venerdì 31 gennaio 2025

Papa Benedetto XVI, Verità e amore

 


Nel suo volume intitolato “Verità e amore”, a pagina 31, papa Benedetto XVI scrive:
 
Il Vangelo di Marco (1,29-31) riporta un episodio molto simpatico, molto bello ma anche pieno di significato. Il Signore si reca alla casa di Simon Pietro ed Andrea e trova ammalata con febbre la suocera di Pietro; la prende per mano, la solleva e la donna è guarita e si mette a servire. In questo episodio appare simbolicamente tutta la missione di Gesù. Gesù venendo dal Padre si reca nella casa dell'umanità, sulla nostra terra e trova un'umanità ammalata, ammalata di febbre, di quella febbre che sono le ideologie, le idolatrie, la dimenticanza di Dio”.
 
A mio avviso, l’episodio evangelico della guarigione della suocera di Pietro (Marco 1,29-31) viene interpretato, da papa Benedetto XVI, con una profondità teologica che rivela la straordinaria spiritualità e cultura del Pontefice. Egli vede in questo semplice racconto un simbolo dell’intera missione di Gesù: Cristo entra nella “casa dell'umanità” trovandola malata, afflitta da “febbre” intesa come ideologie, idolatrie e dimenticanza di Dio.
 
Questa lettura allegorica dimostra la capacità di Benedetto XVI di collegare le Scritture alla condizione umana contemporanea. La “febbre” rappresenta le distorsioni spirituali e morali che allontanano l’uomo dalla verità divina. Gesù, prendendo per mano la suocera di Pietro e risollevandola, simboleggia l’azione salvifica che libera l’umanità dalle sue infermità spirituali, restituendole la capacità di servire e amare.
 
Questo approccio riflette la profonda convinzione di Benedetto XVI sull’importanza di unire verità e amore nella vita cristiana. Nel suo magistero, ha spesso sottolineato che il vero senso della vita risiede nella ricerca della verità e nel dono di sé attraverso l’amore. Per raggiungere questa meta, è essenziale affermare il primato di Dio nella propria esistenza.
 
Da osservare che la scelta stessa del nome “Benedetto” da parte di Joseph Ratzinger, al momento della sua elezione al pontificato, riflette una profonda connessione con la spiritualità monastica e con san Benedetto da Norcia, patrono d’Europa. Questo legame evidenzia il suo desiderio di promuovere una sintesi tra fede e cultura, tradizione e modernità, elementi che hanno caratterizzato il suo pensiero teologico.
 
Inoltre, Benedetto XVI, durante il suo pontificato,ha affrontato con lucidità le sfide del relativismo nella società contemporanea, ribadendo la necessità di ancorare la pastorale ecclesiale alla verità del Vangelo. Ha evidenziato come il relativismo possa minare le fondamenta della fede, sottolineando l’importanza di una testimonianza cristiana autentica e coerente.
 
In sintesi, attraverso la sua esegesi del Vangelo e il suo magistero, papa Benedetto XVI ha dimostrato una profonda spiritualità e una vasta cultura, offrendo alla Chiesa e al mondo una visione teologica che unisce verità e amore, fede e ragione, tradizione e attualità. (Carlo Silvano)
 

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Il presente blog è curato da Carlo Silvano, autore di numerosi volumi. Per informazioni cliccare sul collegamento alla libreria Rizzoli: Libri di Carlo Silvano 
 

 


 

Carlo Silvano, Il ruolo fondativo della Divina Commedia

 

Oggi su Il Gazzettino di Treviso è stata pubblicata una mia lettera.
Ecco il testo integrale:
 
