domenica 5 maggio 2024

Diario partenopeo, Appunti di viaggio di un quindicenne trevigiano

 

 

«Il legame tra una persona e un podere si può anche instaurare attraverso il lavoro e l’impegno, ed è allora che può effettivamente assumere una profonda dimensione e non solo affettiva e di appartenenza, ma direi quasi spirituale. Questo tipo di connessione si sviluppa grazie a una combinazione di fattori emotivi, sensoriali e esperienziali, che culminano nell’identificazione dell’individuo con quel specifico luogo. Quando una persona si dedica a compiti, come la potatura di un vigneto, e trascorre del tempo immersa in quel paesaggio, si crea una sorta di intimità con il podere stesso. Attraverso il lavoro manuale, si stabilisce un contatto fisico con la terra, con le erbe, con gli alberi e con gli elementi naturali circostanti. Questa interazione può essere molto gratificante, poiché si diventa parte attiva del ciclo vitale di quelle piante e si sperimenta un senso di realizzazione nel vedere il proprio lavoro dare i suoi frutti nel corso del tempo».


Questo brano tratto dal volume “Diario partenopeo” (pag. 9), di Giuseppe Tranchese, offre una visione profonda e riflessiva sull’importanza del legame tra l’essere umano e la terra che coltiva, evidenziando come questo legame vada oltre il semplice aspetto materiale per assumere una dimensione quasi spirituale.

La connessione tra una persona e il podere non è solo di natura affettiva o di appartenenza territoriale, ma si trasforma in qualcosa di più profondo e significativo quando viene alimentata dall’impegno e dal lavoro. Attraverso l’investimento di tempo e sforzo nel lavorare la terra, l’individuo sviluppa un legame intimo con il paesaggio circostante e con gli elementi naturali che lo compongono.

La pratica del lavoro manuale, come la potatura di un vigneto, rappresenta un momento di intimità con la terra stessa, dove il contatto fisico con le piante e gli elementi naturali circostanti permette all’essere umano di sentirsi parte integrante del ciclo vitale che lo circonda. Questa interazione non solo porta gratificazione personale, ma anche un senso di realizzazione nel vedere i frutti del proprio lavoro manifestarsi nel corso del tempo.

In questo modo, il lavoro diventa non solo un mezzo per soddisfare bisogni materiali, ma anche un veicolo per stabilire una connessione profonda con la natura e con il proprio ambiente, arricchendo la vita dell’individuo non solo a livello pratico, ma anche emotivo e spirituale.

Per informazioni e per reperire il libro, cliccare su  Diario partenopeo di Giuseppe Tranchese

lunedì 22 aprile 2024

Pollena Trocchia - Nessuno aveva paura di Luigi...

Nessuno aveva paura di Luigi...

Le bambine del borgo erano felici di averla come maestra e di buon mattino, anche con la pioggerellina e col freddo che non facevano alcuna fatica a passare attraverso i loro poveri vestiti per posarsi sulla pelle di corpicini che mai erano stati floridi, si sarebbero fermate più tempo a raccogliere fiori dal ciglio della strada oppure more a ottobre o, ancora, nespole a dicembre da un albero che aveva i rami che cascavano sulla pubblica via, ma capitava, e anche spesso, che da dietro un rovo o da un possente tronco di pioppo apparisse all’improvviso Luigi, un giovanotto del villaggio che andava in giro sempre scalzo, e che lanciava grida ed emetteva urla indescrivibili: i bambini, allora, si davano alla fuga. I più piccoli si spaventavano e correvano nella stessa direzione dei più grandi, ma questi ultimi fingevano solo di essere terrorizzati perché sapevano che Luigi non voleva e non era capace di fare del male a nessuno, e anche perché questo ragazzone meritava rispetto: non sapeva parlare, non era mai andato a scuola e aveva una sorella, semplice e buona, che piangeva ogni volta che qualcuno prendeva in giro suo fratello. Loro, i bambini, non volevano però che lei piangesse e allora evitavano di essere sgarbati con quel giovanotto incapace di parlare. Col passare degli anni Luigi sarebbe diventato adulto e col trascorrere del tempo sarebbe calato il numero delle persone che si divertivano a prenderlo in giro e a trattarlo male: con la sua infermità si sarebbe guadagnato la stima di tutto il paese, perché – e nessuno ha mai capito come facesse – riusciva a sapere chi fosse morto al semplice suono delle campane e a recarsi al funerale partecipando, e calzando delle scarpe solo per questo genere di occasioni, al corteo funebre che partiva dalla casa del defunto per arrivare in chiesa e dalla chiesa al camposanto. Luigi, con le sue scarpe sempre lucidate di un nero vivo, se ne stava in fondo al corteo con la sua semplicità e riservatezza, e anche la guardia municipale lo rispettava salutandolo con serietà e con un leggero inchino del capo. A Luigi non importava chi fosse il defunto: benestanti o poveri, persone conosciute o meno, giovani o anziani, buone o cattive che fossero state in vita, tutti quelli che in paese morivano ricevevano il suo commosso omaggio”. (tratto da “La bambina della masseria Rutiglia”, ed. Youcanprint)


