mentre celebriamo e rispettiamo la vita in tutte le sue manifestazioni, dobbiamo sempre ricordare che l’uomo, creato a immagine di Dio e dotato di un’anima immortale, occupa un posto speciale nella creazione. La nostra compassione e il nostro amore devono riflettersi nelle nostre azioni quotidiane, assicurandoci che nessun essere umano venga mai trascurato o dimenticato. Solo così possiamo vivere pienamente il comandamento di amare il nostro prossimo come noi stessi e onorare il dono della vita che Dio ci ha elargito.

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(1) Questo brano è tratto dal volume “I sette misteri del Santo Rosario”, ed. Youcanprint.

Per informazioni e per reperire il volume "I sette misteri del Santo Rosario" cliccare sul seguente collegamento: I sette misteri del Santo Rosario 




giovedì 18 luglio 2024

La saggezza popolare, "Storta va, diritta viene"

Il proverbio napoletano “Storta va, diritta viene” offre una ricca base per tante riflessioni spirituali. Questa espressione, che suggerisce che anche le situazioni più difficili e incerte possano risolversi positivamente, ci invita, ad esempio, a considerare la Provvidenza divina e la speranza cristiana anche nei momenti di maggiore avversità.

Nel Vangelo di Matteo, Gesù dice:

«Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena» (Matteo 6,34).

Questo passaggio ci incoraggia a confidare nella provvidenza di Dio, che sa ciò di cui abbiamo bisogno e si prende cura di noi in ogni circostanza. Il proverbio “Storta va, diritta viene” riflette questa fiducia: anche quando le cose sembrano andare per il verso sbagliato, possiamo credere che Dio trasformerà le nostre difficoltà in opportunità di crescita e redenzione.

Un altro aspetto centrale del Vangelo è il tema della resurrezione. La storia della Passione di Cristo culmina nella Sua resurrezione, dimostrando che la morte e la sofferenza non hanno l’ultima parola. Anche nelle situazioni più disperate, come durante la Seconda guerra mondiale quando la popolazione napoletana affrontava fame e paura, il messaggio della resurrezione offre una speranza certa: dopo la notte più buia arriva sempre l’alba. “Storta va, diritta viene” ci ricorda che il dolore e le difficoltà possono essere trasformati in gioia e vittoria.

Il Vangelo di Luca, poi, racconta la parabola della vedova insistente (Luca 18,1-8), che insegna l’importanza della perseveranza nella preghiera e nella fede. Il proverbio napoletano incoraggia una simile perseveranza. Anche quando le nostre preghiere sembrano non essere ascoltate e la strada sembra tortuosa, siamo chiamati a continuare a confidare in Dio, sapendo che Egli ascolta e risponde nel modo migliore per noi.

 Solidarietà e comunità

Durante la Seconda guerra mondiale, la comunità napoletana trovava conforto e forza nell’unione e nella solidarietà reciproca. Il Vangelo di Giovanni ci ricorda il comandamento di Gesù:

«Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato» (Giovanni 13,34).

In momenti di crisi, la solidarietà cristiana diventa un faro di speranza. “Storta va, diritta viene” può essere visto anche come un invito a sostenersi a vicenda, a trovare nella comunità la forza per affrontare le difficoltà e a credere che insieme si possa superare ogni ostacolo.

 Conclusione

In sintesi, il proverbio “Storta va, diritta viene” alla luce del Vangelo ci invita a confidare nella Provvidenza divina, a mantenere viva la speranza della resurrezione, a perseverare nella fede e a sostenersi reciprocamente nella comunità. È un promemoria potente che, anche nelle situazioni più difficili, Dio è presente e all’opera, trasformando il dolore in gioia e le difficoltà in occasioni di crescita spirituale.

Questo proverbio ha guidato e sostenuto intere generazioni, e veniva spesso ripetuto da persone come la protagonista della masseria Rutiglia, che ha conosciuto la guerra, la fame e la povertà, ma non si è arresa ed è andata avanti come donna, moglie e madre fino alla fine del suo percorso terreno.


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mercoledì 17 luglio 2024

La prima processione con la statua di san Giacomo apostolo per le vie di Pollena

 

La prima processione

con la statua di san Giacomo apostolo

per le vie di Pollena

Nel lontano 1733, la comunità parrocchiale di Pollena visse un evento di grande importanza spirituale e sociale: la prima processione della statua di San Giacomo Apostolo che fu decisa nel corso di una riunione svoltasi il 22 luglio di quell’anno con le massime autorità cittadine e religiose. La processione, che si svolse sotto la guida dell’allora parroco don Agostino Imperato, segnò un momento di profonda devozione e unità per gli abitanti del casale. 