Egregio Direttore,
scrivo per partecipare al dibattito sul futuro culturale e identitario del nostro Paese, e a tal fine ritengo essenziale riscoprire il ruolo fondativo di Dante Alighieri e della sua “Divina Commedia”. L’opera, universalmente riconosciuta come uno dei vertici della letteratura mondiale, non è solo un capolavoro poetico, ma anche una profonda riflessione sull’essenza dell’Italia come entità spirituale e culturale, ben prima che politica.
Attraverso il suo viaggio tra Inferno, Purgatorio e Paradiso, Dante non parlò solo alla sua epoca, ma gettò le basi per un’identità italiana radicata nei valori universali della giustizia, della conoscenza e della bellezza. Pur vivendo in un’Italia divisa in comuni e signorie, il poeta guardò oltre i confini territoriali, riconoscendo nella lingua e nella cultura un collante capace di superare le divisioni. La scelta del volgare italiano, in un momento in cui il latino dominava, fu un atto rivoluzionario: Dante creò uno spazio comune in cui tutti gli italiani, al di là delle differenze regionali, potevano riconoscersi.
Oggi, in un mondo sempre più frammentato e globalizzato, riscoprire la lezione di Dante significa ricordare che l’unità di un popolo nasce prima di tutto dalla condivisione di una cultura, di una visione del mondo. È questa l’Italia che il Sommo Poeta ci invita a costruire: una patria che trova il suo fondamento nella profondità del pensiero e nella ricchezza dell’anima.
Cordiali saluti,
Carlo Silvano (Villorba)

giovedì 30 gennaio 2025

Papa Francesco e i migranti, non possiamo depredare i Paesi poveri togliendo loro preziose risorse umane

 

 
Sul quotidiano "Il Gazzettino di Treviso" è stata pubblicata (23 gennaio 2025) una mia lettera riguardante papa Francesco e i migranti...

 
Ecco il testo:
 
Egregio Direttore,
 
come cattolico convinto e praticante desidero esprimere alcune riflessioni in merito alle recenti dichiarazioni di papa Francesco sui migranti. Durante un'intervista televisiva, il Pontefice ha affermato che l’Italia, con un'età media di 46 anni e un basso tasso di natalità, dovrebbe accogliere più migranti per compensare questo squilibrio demografico. 
 
Pur riconoscendo l’importanza del messaggio evangelico di accoglienza, ritengo che il Papa, in qualità di guida spirituale, dovrebbe evitare di intervenire direttamente in questioni politiche complesse. Tali affermazioni possono generare confusione tra i fedeli e influenzare dibattiti che richiedono soluzioni pragmatiche e condivise. 
 
Incoraggiare l'immigrazione si traduce nel continuare a depredare i Paesi in via di sviluppo: oltre a togliere loro le ricchezze naturali, li deprediamo anche prendendoci le loro risorse umane.
 
A mio avviso è fondamentale promuovere condizioni che permettano a ogni persona di costruire il proprio futuro nella terra d’origine, affrontando le cause profonde delle migrazioni forzate. L’integrazione di un numero elevato di migranti, soprattutto se di stili di vita e visioni politiche diverse da quelle occidentali, può presentare sfide significative, soprattutto quando le risorse e le infrastrutture locali sono limitate.
 
Infine, il problema della denatalità in Italia è complesso e richiede politiche mirate a sostenere le famiglie e incentivare le nascite. Affidarsi esclusivamente all’immigrazione come soluzione potrebbe non affrontare adeguatamente le radici del problema demografico nazionale.
 
La ringrazio per l’attenzione e porgo cordiali saluti.
Carlo Silvano (Villorba)
 

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Carlo Silvano è autore di numerosi volumi. Per informazioni cliccare sul collegamento alla libreria Rizzoli: Libri di Carlo Silvano

venerdì 3 gennaio 2025

Napoli, occorre risanare la città

 


Stupro nella baraccopoli:

un dramma che richiede un intervento immediato

Napoli – Ancora una volta, il dramma del degrado urbano si intreccia con la cronaca nera, mettendo in luce una situazione ormai insostenibile. Nella notte, una donna di 30 anni è stata aggredita e violentata nei pressi della baraccopoli improvvisata situata tra la strada e i cancelli che delimitano il porto industriale, a pochi passi dall’ex mercato ittico. A dare l’allarme è stata una telefonata al 112, che ha permesso ai carabinieri della sezione radiomobile di intervenire prontamente.