La figura di Luigi, descritta in questo brano tratto da “La bambina della masseria Rutiglia”, suscita diverse riflessioni sulla natura umana, sull’accettazione e sulla compassione. 

Innanzitutto, emerge la capacità umana di giudicare superficialmente gli altri in base alle loro apparenze. Gli abitanti del borgo di San Gennariello inizialmente reagiscono con paura e scherno di fronte a Luigi, il giovane con difficoltà comunicative e comportamenti imprevedibili. Tuttavia, la loro percezione cambia nel tempo, trasformando la paura in rispetto e ammirazione. Questo dimostra quanto sia importante guardare oltre le apparenze e comprendere la vera essenza delle persone. 

Luigi rappresenta anche l’inclusione sociale e l’importanza della comunità nel sostenere i suoi membri più vulnerabili. Nonostante le sue differenze e le limitazioni comunicative, Luigi viene accettato e rispettato dagli abitanti del paese. La sua presenza al corteo funebre di ogni defunto, con le scarpe lucidate e il suo silenzioso omaggio, sottolinea il suo ruolo di membro rispettato e integrato nella comunità. Questo evidenzia la capacità umana di superare le barriere e di costruire legami di solidarietà e comprensione reciproca. 

Inoltre, la figura di Luigi invita a riflettere sull’importanza della diversità e della fragilità umana. Nonostante le sue difficoltà, Luigi possiede una sensibilità e una percezione straordinarie, in grado di cogliere i segnali del mondo che lo circonda in modo unico. Il suo dono di riconoscere la morte al suono delle campane sottolinea la complessità e la ricchezza delle diverse prospettive umane. Ciò suggerisce che ogni individuo, indipendentemente dalle sue capacità o limitazioni, possiede un valore intrinseco e contribuisce in modo unico alla ricchezza della comunità. 

Infine, la storia di Luigi ci ricorda l’importanza della gentilezza e della compassione nell’interazione umana. I bambini del borgo evitano di ferire i sentimenti di Luigi e di sua sorella, dimostrando un senso di empatia e rispetto verso di loro. Questo ci ricorda che anche le azioni più piccole possono avere un impatto significativo sul benessere degli altri e sulla costruzione di relazioni basate sulla gentilezza e sulla solidarietà. 

In conclusione, la figura di Luigi ci offre preziose lezioni sull’accettazione, sull’inclusione e sulla compassione, invitandoci a riflettere sulla natura umana e sulle nostre relazioni con gli altri membri della comunità.

Per informazioni e per reperire il volume cliccare sul seguente collegamento: La bambina della masseria Rutiglia di Carlo Silvano

 

 

domenica 21 aprile 2024

Franz Kafka e la sua capacità di abbracciare i propri limiti

 

Ancora oggi Franz Kafka (1883 - 1924) continua a esercitare un’influenza profonda e intrigante nel panorama culturale contemporaneo. Già presso la biblioteca civica "Don Lorenzo Milani" di Pollena Trocchia e alle scuole superiori ebbi modo di conoscere e apprezzare le opere di questo famoso scrittore boemo, intrise di un senso di alienazione e impotenza e che sollevano interrogativi fondamentali sulla condizione umana, sulla società e sulla giustizia. In particolare, la grandezza morale e poetica di Kafka emerge in modo distintivo nel suo rifiuto di protestare e nella sua accettazione serena delle limitazioni esistenziali. 

