Pollena Trocchia –
Lo scorso 12 luglio ho conosciuto di persona il prof. Ciro Teodonno,
docente presso una scuola media e da anni appassionato cultore del complesso
montuoso costituito dal monte Somma e dal vulcano Vesuvio. Nella
nostra conversazione si saltava facilmente da un argomento all'altro,
anche se tutti collegati alla necessità di salvaguardare e
promuovere il patrimonio naturalistico che si esprime attraverso il
Parco nazionale del Vesuvio. Qui di seguito presento una prima
intervista rilasciatami da Ciro Teodonno riguardante i luoghi della
mia infanzia.
Prof. Teodonno,
attualmente come si presentano i sentieri che dai centri abitati di
Trocchia, Pollena, Massa di Somma e San Sebastiano al Vesuvio
conducono nel Parco nazionale del Vesuvio?
Esiste una rete
ufficiale di sentieri che dovrebbe collegare le varie aree che
compongono il Parco Nazionale del Vesuvio. A questi 11 sentieri
ufficiali si aggiungono una miriade di sentieri alternativi e,
spesso, complementari a quelli ufficiali che permettono di
raggiungere, senza toccare asfalto, qualsiasi angolo del Vulcano; ma
per questi è opportuna una maggiore conoscenza del territorio,
perché il mutare delle stagioni, e purtroppo il progressivo
abbandono di quelli che una volta erano i tragitti dei contadini, li
rendono talvolta poco leggibili e percorribili. Stesso destino accade
purtroppo per la sentieristica ufficiale che, nonostante la sua
ottima progettazione, che ha seguito la storicità di alcuni percorsi
e ha applicato le più moderne tecniche di ingegneria naturalistica,
permane anch'essa in uno stato di abbandono quasi totale, mancando al
Parco, oltre i fondi necessari, anche chi possa occuparsi della
manutenzione ordinaria e straordinaria di questi spettacolari
percorsi naturalistici. Alcuni sentieri mantengono, però, il loro
fascino e, opportunamente guidati, possono mostrare una volto
sconosciuto del Somma-Vesuvio e posseggono un sicuro valore
paesaggistico e naturalistico. Tra questi, escludendo lo scontato e
ultra visitato Gran Cono, suggerirei su tutti il numero 3,
quello che segue l'antica strada delle baracche, lungo le
pendici della caldera del Somma e il numero 2, che, invece,
porta sulle creste dello stesso, i cosiddetti Cognoli, con
panorami indimenticabili verso il Vesuvio e sulla Valle dell'Inferno,
dove si potranno ammirare le più recenti lave del 1944, ovvero
quelle dell'ultima eruzione. Più nello specifico, per i comuni di
Pollena Trocchia e Massa esiste una fitta e interessantissima rete di
percorsi rurali che gradualmente si inoltrano nella montagna. Questi
erano appunto quei tragitti segnati dall'alacre lavoro dei contadini
vesuviani che salivano le pendici del Somma per raccogliere la legna
per il fuoco o le erbe per gli animali dell'aia. Uno di questi, dal
particolare interesse, è quello dell'Alveo del Molaro, a
Massa di Somma, nel quale è ancora possibile scorgere l'antico
sistema di imbrigliameto delle acque piovane e che rientrava in quel
grande sistema di irregimentazione delle acque che i Borbone avevano
progettato, e che comprendeva anche i famosi Regi Lagni.
Esiste poi il percorso di connessione creato dal Parco, il cosiddetto
sentiero della Castelluccia, parallelo a quello delle
Capre, dove in passato si sperimentò l'allevamento della capra
vesuviana. I due tragitti sono limitrofi al Molaro, e tutti e
tre, attraverso il bosco omonimo, conducono al sentiero numero 3. I
tre sentieri sono percorribili in inverno, ma di difficile
interpretazione durante la stagione estiva. Stessa logica vale per il
bel sentiero che conduce alle Chianatelle, una delle rare
polle d'acqua presenti nel complesso vulcanico.
Qual è il periodo
migliore dell'anno per visitare il parco partendo dai centri sopra
menzionati?
In teoria, tutti i
percorsi che partono dai 13 comuni che compongono la comunità del
Parco Nazionale del Vesuvio sarebbero percorribili in tutte le
stagioni ma, al contrario di quanto si possa pensare e a causa della
scarsa manutenzione dei percorsi, il periodo migliore per visitarli è
l'inverno, non la primavera e ancor meno l'estate, quando la folta
vegetazione, ricca soprattutto di rovi, ne rende impraticabile
l'attraversamento.
Quali sono le
peculiarità della fauna che si incontra seguendo i sentieri del
Parco?