Secondo quanto raccontato dalla vittima, in evidente stato di choc, l’aggressore è un uomo di 37 anni, originario del Ghana e già noto alle forze dell’Ordine. Grazie alle sue indicazioni, i militari sono riusciti ad arrestare il colpevole, che risulta essere un senzatetto residente nella stessa baraccopoli dove si è consumata la violenza. La donna è attualmente sotto osservazione in ospedale, mentre il quartiere si interroga su quanto accaduto.

Una ferita aperta per la città

La baraccopoli, ormai radicata in questa zona già segnata da un profondo degrado, rappresenta da tempo un problema non solo sociale, ma anche di sicurezza. Residenti e comitati locali denunciano da tempo la situazione, segnalando episodi di furti, risse e atti di vandalismo, in un clima di crescente tensione. Le richieste di intervento all’Amministrazione municipale sono rimaste finora inascoltate, aggravando ulteriormente il senso di abbandono percepito dalla comunità locale.

L’urgenza di un intervento

Questa tragedia è l’ennesimo campanello d’allarme che non può più essere ignorato. La presenza di una baraccopoli, radicata in un'area densamente popolata, è un segnale di una città che fatica a gestire le proprie emergenze sociali e abitative. Ma, soprattutto, è un rischio concreto per la sicurezza e la dignità di chi vive nelle vicinanze o transita in quelle zone.

È imperativo che l'Amministrazione municipale agisca senza ulteriori indugi per smantellare la baraccopoli, avviando contestualmente programmi di reinserimento sociale e offrendo soluzioni abitative dignitose per le persone che vi risiedono. L’inerzia non è più un’opzione: lasciare che simili situazioni perdurino significa tollerare un livello di insicurezza e di degrado incompatibili con i valori di una città moderna e civile.

Il ruolo delle istituzioni

Non si tratta solo di sgomberare un’area, ma di affrontare un problema complesso che richiede coordinamento tra istituzioni, forze dell’ordine e servizi sociali. Un intervento strutturale e pianificato potrebbe rappresentare l’inizio di un percorso di rigenerazione urbana e sociale per questa zona di Napoli, restituendo dignità sia ai residenti che alle persone più vulnerabili.

Un monito per il futuro

Questo episodio drammatico deve servire da monito. Non è più possibile ignorare le richieste di aiuto che arrivano dai cittadini e le evidenti problematiche che nascono dal degrado. Ogni giorno che passa senza un intervento concreto aumenta il rischio di ulteriori tragedie. Napoli merita di più: sicurezza, rispetto e un’Amministrazione municipale che sappia agire con responsabilità e visione. (Carlo Silvano)

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giovedì 2 gennaio 2025

Viabilità, occorre bonificare e sanificare

 

Le strade statali e regionali dell’area metropolitana di Napoli, in particolare quelle nella zona vesuviana, rappresentano infrastrutture fondamentali per la mobilità. Tra queste, la Strada Statale 162, che collega i paesi vesuviani al nodo autostradale di corso Malta, è uno degli assi viari principali. Tuttavia, queste strade soffrono di problemi ambientali, con numerose segnalazioni di abbandono di rifiuti e vegetazione non curata che peggiorano il degrado dell’area​.

Lungo queste arterie, soprattutto in zone limitrofe al Vesuvio, si osservano cumuli di rifiuti di varia natura: materiale edile, plastica, vetro e anche resti di incendi dolosi. Il problema è aggravato dalla presenza di discariche abusive e dal mancato utilizzo di fondi stanziati per la bonifica. Nonostante iniziative e finanziamenti (come i milioni assegnati dal Ministero dell’Ambiente per interventi di risanamento), molte operazioni promesse non sono mai state completate, lasciando irrisolta la questione del risanamento ambientale e della sicurezza​ (vedi “Il Giornale.it).


