sabato 25 luglio 2020

Pollena Trocchia, la biblioteca civica "Don Lorenzo Milani"

Pollena Trocchia - Terminata la Messa delle ore 9,30 frotte di bambini e ragazzi si avviavano verso la piccola biblioteca: ognuno aveva tra le mani un libro da consegnare e ognuno aspirava a trovare tra gli scaffali un altro piccolo tesoro da leggere e che potesse fargli compagnia per tutta la settimana successiva. Sto parlando di una piccola perla della comunità di Pollena Trocchia: la biblioteca civica "Don Lorenzo Milani" che, negli anni Ottanta, era aperta al pubblico e accoglieva ogni domenica mattina e ogni giovedì sera i propri lettori in un locale al piano terra della casa canonica in via Cappelli 1. I primi libri di questa biblioteca provenivano dalla scuola media "Raffaele Viviani" e nel corso di alcuni anni - soprattutto grazie all'impegno dell'allora parroco di Pollena don Mimmo Noviello - fu arricchita con l'acquisto di nuovi volumi. Probabilmente si deve proprio a don Mimmo l'idea di intitolare la biblioteca al sacerdote toscano don Lorenzo Milani.
(Don Lorenzo Milani 1923-1967)
Dal 1983 al gennaio del 1989 ero presente come volontario in questa biblioteca insieme a Giuseppe Di Lorenzo e prima di me c'erano state come volontarie le sorelle Ciriello di via San Giacomo. Per me fu un'esperienza molto significativa perché potevo consigliare libri da leggere a tante persone e di tutte le età. La biblioteca, allora, possedeva un piccolo patrimonio perché i libri non erano tanti, ma tra gli scaffali c'erano delle autentiche perle come le commedie di Edoardo De Filippo, gli scritti di Primo Mazzolari, i romanzi di autori come Carlo Levi, Ignazio Silone e Dino Buzzati e soprattutto un rilevante numero di libri per bambini e ragazzi. Ricordo che per un certo periodo tra le ragazze fu letto un libro intitolato "E se mi facessi suora?". 
Due volumi particolarmente ricercati dai lettori attenti alla storia locale e che non si poteva dare in prestito in quanto costituivano una rarità, era i testi di Ambrogio Caracciolo intitolati "Sull'origine del villaggio di Trocchia a proposito di un marmo esistente nella sua chiesa parrocchiale", fortunatamente in seguito ristampato dalla Pro loco con una presentazione a firma di Maurizio Mollo, e "Sull'origine di Pollena Trocchia, sulle disperse acque del Vesuvio e sulla possibilità di uno sfruttamento del Monte Somma a scopo turistico" pure ristampato a cura della Pro loco "Giacomo Donizetti" di Pollena Trocchia.
Tra i lettori c'era anche un gruppetto di ragazze, come Annamaria Soria e Carla Mollo, che a piedi venivano da Trocchia e a loro si univa Pasqualina Mandarino.
Il lettore che ricordo sempre con affetto era un bambino di nome Antonio che ogni domenica veniva col fratellino più piccolo che teneva per mano: molto educato, aiutava con passione il fratellino a individuare il libro che poteva essere più interessante. L'ultima volta che lo vidi era tra giugno e luglio e a settembre in biblioteca venne solo il fratellino: aveva gli occhi umidi e mi consegnò l'ultimo volume letto da Antonio e fu allora che seppi che a Mondragone, in mare, quell'estate c'era stata una tragedia...
La sede della biblioteca "Don Lorenzo Milani" ospitò anche gli incontri che servirono per gettare le basi del gemellaggio tra la parrocchia di "San Giacomo Apostolo" e quella di Zinviè, nel Benin, retta dall'allora parroco don Vincenzo De Blasi. Questo gemellaggio fu per me una grande soddisfazione e molto si deve ai padri camilliani don Alberto Russo e don Fulvio Barca.