La fauna autoctona è
stata fortemente avversata dalla forte antropizzazione del Vesuviano
e questo non da oggi, ma da sempre. Quindi, in particolar modo le
specie terricole, quali volpi, donnole, faine e l'ormai probabilmente
estinto tasso, non avendo altro sbocco a valle per l'anello
indissolubile composto dai centri abitati ed oggi limitati
ulteriormente da quell'insormontabile barriera che è la SS 268, si
sono considerevolmente ridotte di varietà e numero. Caso leggermente
diverso per le specie avicole che per fortuna hanno potuto trovare
altri sbocchi e si rinnovano grazie al mezzo in cui si muovono; per
cui cardellini, quaglie, beccacce, merli, ghiandaie, gheppi, poiane,
upupe, assioli, gufi, civette e tutta una moltitudine di uccelli,
bracconieri permettendo, allietano la nostra realtà naturale. Per
quel che riguarda le altre specie animali esistono chirotteri, i
pipistrelli per intenderci, ed altri piccoli mammiferi, come il topo
quercino e il ghiro.
E tra gli insetti?
Abbiamo una grande
varietà di farfalle dove spiccano il macaone (papilio machaon)
e il podalirio (iphiclides podalirius) per la loro bellezza.
Ci sono anche anfibi?
Sì, è attestata, infatti, sia la presenza della rana smeraldina (bufus viridis) che la salmandra dagli occhiali (salamandrina terdigitata).
Quali sono, invece, i rettili presenti nell'area del Parco?
C'è il cervone (elaphe quatuorlineata), molto diffuso è il biacco (coluber viridiflavus) e ovviamente la vipera (vipera aspis). Purtroppo, e per quel che io ne sappia, sono queste tutte specie comuni nel resto d'Italia e quindi almeno da questo punto di vista non ci troviamo al cospetto di rarità biologiche.
Ci sono anche anfibi?
Sì, è attestata, infatti, sia la presenza della rana smeraldina (bufus viridis) che la salmandra dagli occhiali (salamandrina terdigitata).
Quali sono, invece, i rettili presenti nell'area del Parco?
C'è il cervone (elaphe quatuorlineata), molto diffuso è il biacco (coluber viridiflavus) e ovviamente la vipera (vipera aspis). Purtroppo, e per quel che io ne sappia, sono queste tutte specie comuni nel resto d'Italia e quindi almeno da questo punto di vista non ci troviamo al cospetto di rarità biologiche.
valeriana rossa
E per quanto riguarda
la flora?
Per la flora, come il
cardellino è l'animale simbolo del Parco, così abbiamo la valeriana
rossa, diffusissima da maggio a luglio, ma la vera ricchezza
sconosciuta del Parco sono le sue orchidee che a primavera inoltrata,
specie se umida e piovosa, sorprendono l'escursionista con la loro
quantità e varietà. A giugno lungo le pendici del Somma è diffuso
il giglio martagone, detto anche giglio di San Giovanni per sbocciare
intorno alla data della commemorazione del santo battista. Diffusa la
ginestra nelle sue tante varietà, particolarmente spettacolare
quella dell'Etna, portata sul Vesuvio dai Borbone, che raggiunge lo
stato arboreo nella Valle dell'Inferno. Presente l'elicriso con i
suoi capolini, e il muscari in primavera. L'autunno è il regno dei
fungaioli...
Fungaioli? Intende i
micologi?
Per favore, non
chiamiamoli micologi perché in buona parte non meritano altro
appellativo che quello di razziatori!
Ho capito...
ritornando alla flora, quali sono gli alberi più diffusi?
Sono ovviamente i pini
domestici e marittimi, ma ne esistono moltissime specie, come quello
nero e quello d'Aleppo. Diffuse le querce, in particolar modo il
leccio, la roverella e il cerro. Particolarmente diffuse, quali
piante infestanti, abbiamo la robinia (robinia pseudo acacia)
e l'ailanto (ailanthus altissima) 'e fetusi come
vengono più comunemente conosciuti nei dialetti locali. Un caso a
parte lo si può dare allo stereocalulon vesuvianum un lichene che
colonizza per primo le lave e che con la sua azione lentissima, ma
inesorabile, le sgretola creando l'humus necessario alle altre specie
colonizzatrici dei flussi lavici.
Come ultima domanda
le chiedo come si presentano - agli occhi dei turisti - i conetti del
Vesuvio esistenti nella zona del Carcavone a Pollena.
I conetti preistorici
del Carcavone sono un'emergenza molto interessante dal punto
di vista geologico e per chi vuole avvicinarsi al Vulcano anche da un
punto di vista più scientifico. Se ben ricordo, i conetti sono tre,
ma non sono di facile interpretazione, è opportuno quindi recarsi
sul posto con gli esperti geologi che volontariamente guidano i
turisti e gli escursionisti in quel luogo. Oggi, per fortuna, il
Carcavone o per lo meno la parte relativa ai conetti, è stato preso
in affidamento da un'associazione di Pollena Trocchia che si chiama
Liberi Pensieri e che, oltre a guidare gli interessati, tutela quello
spazio dagli scarichi abusivi e, soprattutto, dallo scempio edilizio
presente e facilmente riscontrabile leggermente più a valle del
sito.
(a cura di Carlo
Silvano)
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