In quel periodo la comunità contava un ristretto numero di fedeli: secondo un censimento effettuato dallo stesso don Imperato, in quell’anno, infatti, la comunità di Pollena contava 350 uomini, 395 donne e 260 adolescenti tra maschi e femmine. Un totale di 1005 anime che vivevano quotidianamente la loro fede, tra le sfide e le speranze dell’epoca.

La Processione

La processione della statua di san Giacomo apostolo fu organizzata come un atto di devozione e di affidamento alla protezione del santo. La scelta di san Giacomo non fu casuale: egli è infatti una figura di grande rilevanza nel cristianesimo, uno dei dodici apostoli di Gesù e il primo tra loro a subire il martirio. 

La processione si snodava per le vie del casale, con la partecipazione entusiasta di tutta la comunità. La statua di san Giacomo veniva portata in spalla dai fedeli, mentre canti e preghiere risuonavano nell’aria. Questo evento non solo rafforzava la fede individuale, ma contribuiva anche a consolidare i legami comunitari, generando un senso di appartenenza e di solidarietà tra gli abitanti.

La figura di san Giacomo apostolo il maggiore

San Giacomo il maggiore, fratello di Giovanni evangelista, è una figura centrale nella storia del cristianesimo. Secondo la tradizione, dopo la resurrezione di Cristo, Giacomo predicò in Spagna, tornando poi a Gerusalemme dove fu martirizzato per ordine di Erode Agrippa nel 44 d.C. Le sue reliquie furono, secondo la tradizione, trasportate a Santiago di Compostela, e sono divenute meta di pellegrinaggio per milioni di fedeli nel corso dei secoli.

L’importanza di un Patrono

Avere come patrono un apostolo come san Giacomo è di grande significato spirituale per una comunità parrocchiale. Innanzitutto, san Giacomo rappresenta il coraggio e la fede incrollabile, essendo stato il primo apostolo a dare la vita per la sua fede. Questo offre ai fedeli un esempio potente di dedizione e sacrificio. 

Inoltre, san Giacomo è anche il patrono dei pellegrini. La sua vita e il suo martirio ricordano ai fedeli che la vita cristiana è un pellegrinaggio, un cammino che richiede perseveranza, fede e la capacità di superare le avversità. La figura di san Giacomo ispira i parrocchiani a vivere la loro fede in maniera attiva, partecipando alla vita della comunità e sostenendosi a vicenda nelle difficoltà.

Unità e solidarietà

La processione del 1733 fu più di una semplice manifestazione religiosa; fu un momento di aggregazione sociale e di rafforzamento dei valori comunitari. Le celebrazioni in onore di san Giacomo dovrebbero generare un’occasione per i membri della comunità di incontrarsi, di condividere le proprie esperienze e di rafforzare i legami reciproci. 

In un’epoca in cui la vita quotidiana è segnata da molte difficoltà, la processione può anche oggi rappresentare una fonte di speranza e di conforto. San Giacomo, con il suo esempio di fede e di resistenza, offre, allora come oggi, un modello di come affrontare le sfide della vita con coraggio e fiducia.

 Conclusione

La prima processione della statua di san Giacomo apostolo nel casale di Pollena nel 1733 è un evento storico che continua a vivere nella comunità. Rappresenta un esempio di come la fede e la devozione possano unire le persone, offrendo loro forza e ispirazione. San Giacomo, come patrono, continua a guidare e a proteggere i fedeli, ricordando loro l’importanza della perseveranza, della solidarietà e della fede.

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sabato 13 luglio 2024

Nota sul curatore del blog della comunità di Pollena Trocchia

 

Carlo Silvano è nato a Cercola (Napoli) nel 1966 e dal 2005 vive a Villorba (Treviso) con la moglie Adelaide e i tre figli. Si è formato nell’ambito dell’Azione cattolica ricoprendo la responsabilità di presidente dell'Associazione presso la parrocchia di Pollena (settembre 1985 - gennaio 1989) e della Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana) ricoprendo la responsabilità di presidente presso il gruppo di Portici "Pier Giorgio Frassati" (1992 - 1994). Laureato in sociologia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con una tesi su “Il controllo politico delle Forze armate”. Per circa dieci anni (2013 – 2024) è stato catechista nella propria parrocchia di Villorba, ed è fondatore e presidente dell’Associazione culturale “Nizza italiana” (istituita il 18 luglio 2011).

Tra il 1990 e il 1998 ha pubblicato numerosi articoli di cronaca e interviste in vari settimanali (“Enne”, “Metropolis” e “Nuova stagione”) e quotidiani napoletani (“La città” e “Il giornale di Napoli”); tra il 2002 e il 2003 ha pubblicato articoli di cultura e interviste a teologi per il settimanale “La vita del popolo” di Treviso. In "Campania sacra" ha pubblicato una Nota sul card. Sisto Riario Sforza e la piaga dell'usura a Napoli (vol. 29, anno 1998, pp. 315-326) ed un'altra Nota nella rivista Etica per le professioni su "Il selezionatore aziendale. Scegliere nel rispetto della persona" (anno 2001, vol. 1, pp. 97-102).