La foto mostra un angolo della mostra allestita in un locale adiacente alla sede della biblioteca "Don Lorenzo Milani" e dedicata alla parrocchia di Zinviè (foto di Toni Sorrentino)

A gennaio del 1989 ricevetti la cartolina per il servizio militare: dovetti chiudere quell'esperienza di volontariato in biblioteca che mi aveva dato molto sia a livello umano perché mi consentiva di conoscere tante persone, sia a livello culturale perché avevo la possibilità di leggere tanti libri.
In seguito la biblioteca fu chiusa e poi riaperta in un altro locale. Attualmente è di nuovo chiusa, ma spero vivamente che possa ritornare ad essere attiva come punto di aggregazione sociale e come centro di formazione culturale per tutti i membri della comunità locale. (a cura di Carlo Silvano)
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Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di diversi libri
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"La bambina della masseria Rutiglia", romanzo breve 
ambientato tra Pollena e Cercola durante la Seconda guerra mondiale


giovedì 9 luglio 2020

La bambina della masseria Rutiglia, romanzo breve ambientato a Pollena Trocchia durante l'ultima guerra

Qui di seguito propongo un brano tratto dal romanzo breve "La bambina della masseria Rutiglia" ambientato a San Gennariello, frazione del comune vesuviano di Pollena Trocchia, durante la Seconda guerra mondiale.

È appena l’alba con le gocce d’acqua color argento a coprire i sottili fili d’erba del ciglio del viottolo di campagna percorso da Carmelina che si è appena lasciata alle spalle la stalla dell’antica masseria “Rutiglia”: anche quella mattina si era vestita in fretta e ora con sé portava il solito fiasco pieno di latte, facendo attenzione a dove metteva i piedi. Per tutta la notte aveva piovuto e tante erano le pozzanghere lungo la stradina sterrata che attraversava frutteti e vigneti. 
‹‹Né uva “olivella”, né pere “stradone” e né “fioroni” di fichi, né mele “annurca”››, disse tra sé Carmelina che non aveva ancora compiuto undici anni. 
‹‹In questa stagione gli alberi non sono belli da vedere››, pensò lei che considera interessanti da guardare i vigneti e i frutteti solo quando sono colmi di uva e di frutta; in inverno inoltrato, invece, gli alberi sono senza foglie e senza frutti, sono spogli e sembrano spettri che immobili e silenziosi nella nebbia della gelida campagna la dominano. 
Camminava a piccoli passi e si accorse che ad un centinaio di metri da lei, vicino ad un ruvido e grezzo muro di cinta costruita con pietra lavica, c’era l’unica anziana vedova e senza figli della masseria “Rutiglia” che, curva per il peso degli anni e per i dolori di una vita, ispezionava con cura le fessure del muro dove probabilmente per sfuggire al gelo si era rintanato il suo amico rettile: un serpente di colore nero che durante i mesi estivi si lasciava avvicinare solo da lei e solo da lei accettava del cibo e qualche parola di conforto per le avversità della vita che in tempi di guerra tutti si aspettano di ascoltare. Ora però faceva freddo e il serpente non si faceva vedere e l’anziana donna che forse aveva perso anche il senso delle stagioni doveva essere preoccupata per lui.
Sul viottolo le pozzanghere erano proprio tante e bastava che un solo piede vi finisse dentro per ricevere l’aspro rimprovero della madre. Carmelina continua a fare attenzione perché sarebbe stato triste fare colazione con un solo bicchiere di latte condito da un ammonimento.
I campi dei frutteti erano seminati a rape che venivano mangiate dalle mucche: per dimostrare la propria riconoscenza ai nonni materni che regalavano loro del latte, Carmelina e le sue sorelle ogni pomeriggio si davano da fare per estrarre i tuberi dall’avida e gelata terra, così da raccoglierli su un carretto e portarli fino alla stalla, dove l’odore della paglia e del fieno le rassicurava offrendo loro un senso di protezione.
Davanti a Carmelina, ancora lontano, c’era il cancello in ferro battuto che consentiva l’uscita dalla proprietà della masseria sulla strada pubblica e lì, ogni volta che ci passava, si ricordava che aveva incontrato alcuni anni prima il padre che dall’Abissinia era ritornato inaspettatamente: sembrava un vecchio, con una folta barba che lo rendeva irriconoscibile e sulle spalle un sinistro sacco contenente tutto quello che era riuscito a racimolare in sei mesi di duro lavoro in Africa a costruire le strade dell’impero, dormendo in disastrate tende sulla nuda terra e a lottare anche contro i serpenti che di notte andavano ovunque col loro velenoso morso. Lì, proprio vicino al cancello della masseria, il padre l’aveva chiamata per nome e con le lacrime agli occhi per la gioia di aver visto una delle sue tante figlie, ma lei non si era lasciata avvicinare e correndo era tornata a casa per raccontare con la voce concitata alla madre che un vecchio aveva cercato di rapirla e metterla nel sacco per portarsela via e chi sa dove.