La presenza di rifiuti e rovi lungo le strade non è solo un problema di decoro, ma anche di sicurezza stradale e sanitaria. Questi accumuli, spesso soggetti a incendi, generano roghi tossici e minacciano l’integrità del paesaggio naturale, in particolare quello del Parco nazionale del Vesuvio.

 


È essenziale avviare programmi sistematici di pulizia e bonifica, che includano la rimozione dei rifiuti e la cura della vegetazione. Questi interventi non solo ridurrebbero l’impatto ambientale, ma migliorerebbero anche la vivibilità e l’attrattiva turistica dell’area, preservando un patrimonio naturale unico al mondo. Solo attraverso un impegno congiunto di istituzioni locali e cittadini si potrà contrastare il degrado e restituire dignità a queste importanti aree. (Carlo Silvano)

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sabato 30 novembre 2024

Ti sono perdonati tutti i peccati: ora va e continua a peccare!

Ti sono perdonati tutti i peccati:
ora va e continua a peccare!
 
Nel Vangelo troviamo due incontri emblematici che mostrano la relazione di Gesù con i peccatori: il dialogo con il giovane ricco e l’episodio della donna adultera. Entrambi rivelano l’equilibrio perfetto tra misericordia e giustizia, una lezione attuale per il cristiano di ogni epoca.
 
Il giovane ricco: un invito rifiutato
Quando il giovane ricco chiede a Gesù cosa debba fare per avere la vita eterna, riceve una risposta che lo invita a un totale affidamento: “Vendi tutto quello che hai e seguimi”. La sua tristezza nel rifiutare questa proposta mostra quanto sia difficile rinunciare agli idoli materiali per abbracciare il cammino di Dio. Gesù non lo rincorre né gli attenua le richieste, ma rispetta la sua scelta, mostrando che il vero discepolato richiede una decisione libera e radicale (Mt 19,16-22; Mc 10,17-22).
 
La donna adultera: perdono e conversione
Diverso è l’approccio con la donna adultera (Gv 8,1-11). Quando viene portata davanti a Gesù, Egli disarma gli accusatori con la famosa frase: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Tuttavia, il perdono che concede alla donna non è una giustificazione del peccato. Gesù le dice: “Va’ e non peccare più”, invitandola a una vita nuova, lontana dal male.
 
Un messaggio per il presente
Oggi, alcuni cristiani sembrano aver travisato il messaggio evangelico, promuovendo un’accettazione incondizionata del peccato con l’idea che “tutti andremo in paradiso”. Questo atteggiamento, apparentemente compassionevole, rischia di minare sia la salute morale della società sia la salvezza delle anime. Gesù, invece, dimostra che misericordia e giustizia non sono opposti: Egli accoglie i peccatori, ma li invita sempre a cambiare vita e la vita del peccatore non cambia con una scatola di cioccolatini e con un mazzo di fiori.
In un’epoca in cui il relativismo morale dilaga, i cristiani sono chiamati a seguire l’esempio di Gesù: offrire perdono e accoglienza, ma anche proclamare con fermezza la verità del Vangelo. Come Gesù non ha mai sminuito la gravità del peccato, così i credenti devono indicare con amore e chiarezza la strada della conversione, per il bene della società e la salvezza eterna di ogni individuo. (Carlo Silvano)
 

 

venerdì 29 novembre 2024

Un matrimonio stabile? Non è questione di fortuna...

Il matrimonio si basa sulla fortuna? Secondo "qualcuno" sono fortunate le persone che vivono un matrimonio stabile. No. Non è così! Il matrimonio non “funziona” grazie alla fortuna, e nemmeno con i soldi e l’aspetto esteriore. Un matrimonio “funziona” quando c'è fedeltà, quando ci sono valori e obiettivi condivisi, e soprattutto quando come coppia si accettano i sacrifici che la vita familiare ci "impone"... Qui di seguito alcune note personali.
 