Ha pubblicato i volumi:

La genesi della povertà. La piaga dell’usura”, Ogm editore 1994;

La comunità di Pollena dal 1760 al 1819. Note di storia sociale e religiosa”, Ogm editore 1998;

Cristiani e musulmani. Costruire il dialogo partendo dai fatti di borgo Venezia di Treviso”, ed. del Noce 2003;

Cristianesimo Chiesa Teologia”, ed. del Noce 2005;

Autorità e responsabilità nella Chiesa cattolica”, ed. del Noce 2006;

Un lavoratore di troppo. Storie di mobbing nella Marca trevigiana”, con Agostino La Rana, ed. del Noce 2008;

Quale primavera per i Figli della Vedova? Treviso vista e vissuta dai massoni di una loggia del Grande Oriente d’Italia”, Ogm editore 2008;

L’onda azzurra. Viaggio nel mondo di Crio”, ed. del Noce 2014;

I miei amici”, con altri, ed. del Noce 2014;

Gente di Villorba”, Studio editoriale Carlo Silvano 2015;

Esperienze di un editore. Intervista ad Armando Fiscon”, ed. del Noce 2015;

Il prete visto dai giovani. Indagine tra 521 studenti delle scuole superiori di Treviso”, ed. del Noce 2016;

Il boiaro”, edizione Youcanprint 2019;

Liberi reclusi. Storie di minori detenuti”, edizione Youcanprint 2019;

Breve storia di Nizza e di altri territori italofoni”, edizione Youcanprint 2019;

Voci villorbesi”, ed. Youcanprint 2019;

I miei genitori”, ed. Youcanprint 2020;

Il bambino e l’avvoltoio e altri racconti”, ed. Youcanprint 2020;

Le arti marziali del Karate e del Ju Jitsu a Villorba”, ed. Youcanprint 2020;

La bambina della masseria Rutiglia”, ed. Youcanprint 2021;

Una ragazza da amare”, edizione Youcanprint 2022;

Amici e compagni di strada. La chiesa domestica di don Olivo Bolzon e di Marisa Restello”, ed. Youcanprint 2022;

Condannati a vivere. La quotidianità dei detenuti del carcere di Treviso raccontata dal suo cappellano”, con Pietro Zardo, ed. Youcanprint 2022;

I crociati di Vidor”, racconto, ed. Youcanprint 2023;

Memento Mori”, con Giancarlo e Daniela Grasso, ed. Youcanprint 2023;

Non ero così e volevo crescere onesta. L’impegno della sen. Lina Merlin contro lo sfruttamento della prostituzione”, edizione Youcanprint 2024;

"I sette misteri del Santo Rosario", edizione Youcanprint 2024.

Dirige le collane editoriali “Questioni di identità” e “Quaderni di studi sociali e storici villorbesi”.

Maria di Nazaret è la Madre del Creatore

 

Maria di Nazaret

è la Madre del Creatore (1)

Maria di Nazaret, la Madre del Creatore, occupa un posto speciale nel cuore della cristianità. La sua figura incarna l’umiltà, la fede e la dedizione. Riflettere sulla sua esistenza terrena e sul suo ruolo nella vita di Gesù, ci permette di comprendere meglio la grandezza di Dio e la meraviglia della creazione.

Nel Santo Rosario, Maria è venerata come Madre del Creatore. Questo titolo non solo onora la sua maternità divina, ma la colloca anche davanti alla vastità della creazione, descritta con splendore nei primi capitoli della Genesi. In Genesi 2,1-4, leggiamo:

Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Allora Dio, nel settimo giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto. Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo...

Lo stupore di Maria

Immaginiamo per un momento Maria, una ragazza di Nazaret, umile e devota, contemplare queste parole. Il suo cuore puro e la sua mente aperta sono perfetti per la piena comprensione spirituale della creazione di Dio. Lo stupore di Maria davanti alla grandezza dell’universo deve essere stato immenso. Come ogni madre, Maria avrà sicuramente guardato il suo Figlio con ammirazione e amore. Tuttavia, nel suo caso, il Figlio era anche il Creatore dell’universo, colui che aveva dato vita alle stelle, ai mari e a ogni creatura vivente.

Maria, conoscendo le Sacre Scritture, avrebbe percepito la portata del miracolo che stava vivendo. Ella, una semplice serva del Signore, era stata scelta per portare in grembo il Verbo incarnato, colui che, come seconda Persona della Santissima Trinità, aveva plasmato l’universo con la sua parola. Questo stupore non era solo intellettuale, ma profondamente spirituale, un misto di meraviglia, umiltà e gratitudine. 