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giovedì 4 giugno 2020

La tragedia della nave "Caterina Costa"

Ecco un brano tratto da "La bambina della masseria Rutiglia"

[...] Nella vita quotidiana dei bambini del borgo la guerra arrivava senza chiedere alcun permesso, senza avvisare nessuno. Era successo, ad esempio, che proprio durante quell’anno, nel tardo pomeriggio di una domenica di Quaresima, Carmelina stava seduta sui gradini della scala che portava alla sua casa e in silenzio osservava una gara di proverbi tra le bambine più grandi di lei. Una di loro ebbe appena terminato di dire “A marzo taglia e pota se non vuoi la botte vuota” che un terribile boato fece sobbalzare tutto il gruppetto delle fanciulle e nessuna di loro sapeva dove scappare, perché nessuna riusciva a capire quale pericolo potesse celare quel terribile scoppio che certamente portava con sé morte e distruzione. Solo nei giorni seguenti, ascoltando gli adulti che parlavano tra loro al crocicchio di due viottoli di campagna davanti a un’edicola religiosa oppure alla fontana pubblica per attingere acqua o, ancora, di notte, quando i genitori pensano che le figlie dormono, si apprese che nel porto di Napoli era esplosa una grande nave attraccata al molo prospiciente il quartiere di "Sant’Erasmo". L’esplosione aveva ucciso centinaia e centinaia di persone, soprattutto militari, e per tutta la città aveva seminato i propri frammenti incendiari che avevano causato ingenti danni. Carmelina aveva saputo da sua sorella Paola che la motonave saltata in aria si chiamava “Caterina Costa” e questa storia, avvenuta il 28 marzo del 1943, lei ne sentì parlare in seguito anche dal futuro marito, il quale ai propri figli spesso raccontava che quel triste pomeriggio stava nella chiesa parrocchiale dell’“Immacolata e di Sant’Antonio Patavino” a Cercola come chierichetto portando la croce della via Crucis, quando, all’improvviso il terribile scoppio trafisse l’animo dei presenti che temettero un bombardamento aereo attorno alla chiesa e tutte le persone che seguivano il rito scapparono via, lasciando solo il sacerdote e lui chierichetto. ‹‹La guerra è una tragedia: speriamo che non si ripeta più››, dirà un giorno Carmelina a due dei suoi figli ancora bambini, mentre li portava a fare una passeggiata nella villa sul lungomare di Napoli e indicando loro i danni ancora visibili sulla facciata est di “Castel Nuovo” a causa dell’esplosione della moto nave “Caterina Costa”.

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martedì 19 maggio 2020

La bambina della masseria Rutiglia

POLLENA TROCCHIA - Ieri ho chiuso in tipografia un mio libretto di cento pagine: è un romanzo breve ambientato nella masseria "Rutiglia" tra Cercola e Pollena Trocchia durante la Seconda guerra mondiale. Il titolo del libretto è "La bambina della masseria Rutiglia". Qui di seguito la prefazione scritta da mia nipote Carmela.