Il nucleo di una riflessione che ora presento in queste righe, prende spunto da una tesina che scrissi in quinta superiore, e si concentra sul concetto del “rifiuto di protestare” da parte di Kafka. Contrariamente alla tradizione letteraria che celebra la ribellione come un atto di coraggio e integrità, Kafka sceglie una strada diversa. Egli riconosce pienamente la sua impotenza di fronte a un mondo illogico e spesso oppressivo, e invece di combattere contro di esso, abbraccia la sua condizione di essere limitato. Questo atto di accettazione è intrinsecamente connesso alla sua visione esistenziale, in cui l’individuo è condannato a una lotta futile contro forze soverchianti e inspiegabili. 

In Kafka questa accettazione non significa passività o rassegnazione, ma piuttosto un’intima consapevolezza delle proprie limitazioni. Egli esplora le profondità dell’angoscia esistenziale e della frustrazione umana senza cercare una facile via d’uscita attraverso la ribellione. La sua opera diventa così un’esplorazione inestricabile della condizione umana, in cui l’individuo è costantemente minacciato dalla sua stessa impotenza e dalle forze oscure che governano il mondo. 

Un aspetto cruciale della visione di Kafka è il senso di colpa che permea molte delle sue opere. Questo senso di colpa non è tanto legato a un’azione specifica, quanto piuttosto alla consapevolezza di essere intrappolati in un sistema di regole e leggi inspiegabili e spesso ingiuste. In molti dei suoi romanzi, Kafka esplora i tentativi dei suoi personaggi di comprendere e affrontare questa oscura forma di giustizia, solo per essere costretti a confrontarsi con la loro impotenza di fronte ad essa. 

Questo senso di colpa e di illiceità aggiunge un ulteriore strato di complessità alla sua opera, evidenziando la sua profonda comprensione della natura umana e della sua condizione esistenziale. Kafka non offre risposte definitive o soluzioni facili, ma piuttosto ci invita a riflettere sulle domande più profonde riguardanti il nostro rapporto con il potere, la giustizia e la moralità. 

In conclusione, la grandezza morale e poetica di Franz Kafka risiede nella sua capacità di abbracciare le limitazioni umane senza perdere la sua integrità o la sua profondità emotiva. Attraverso la sua opera Franz Kafka ci invita a confrontarci con le nostre paure e le nostre incertezze, e a esplorare le profondità oscure della condizione umana con coraggio e umiltà. In un mondo dominato dalla ricerca del potere e della ribellione, Kafka ci ricorda l’importanza di accettare le nostre limitazioni e di trovare significato anche nella nostra impotenza.

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Nota: negli anni Ottanta la biblioteca civica di Pollena Trocchia era un punto di riferimento per tanti adolescenti e giovani desiderosi di leggere e formarsi culturalmente. Mi auguro che la Biblioteca civica venga adeguatamente valorizzata.

 

venerdì 3 novembre 2023

Sito delle "Fontanelle" sul monte Somma, eseguita una prima pulizia

 

Dall'amico Erasmo Mercogliano ho ricevuto due foto riguardanti località "Fontanelle" sul monte Somma. Alcuni mesi fa questo sito  era ingombro di rifiuti abbandonati. Le foto che seguono mostrano che il sito è stato bonificato e ciò viene accolta come una buona notizia!




mercoledì 4 ottobre 2023

Riqualificare le aree urbane degradate e recuperare l’ex convento delle Carmelitane a Pollena Trocchia

 

Occorre riqualificare le aree urbane degradate

e recuperare strutture come l’ex convento

delle Carmelitane a Pollena Trocchia

La provincia di Napoli, con i suoi comuni a nord della città e quelli dell'area vesuviana, è una delle regioni più densamente popolate della Campania. Questa densità abitativa ha portato a un'estesa urbanizzazione delle aree circostanti, spesso senza un adeguato piano di sviluppo e una gestione oculata del territorio. Alcuni comuni, come San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio, Cercola, Pollena Trocchia, Massa di Somma e Sant'Anastasia, hanno visto crescere un certo numero di fabbricati che ora sono inutilizzati, spesso privi di valore storico e architettonico. Questi “ecomostri” rappresentano un problema sia estetico che funzionale, minando la qualità della vita delle comunità locali. 

