Il monte Somma visto questa mattina dalla finestra della mia camera di Pollena...
sabato 28 dicembre 2013
giovedì 26 dicembre 2013
Contro il gioco illegale e... legale
Ieri - nella parrocchia dei Padri Salesiani di Portici - ho visto questo manifesto che propongo anche ai visitatori di questo blog con l'augurio che anche i Sindaci di Pollena Trocchia, Cercola, Massa di Somma e Sant'Anastasia aderiscano all'iniziativa.
domenica 8 dicembre 2013
Consiglio la lettura di un articolo a firma di Ciro Teodonno dedicato al problema dei rifiuti urbani tra San Sebastiano al Vesuvio e San Giorgio a Cremano. Ecco il link...
http://www.ilmediano.it/apz/vs_art.aspx?id=7670
http://www.ilmediano.it/apz/vs_art.aspx?id=7670
venerdì 18 ottobre 2013
Parco del Vesuvio, Non solo bellezze naturali...
Lo scorso mese di luglio, durante una visita all'Osservatorio vesuviano, percorrendo la strada provinciale che da Ercolano conduce al cratere del Vesuvio, sono rimasto sorpreso nel notare la presenza di alcune statue poste ai margini della strada. Si tratta di opere d'arte che, a mio avviso, poco o nulla hanno a che fare col paesaggio circostante ricco ginestre e pinete, con paesaggi mozzafiato del golfo di Napoli. Per sapere qualcosa su queste statue mi sono rivolto al prof. Ciro Teodonno, profondo conoscitore del Parco Nazionale del Vesuvio che mi ha rilasciato l'intervista che segue.
Prof. Teodonno, quando sono state collocate le statue che troviamo lungo la strada che conduce al Vesuvio?
Le statue, o meglio il museo all'aperto Creator Vesevo, come viene definito, vide la luce il 29 ottobre del 2005. Il direttore artistico dell'epoca, Jean-Noël Schifano, già direttore dell'Istituto Grenoble di Napoli, commissionò, assieme al comune di Ercolano, artisti di fama internazionale per l'allestimento lungo la Provinciale che conduce da Ercolano al Cratere.
In genere queste opere cosa rappresentano?
Le opere sono eterogenee per forma, per stile e per “contenuto” e rappresentano la visione in pietra lavica del Vulcano, la visione di ognuno degli artisti incaricati. Listening with eyes accoglie i turisti all'incrocio di via Vesuvio e via San Vito con la Provinciale, è una grande ciucciuvettola realizzata dall’olandese Mark Brusse, è l’opera che inaugura il percorso di Creator Vesevo.
Segue il Totem di Dimas Macedo; il terzo lavoro è L’Antenato di Velickovic, un enorme teschio appoggiato di lato e che sembra guardarti con orrore e ammonimento. Subito dopo è la volta de Il Tempo inesorabile del tedesco Grutzke.
Gli Occhi del Vesuvio, del napoletano Lello Esposito, rappresentano una grande maschera di Pulcinella, tema ricorrente dell'artista partenopeo. Abbiamo poi, presso un edificio di proprietà della Provincia e in passato anche sede di una sorta di “info-point” del Parco, Terra Vivax, dell’islandese Rùrì, unica donna tra gli artisti presenti.
In un tornante, il più volte imbrattato Torso del Vesuvio dello spagnolo Miguel Berrocal.
In faccia al Vesuvio di Denis Monfleur, mostra una famigliola pietrificata davanti alla maestosità del Vulcano o più probabilmente davanti alla barbarie dei vesuviani. Icaro, di Antonio Seguì, sconcerta i più per il suo aspetto ironicamente fumettistico e che inebetiti c'introduce al più classico L’angelo di fuoco, di Alexandros Fassianos.
Evitando giudizi che ognuno di noi può formulare su queste statue, ci si chiede, però, se ha un senso collocare all'interno di un parco naturale questo genere di opere. Lei cosa ne pensa?
In un Parco Nazionale dove lo Stato ha aperto discariche, e dove è tutt'ora latitante, è certo che l'impatto di quelle statue, per quanto opinabile per qualcuno, è da ritenersi nullo e certo non deleterio. Il problema è che le stesse opere sono state oggetto di atti vandalici e persistono in un contesto di estremo squallore. La storia è sempre la stessa, qualcuno decide di fare una cosa, si trovano i soldi per farla, perché per farsi belli i soldi si trovano sempre, ma poi, nessuno pensa a continuarla o, come in questo caso, nessuno decide di curarla. Ogni giorno i bus dei turisti salgono lungo la strada provinciale che ospita quelle sculture, e ogni giorno che nasce, dietro la sagoma azzurrognola del Cratere, la sua luce mostra al mondo intero quanto valga per noi il nostro patrimonio naturale e culturale; ogni angolo della strada, compresi quelli vicini alle statue, sono insozzati dai residui delle coppiette che lì si appartano. Rifiuti che il vento diffonderà e che ovviamente nessuno andrà mai a raccogliere.
Dunque, se dipendesse da lei, le farebbe rimuovere?
No! Non le farei rimuovere, non tutte mi piacciono, del resto l'arte si nutre di molta soggettività, ma tutto sommato in un paese normale queste starebbero anche bene sui margini di una strada e del resto, meglio quelle statue che i vecchi abusi edilizi, i ruderi, la monnezza, le discariche e quanto di peggio sappiamo offrire a chi ci viene a trovare.