Prefazione
di Carmela Silvano

Nel territorio napoletano non è raro trovare ancora, disseminate nelle campagne, antiche masserie ereditate da un tempo lontano, quando questi agglomerati di abitazioni e stalle erano circondate da enormi distese di campi coltivati e sporadiche casupole. La masseria Rutiglia non fa eccezione anche se in questi ultimi decenni il suo territorio è stato stravolto: oggi, infatti, si presenta con zone che erano state tolte ai coloni e poi abbandonate, mentre in altre zone si evidenziano costruzioni e manufatti con qualche capannone artigianale. Al di là di questo scempio, essa è ancora lì, al confine tra due comuni della provincia di Napoli, Cercola e Pollena, il cui confine le passa accanto. Se volessimo visitarla dovremmo percorrere la strada provinciale che da Cercola conduce a Sant’Anastasia e svoltare in una stradina sterrata – probabilmente rimasta immutata da tempi immemori – nella zona di San Gennariello, frazione di Pollena. Qui ci sembra quasi di fare un salto nel passato e nel silenzio della campagna, lontano dal caos della cittadina lasciata alle spalle e si ha la sensazione di sentire i passi svelti della nostra protagonista. Immaginiamo quindi di trovarci nella campagna napoletana di quasi ottant’anni fa: è una mattina piovigginosa e siamo nel pieno della Seconda guerra mondiale. Carmelina una bimbetta di undici anni sta rincasando dopo essere andata a prendere il latte presso la stalla dei nonni materni. Felice di poter fare colazione con qualcosa di caldo dopo il digiuno del giorno precedente, si affretta per quella stradina piena di pozzanghere. La nostra protagonista è una bimba curiosa e pur mantenendo un’andatura veloce i suoi occhi si soffermano sulle immagini familiari che rievocano i ricordi della sua infanzia, ricordi che lei, non sa ancora, resteranno indelebili e saranno spunto proprio per questi racconti. Quanto segue, infatti, non è una storia biografica, ma bensì aneddoti della vita di Carmelina che hanno ispirato l'autore, e figlio della protagonista, che ha voluto dar loro una dimensione concreta, in un passato che è arrivato a noi solo attraverso i ricordi di chi lo ha vissuto.
I capitoletti si susseguono seguendo una logica simile ai ricordi, creando un parallelismo con la protagonista bambina e adulta. Bastano poche e semplici immagini, come un muretto di cinta e un albero di nespole, a dar vita a ricordi felici come la scuola, la sua maestra e la bella stagione passata nei campi con tutta la famiglia e i vicini. Ci viene mostrato un quadro fatto di semplice devozione, duro lavoro, resilienza alla fame e alla povertà. Gli aneddoti semplici e brevi ci descrivono un’epoca dove bisognava darsi da fare se non si voleva soccombere.
I dolci ricordi di caramelle ai frutti distribuite dalla maestra si intrecciano però a quelli più aspri di inverni passati a digiuno o, peggio, a quelli che sono legati ad una storia che conosciamo fin troppo bene. Attraverso i ricordi di una bambina riconosciamo quei cruenti momenti che abbiamo studiato nei libri di storia, ne abbiamo imparato gli avvenimenti, le date, ma che mai potremmo comprendere senza queste piccole perle di memoria. Ecco che i ricordi ci fanno vivere in prima persona immagini spaventose di uomini costretti a scavare buchi nella terra per nascondersi dai soldati nemici, vecchi che con carrettini raccolgono i corpi senza vita dei propri figli dalla strada, oppure terribili esplosioni che seminano il panico nella comunità. Sarà proprio la nostra protagonista che, anni dopo, usando poche parole ben ponderate come soleva sin da bambina, a dire che ‹‹la guerra è una tragedia: speriamo che non si ripeta più››.

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sabato 28 marzo 2020

La Taverna della Cerqua


È molto importante per me questo libro perché riguarda Cercola, il paese di origine della mia famiglia, e perché è stato scritto da Giorgio Mancini, una persona che ho conosciuto e stimato.
Diverse pagine de “La Taverna della Cerqua. Viaggio lungo quattro secoli nella storia di Cercola” le conoscevo già, perché erano state al centro di conversazioni avute con l’Autore oppure perché frutto di ricerche che negli anni Novanta avevo svolto presso l’Archivio Storico della Diocesi di Napoli. Ci sono però anche due “pagine” che ho letto con attenzione ed emozione, perché riguardano episodi raccontatimi da mio padre. Il primo episodio[1]  riguarda una tragedia ferroviaria avvenuta il 20 dicembre 1941 nella stazione di Cercola con la morte di 25 persone, tra cui una cugina di mio padre.
Il secondo episodio, invece, fa parte della drammatica rappresaglia eseguita il 29 settembre del 1943 dalle truppe tedesche, come “risposta” ad alcune azioni partigiane: sia a Ponticelli (quartiere periferico della città di Napoli) che in diverse strade del comune di Cercola, i soldati germanici catturarono molti passanti fucilandoli sul posto. In molti casi entrarono anche nelle abitazioni per arrestare a trascinare all’esterno giovani che non avevano alcun legame con i partigiani, per poi ucciderli sulla strada. Tra queste vittime ci furono anche i fratelli Carmine e Giovanni Maione[2] che furono catturati in casa mentre si accingevano a pranzare: portati in strada furono uccisi alle spalle. Quando il padre dei due giovani seppe della tragica uccisione dei propri figli si procurò un carretto e con questo trasportò le salme al cimitero. Ancora fino a qualche anno fa mio padre, che all’epoca aveva circa tredici anni, ricordava con le lacrime agli occhi l’immagine di quest’uomo che tirava il carretto con i cadaveri dei figli.
 La Taverna della Cerqua. Viaggio lungo quattro secoli nella storia di Cercola, rappresenta per me un piccolo tesoro: ben scritto e ben documentato è una inesauribile fonte di informazioni e ricordi che fanno parte di tutte le persone che, a vario titolo, hanno un legame con la comunità cercolese.