 Uno dei problemi più evidenti in queste aree è la presenza di ecomostri, cioè fabbricati inutilizzati, spesso abbandonati, e in alcuni casi mai terminati come i capannoni che dovevano sorgere nell’area industriale del comune di Pollena Trocchia, e che oggi deturpano il paesaggio. Uno degli esempi più noti è il cosiddetto “ecomostro” al parco Europa di Pollena Trocchia. Questo edificio, mai terminato e abbandonato da anni, è diventato un simbolo di degrado urbano e sfigura l’immagine del comune. 

 La demolizione di edifici come questo è probabilmente una soluzione necessaria per liberare spazio, e ripristinare la bellezza delle aree fortemente urbanizzate. Tuttavia, la demolizione non dovrebbe essere l’unica opzione. È importante identificare gli edifici con potenziale storico o architettonico da preservare e ristrutturare per un nuovo scopo, contribuendo così a mantenere un legame con il passato delle comunità locali. 

 Una delle priorità nella riqualificazione delle aree urbane dovrebbe essere il benessere delle comunità locali. In particolare, esiste una necessità crescente di strutture che servano le esigenze delle persone. Un esempio di questa prospettiva può essere trovato nell'ex convento delle carmelitane a Pollena Trocchia. Questo edificio, abbandonato da anni, potrebbe essere ristrutturato e riconvertito in una comunità di accoglienza per i padri divorziati o per altre fasce di popolazione in difficoltà a reperire un alloggio

 Questo tipo di iniziativa non solo fornirebbe un supporto vitale a coloro che ne hanno bisogno, ma contribuirebbe anche a preservare il patrimonio storico e architettonico della regione. La ristrutturazione di edifici storici per scopi sociali può rappresentare un esempio positivo di come la storia e la modernità possano coesistere per il beneficio di tutti. 

(a cura di Carlo Silvano)

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mercoledì 27 settembre 2023

Il calabrone orientalis: un insetto di origine straniera con impatti nocivi sulla nostra apicoltura e la sicurezza dell’uomo

 

Il calabrone orientalis:

un insetto di origine straniera

con impatti nocivi sulla nostra apicoltura

e la sicurezza dell’uomo

Durante una recente escursione e sul monte Somma, in provincia di Napoli, ho avuto modo di osservare la presenza di un calabrone orientalis (nella foto qui sopra una trappola per calabroni "vespa orientalis" realizzata da un apicoltore vesuviano). In effetti, negli ultimi decenni l’ecosistema italiano è stato testimone di una serie di cambiamenti, tra cui l'arrivo di specie che hanno avuto un impatto significativo sulla flora e fauna locali. Uno di questi invasori è, appunto, la Vespa orientalis, che rappresenta, come mi ha confermato un apicoltore, una seria e crescente minaccia per l’apicoltura e la sicurezza umana.

Il calabrone orientalis è noto per essere un predatore aggressivo delle api europee. Le sue dimensioni imponenti e la sua abilità nel cacciare le api lo rendono un nemico formidabile per gli alveari. Quando un calabrone individua un alveare, entra in azione per catturare le api. Questo comportamento può portare a una significativa diminuzione della popolazione di api in un’area, influenzando negativamente la produzione di miele.

Inoltre, il calabrone vespa orientalis ha dimostrato una predilezione per nutrirsi di larve di api, il che può avere un impatto devastante sulla crescita e la riproduzione delle colonie. Questo si traduce anche in una diminuzione della produzione di miele e nell’indebolimento delle comunità apistiche.

Oltre ai danni causati all’apicoltura, il calabrone orientalis presenta anche una minaccia per la sicurezza umana. Le sue dimensioni e la sua aggressività lo rendono pericoloso per gli individui che si avvicinano ai suoi nidi. Le punture di questa specie di calabrone possono essere dolorose e, in rari casi, possono causare reazioni allergiche gravi.

La minaccia maggiore per l'uomo è rappresentata dalle punture multiple, poiché il calabrone orientalis è noto per essere aggressivo quando si sente minacciato. È importante notare che, anche se le punture di calabrone sono raramente fatali, possono essere pericolose per le persone allergiche o per chi riceve numerose punture.

