
(il monte Somma)
In
paese tutti lo chiamavano Giggino. Era il vezzeggiativo del suo nome.
Giggino quando era ragazzo, Giggino quando faceva l’operaio in una
raffineria, Giggino quando nelle discussioni che si svolgevano nella
locale sezione del Partito comunista faceva interventi che nessuno
capiva perché contorti e fuori tema, e ora che era pensionato e
faceva l’assessore alla Nettezza urbana lo chiamavano ancora
Giggino.
Il
“muro di Berlino” era caduto solo da qualche anno e le tessere
del PCI che nella
sua lunga vita Giggino
aveva raccolto anno dopo anno, erano finite tutte in un cassetto
chiuso a chiave di
una scrivania.
Con una lista civica guidata da un avvocato
che in paese conoscevano tutti, erano state vinte le elezioni
amministrative e Giggino si era ritrovato a fare l’assessore, ed
era assessore anche quella tiepida mattina di giugno quando, seduto
davanti a un tavolino del “Caffè Rossini”, contemplava il monte
Somma che gli stava davanti.
-
“Buongiorno Giggino”, disse ad un tratto il signor F.P., titolare
dell’azienda che in paese aveva vinto l’appalto per la raccolta e
lo smaltimento dei rifiuti urbani.
Giggino
si voltò verso F.P. e sorrise.
-
“Ho ordinato il caffè e un cornetto anche per lei, signor
assessore”, affermò F.P.
-
“Hai fatto bene… hai fatto proprio bene”, rispose Giggino e
aggiunse un altro sorriso.
F.P.
era una persona pratica, uno che non si perdeva in inutili giri di
parole, e così andò subito al cuore della questione, e disse:
-
“Assessore, io per darvi i soldi che mi avete chiesto devo
licenziare un padre di famiglia”.
Giggino
non si scompose. Le lunghe discussioni fatte nella sezione del
Partito Comunista Italiano lo avevano preparato bene ad affrontare
tutte le questioni che si potessero presentare quando si parlava di
politica, e dopo essersi bagnato le labbra con la lingua, rispose:
-
“Se è davvero un buon padre di famiglia troverà certamente un
altro lavoro per portare avanti i figli che ha voluto mettere al
mondo”, e così dicendo si accese una sigaretta.
F.P.
pur sapendo che l’assessore era un tipo duro e pronto a calpestare
tutto e tutti, provò
a giocare un’altra carta, e aggiunse:
-
“Per
darvi quei soldi io mi troverò con un operaio in meno e ciò farà
sorgere dei disservizi: la raccolta della spazzatura non potrà
essere sempre assicurata,
e la cittadinanza si lamenterà…”.
-
“Non ti preoccupare. Lascia stare. La gente non fa altro che
lamentarsi, e alle lamentele ci penso io. Quando ci saranno dei
sacchetti di spazzatura lasciati per strada, la gente verrà al
municipio, e al municipio ci stai tu o ci sono io? Ci sono io al
municipio, e allora tu non ti preoccupare. Magari qualche mese prima
delle future elezioni si fa il servizio di raccolta con più
attenzione, e così vai avanti tu con l’appalto e vado avanti io
con l’assessorato”.
F.P.
annuì amaramente
e concluse:
-
“Se le cose stanno così, aprite la portiera della vostra auto che
dietro al sedile vi lascio una busta con i soldi che mi avete
chiesto”.
-
“La portiera è già aperta e l’auto è quella di colore rosso
che sta davanti a noi”, e così dicendo indicò un auto a poche
decine di metri dal tavolino dov’erano seduti.
F.P.
si alzò fece un cenno di saluto e si avviò verso l’auto di colore
rosso, ma fece solo pochi passi che Giggino disse:
-
“Hai pagato il caffè?”.
F.P.
si voltò e rispose:
-
“Si, signor assessore: vi ho pagato il caffè e pure il cornetto”.
Giggino
sorrise soddisfatto e
per un attimo pensò a tutte quelle tessere di partito che stavano
ben chiuse in un cassetto.
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