La grazia del matrimonio: fedeltà, sacrificio e valori condivisi
 
Nel mondo odierno, dove la cultura del “tutto e subito” sembra dominare le relazioni, il matrimonio stabile e duraturo può apparire come una rara fortuna. Tuttavia, secondo il Vangelo e il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), il matrimonio non è un gioco d’azzardo o un risultato di circostanze favorevoli. Non è il prodotto della sorte, del benessere economico o dell’aspetto fisico, bensì un percorso d’amore, fedeltà e sacrificio, sostenuto dalla grazia divina.
 
Il matrimonio: vocazione e sacramento
 
Il matrimonio, per i cristiani, è una vocazione. Gesù, nel Vangelo, sottolinea la sacralità del matrimonio quando afferma: «Dunque l’uomo non divida ciò che Dio ha congiunto»(Matteo19,6). Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC 1601) lo definisce come un sacramento attraverso cui un uomo e una donna instaurano un’alleanza per tutta la vita, orientata al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione dei figli.
Non è quindi un patto umano basato sulle emozioni mutevoli, ma un impegno sacro sostenuto dalla grazia dello Spirito Santo. La stabilità matrimoniale non deriva dal caso, ma dalla scelta quotidiana di vivere secondo i principi evangelici.
 
Fedeltà: il fondamento dell’amore
 
La fedeltà è il pilastro del matrimonio cristiano. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù dice: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi»(Gv 15,12). Questo amore fedele richiede un dono totale di sé, che non si limita ai momenti di felicità, ma si estende anche alle difficoltà.
Il Catechismo ribadisce che la fedeltà è essenziale per la stabilità matrimoniale e rappresenta una risposta alla fedeltà di Dio verso l’umanità (CCC 2364). Essere fedeli significa costruire un rapporto basato sulla fiducia reciproca, che permette di affrontare insieme le sfide.

 
Valori e obiettivi condivisi
 
Un matrimonio duraturo si fonda su valori comuni e su una visione condivisa della vita. I coniugi sono chiamati a crescere insieme, a supportarsi nella fede e a cercare il bene reciproco. Paolo, nella Lettera ai Colossesi, esorta: «Rivestitevi dunque di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza»(Colossesi3,12).
La condivisione degli obiettivi va oltre gli aspetti materiali o professionali. Include il cammino spirituale e l’impegno a vivere i valori evangelici nella quotidianità. In questo modo, il matrimonio diventa una vera “chiesa domestica” (CCC 1656), dove si vive e si trasmette la fede.
 
Il sacrificio: amore che si dona
 
Il sacrificio è il cuore del matrimonio cristiano. Gesù stesso ha dimostrato che il vero amore è sacrificio: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici»(Giovanni15,13). Allo stesso modo, i coniugi sono chiamati a mettere da parte l’egoismo e a donarsi completamente l’uno all’altro.
Questo non significa soffrire passivamente o annullarsi, ma scegliere ogni giorno di amare anche quando è difficile. Il sacrificio si esprime nel perdono, nella pazienza e nella capacità di rinunciare a sé per il bene dell’altro.
 
La Grazia che sostiene il matrimonio
 
Nessuno può vivere pienamente la vocazione matrimoniale senza l’aiuto della grazia divina. Il matrimonio, come sacramento, offre una partecipazione alla grazia di Cristo che rafforza l’amore umano e lo eleva a segno visibile dell’amore di Dio (CCC 1642). La preghiera comune, la partecipazione all’Eucaristia e l’affidamento a Dio sono strumenti indispensabili per superare le difficoltà.
 
Conclusione: una scelta quotidiana di amore
 
Un matrimonio stabile non è il frutto della fortuna, ma il risultato di una scelta quotidiana di vivere l’amore secondo il Vangelo. Fedeltà, valori condivisi e sacrificio sono i pilastri che rendono possibile questa stabilità. Con la grazia di Dio, i coniugi possono trasformare le difficoltà in opportunità di crescita e testimoniare al mondo la bellezza del vero amore cristiano.
Così, il matrimonio diventa non solo un legame umano, ma un segno visibile del mistero di Cristo e della sua Chiesa, una luce che illumina il cammino della vita coniugale. (Carlo Silvano)