Data la minaccia che il calabrone orientalis rappresenta per l'apicoltura e la sicurezza umana, è fondamentale adottare misure per limitarne la diffusione. La sua presenza in Italia richiede una risposta coordinata da parte delle autorità locali, degli apicoltori e della cittadinanza.

Sorveglianza e controllo: è essenziale istituire programmi di sorveglianza per monitorare la diffusione del calabrone orientalis. Gli apicoltori possono contribuire segnalando i nidi e gli avvistamenti alle autorità competenti. Inoltre, il controllo diretto dei nidi è necessario per limitare la loro proliferazione.

Sensibilizzazione pubblica: informare il pubblico sui rischi legati al calabrone orientalis è cruciale. Le persone dovrebbero essere istruite su come riconoscerlo e come comportarsi in caso di avvistamento. Questo può contribuire a ridurre gli incidenti e promuovere la partecipazione nella segnalazione dei nidi. 

Collaborazione tra apicoltori: gli apicoltori dovrebbero lavorare insieme per proteggere le loro colonie da questa minaccia comune. La condivisione di informazioni e l’adozione di misure preventive possono aiutare a preservare l’apicoltura locale.

In conclusione, il calabrone orientalis rappresenta una grave minaccia per l’apicoltura italiana e la sicurezza umana. Per preservare le api e garantire la sicurezza delle persone, è fondamentale adottare misure preventive e di controllo col sostegno delle Istituzioni pubbliche. 

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venerdì 22 settembre 2023

Monte Somma, escursione lungo la "via delle baracche"

A primi di settembre di quest’anno abbiamo avuto modo di compiere un’escursione sul monte Somma. In particolare, abbiamo avuto l’occasione di percorrere la “via delle baracche” partendo da un punto della strada asfaltata che conduce al cratere del Vesuvio. Per un lungo tratto la larghezza di questa stradina sterrata, ovvero la “via delle baracche”, consentirebbe il passaggio anche a degli autoveicoli, ma ciò non è possibile per la presenza di rovi e di tronchi di alberi caduti sul percorso. Comunque, appena si inizia a camminare lungo il versante del monte Somma, si resta meravigliati per la folta presenza dei boschi e per la varietà degli alberi. Qualche cartello posto lungo il percorso informa che il monte Somma ha un patrimonio floreale molto ricco, con la presenza di alberi come castagni, noccioli, roverelle, betulle, carpino nero, aceri e ontani napoletani. 

La “via delle baracche” è praticamente pianeggiante e se venisse ripulita e resa agibile, potrebbe essere percorsa facilmente anche da famiglie con bambini. 

Man mano che si cammina lungo il versante della montagna si possono scorgere il golfo e la città di Napoli, ma anche i centri abitati di San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma, Pollena, Trocchia, Guindazzi, Madonna dell’Arco, Sant’Anastasia e Somma Vesuviana. Ad un certo punto da stradina sterrata la “via delle baracche” si restringe per diventare un semplice sentiero. 

Il nostro cammino è stato interrotto quando arrivati in un punto panoramico che consentiva la vista delle cave della località “Tuoro” (frazione di Caserta), il sentiero è risultato impraticabile a causa di una frana, ed era molto pericoloso provare ad avanzare lungo il versante per la presenza di un burrone. Se non ci fosse stato questo ostacolo avremmo potuto raggiungere il versante che si affaccia sul comune di Terzigno. 

Percorrendo la “via delle baracche” abbiamo notato un solo manufatto, probabilmente realizzato per la raccolta delle acque piovane, e non abbiamo trovato la nota “vasca” delle Fontanelle a causa della folta vegetazione. Inoltre, sembra che dalla “via delle baracche” non vi sia alcun sentiero che possa consentire ai visitatori di salire verso la punta “Nasone”, ovvero la cima più alta del monte Somma. 

Per valorizzare il monte Somma e renderlo fruibile per le famiglie che abitano sia nei paesi vesuviani che nella città di Napoli, occorrerebbe avviare una seria pulizia e la messa in sicurezza dei sentieri, e anche realizzare nuovi percorsi utili a raggiungere la cima “Nasone”.

(Erasmo Mercogliano e Carlo Silvano)

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