 La gratitudine verso Dio

La gratitudine di Maria verso Dio è palpabile in ogni momento della sua vita, ma trova una delle sue espressioni più pure nel Magnificat (Luca 1,46-55). In questo canto di lode, Maria esprime il suo ringraziamento per le grandi cose che Dio ha fatto per lei e per tutto il suo popolo:

L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome…”.

Le parole di Maria nel Magnificat riflettono la sua consapevolezza del ruolo straordinario che Dio le ha affidato. Ella riconosce la propria piccolezza e, allo stesso tempo, l’immensità della grazia divina che si è riversata su di lei. La gratitudine di Maria non è solo per i doni ricevuti, ma per la possibilità di essere parte del grandioso disegno di salvezza di Dio.

Maria modello di fede

Maria di Nazaret è un modello incomparabile di fede e umiltà. La sua vita è un costante invito a contemplare la grandezza di Dio e a rispondere con un cuore grato e umile. Guardando a Maria, possiamo imparare a riconoscere la bellezza della creazione e la bontà del Creatore. La sua gratitudine ci ispira a ringraziare Dio per le meraviglie del mondo e per il dono della vita stessa.

In un mondo spesso distratto e disattento alle meraviglie della creazione, Maria ci insegna a fermarci, a contemplare e a ringraziare. La sua vita ci sprona a vivere con stupore e gratitudine, riconoscendo la mano di Dio in ogni cosa. Come Maria, possiamo imparare a vedere la grandezza dell’universo e a rispondere con un cuore pieno di lode e ringraziamento.

Conclusione

Maria di Nazaret, Madre del Creatore, ci offre un esempio sublime di come vivere la nostra fede. Il suo stupore davanti alla grandezza della creazione e la sua profonda gratitudine verso Dio ci ricordano che siamo parte di un disegno divino molto più grande di noi. Seguendo il suo esempio, possiamo avvicinarci a Dio con umiltà e riconoscenza, pronti a riconoscere e a celebrare le meraviglie del suo amore e della sua creazione. 

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(1) Questo brano è tratto dal volume “I sette misteri del Santo Rosario”, ed. Youcanprint. Per ulteriori informazioni sul libro cliccare sul collegamento che segue: I sette misteri del Santo Rosario

domenica 5 maggio 2024

Diario partenopeo, Appunti di viaggio di un quindicenne trevigiano

 

 

«Il legame tra una persona e un podere si può anche instaurare attraverso il lavoro e l’impegno, ed è allora che può effettivamente assumere una profonda dimensione e non solo affettiva e di appartenenza, ma direi quasi spirituale. Questo tipo di connessione si sviluppa grazie a una combinazione di fattori emotivi, sensoriali e esperienziali, che culminano nell’identificazione dell’individuo con quel specifico luogo. Quando una persona si dedica a compiti, come la potatura di un vigneto, e trascorre del tempo immersa in quel paesaggio, si crea una sorta di intimità con il podere stesso. Attraverso il lavoro manuale, si stabilisce un contatto fisico con la terra, con le erbe, con gli alberi e con gli elementi naturali circostanti. Questa interazione può essere molto gratificante, poiché si diventa parte attiva del ciclo vitale di quelle piante e si sperimenta un senso di realizzazione nel vedere il proprio lavoro dare i suoi frutti nel corso del tempo».


Questo brano tratto dal volume “Diario partenopeo” (pag. 9), di Giuseppe Tranchese, offre una visione profonda e riflessiva sull’importanza del legame tra l’essere umano e la terra che coltiva, evidenziando come questo legame vada oltre il semplice aspetto materiale per assumere una dimensione quasi spirituale.

La connessione tra una persona e il podere non è solo di natura affettiva o di appartenenza territoriale, ma si trasforma in qualcosa di più profondo e significativo quando viene alimentata dall’impegno e dal lavoro. Attraverso l’investimento di tempo e sforzo nel lavorare la terra, l’individuo sviluppa un legame intimo con il paesaggio circostante e con gli elementi naturali che lo compongono.

La pratica del lavoro manuale, come la potatura di un vigneto, rappresenta un momento di intimità con la terra stessa, dove il contatto fisico con le piante e gli elementi naturali circostanti permette all’essere umano di sentirsi parte integrante del ciclo vitale che lo circonda. Questa interazione non solo porta gratificazione personale, ma anche un senso di realizzazione nel vedere i frutti del proprio lavoro manifestarsi nel corso del tempo.

In questo modo, il lavoro diventa non solo un mezzo per soddisfare bisogni materiali, ma anche un veicolo per stabilire una connessione profonda con la natura e con il proprio ambiente, arricchendo la vita dell’individuo non solo a livello pratico, ma anche emotivo e spirituale.

Per informazioni e per reperire il libro, cliccare su  Diario partenopeo di Giuseppe Tranchese