[1] Vedi p. 176.
[2] Vedi p. 435.

venerdì 13 settembre 2019

Vincitori del concorso ANPAL, Appello al Presidente della Repubblica

Dal 2011 è attiva l'Associazione culturale "Nizza italiana" che ha tra i suoi obbiettivi anche quello di sensibilizzare l'opinione pubblica su problemi sociali ed economici (art. 4 dello Statuto). Con l'amico Agostino La Rana ho scritto la lettera che segue:


Ill.mo Signor Presidente
della Repubblica Italiana
Prof. Sergio Mattarella

Le scriviamo per sollecitare un Suo autorevole intervento presso il Presidente della Regione Campania che, ad oggi, si rifiuta di firmare la convenzione tra Regione Campania e ANPAL, atto che consentirebbe l’assunzione a tempo determinato per 471 vincitori del concorso. Attualmente la Regione Campania è l’unica a non aver ancora sottoscritto la convenzione e ciò è davvero singolare se si pensa che la metropoli di Napoli, così come le province ad essa limitrofe, è l’emblema della disoccupazione in Italia.
Chi conosce la Legge 28 marzo 2019 n. 26 sa che essa consente a persone che hanno un reddito insufficiente di ottenere dallo Stato un concreto sostegno per entrare a pieno titolo o per reinserirsi nel mondo del lavoro anche grazie al tutoraggio dei cosiddetti “navigator”, e questi ultimi, sempre grazie alla Legge sopra citata, avranno l’occasione per guadagnarsi dignitosamente uno stipendio svolgendo un’attività lavorativa qualificante. Al di là delle nostre personali valutazioni su chi ha elaborato e voluto la Legge sopra citata, bisogna riconoscere che essa rappresenta un passo avanti decisivo per poter realmente affermare che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro.
Siamo certi, signor Presidente, che Lei prenderà a cuore le attese dei nostri concittadini in Campania che confidano in questa Legge per cambiare la propria situazione economica ed esistenziale.

Dott. Carlo Silvano (presidente Associazione culturale "Nizza italiana")
Avv. Agostino La Rana(vicepresidente dell'Associazione culturale "Nizza italiana")

Villorba, lì 9 settembre 2019

sabato 20 ottobre 2018

Don Luigi Storino: 1918 - 2018


Dalla pagina di facebook di don Emilio Mellone prendo due foto che propongo qui e che riguardano don Luigi Storino, nato il 2 giugno del 1918 e morto il 13 novembre 1975. Don Luigi Storino è stato parroco di Pollena a cavallo del Concilio Vaticano II: un periodo particolarmente importante e fecondo per la Chiesa cattolica.

A don Luigi ho già dedicato un breve post che si può leggere al seguente indirizzo: don Luigi Storino  

Ecco le foto:


da sx verso dx: don Emilio Mellone, card. Corrado Ursi (arcivescovo di Napoli), il segretario-cerimoniere del cardinale e don Luigi Storino



Anche in questa foto scattata ai piedi della scala del sagrato della chiesa di San Giacomo Apostolo si possono vedere: don Emilio Mellone (primo a sx), col card. Corrado Ursi (arcivescovo di Napoli), il segretario e cerimoniere del cardinale e, a dx, don Luigi Storino.