(a cura di Carlo Silvano)
lunedì 19 agosto 2013
giovedì 8 agosto 2013
Alla ricerca delle sorgenti del Somma - Vesuvio
POLLENA TROCCHIA - Con questa nuova intervista al prof. Ciro Teodonno, si pone l'attenzione sulle sorgenti presenti sul Somma-Vesuvio. La scarsità d'acqua in superficie è accompagnata dalla poca attenzione da parte di chi dovrebbe assicurare una maggiore fruibilità dei sentieri che conducono sia alle sorgenti che in altri siti del Parco. Tra gli studiosi che hanno compiuto delle ricerche sulle sorgenti del Somma-Vesuvio, va annoverato lo storico Ambrogino Caracciolo, il quale, già nel 1932, pubblicava un libro dedicato all'origine di Pollena Trocchia e alle "disperse acque del Vesuvio". Oggi non solo occorrono maggiori informazioni sulle sorgenti esistenti sul Somma-Vesuvio, ma bisogna anche divulgare una maggiore conoscenza delle varie polle d'acqua proprio per valorizzare il Parco, ovvero un patrimonio che appartiene a tutti.
Prof. Teodonno, esiste un censimento delle sorgenti e polle d'acqua esistenti all'interno del parco nazionale del Vesuvio?
Per quello che ne so, no, ma potrei anche sbagliarmi, visto che di queste cose non se ne parla molto e gli studi a riguardo rimangono spesso nei cassetti di chi li fa e nessuno li divulga adeguatamente. C'è da dire che le persone che si interessano alla natura e al patrimonio culturale del nostro territorio, sono sempre meno.
Comunque, le sorgenti che al momento conosco, sono almeno tre: dell'Olivella, a Sant'Anastasia, che ha un minimo di affioramento e strutture che ne indicano un antico sfruttamento; ci sono poi le Chianatelle, che hanno una parte alta, oramai poco riconoscibile, e una più bassa raggiungibile da Pollena che è più facilmente riconoscibile; infine, esistono le redivive Gavete, a Somma Vesuviana, luogo a regime prevalentemente di stillicidio, che però è importante per la rivalutazione culturale di quel bel luogo, grazie anche all'opera di una “paranza” omonima, che il primo maggio di ogni anno celebra quel luogo in devozione alla Mamma Pacchiana delle Gavete.
Come si può spiegare la scarsità di fonti d'acqua all'interno del parco?
Le fonti d'acqua nel Parco Nazionale o, per meglio dire sul Somma/Vesuvio, si trovano prevalentemente sulla Caldera del Monte Somma. Innanzitutto per la sua esposizione settentrionale che le permette di captare i venti freddi e umidi provenienti da nord e di evitare l'evaporazione durante i mesi caldi. La stessa struttura del terreno e della vegetazione possono spiegare la maggiore presenza d'acqua, infatti, la folta boscaglia, composta in prevalenza di lecci, castagni e in qualche caso addirittura da betulle, ivi presente per le suddette cause, conserva e produce umidità.
Ovviamente il Gran Cono è tutt'altra storia, la porosità del terreno, dovuta all'inconsistenza del materiale piroclastico incoerente che lo compone in buona arte, permeabilizza il suolo, filtrando l'acqua, di conseguenza la forte evaporazione per l'esposizione a sud e l'assenza di vegetazione fa tutto il resto. Va detto, però, che dopo più di sessant'anni dall'ultima eruzione le specie colonizzatrici svolgono il loro incessabile lavoro di ripopolamento, anche sul cratere del Vesuvio e non è detto che nello spazio di molti anni, le cose non cambino anche lì.
Nei suoi studi lo storico Ambrogino Caracciolo accenna alla presenza di un fiume sotterraneo chiamato Veseri, o Vesere. Riguardo a questo corso d'acqua si tratta solo di una leggenda oppure ci sono elementi che, secondo lei, fanno pensare a una sua reale esistenza?
In genere nulla nasce dal caso e anche le leggende, popolari o non che siano, hanno appunto la loro base di verità. So che a San Sebastiano, per esempio, in zona via Figliola, esistono delle Polle d'Acqua sotterranee, alle quali ancora s'attinge. Infatti, sia i privati, per piscine e cisterne per il lavoro agricolo, sia il pubblico, con la GORI che ha posto lì delle pompe e delle cisterne, attingono a queste. È opinabile quindi che ce ne possano essere altre in altri luoghi e che in passato, se non ancora oggi, queste alimentassero dei corsi d'acqua, magari approfittando di qualche antica galleria lavica. È certo che molte delle acque “vesuviane” raggiungessero quell'intricato sistema idrico e idraulico che dal Somma arrivava alle porte di Napoli e col nome di Sebeto.
Le polle d'acqua da lei elencate sono tutte raggiungibili dai turisti con l'attuale sentieristica?
Volendo sì ma, come ho detto nella precedente intervista, la sentieristica vesuviana non gode di buona salute.
Come si presentano le "Chianatelle"?
Come ho prima accennato le Chianatelle si trovano a Pollena Trocchia e le si possono raggiungere seguendo un sentiero che nasce dal cosiddetto Lagno di Pollena. Queste sorgenti, per lo più ascrivibili a una piccola cisterna, si raggiungono lasciando il lagno per una via laterale che diventa un sentiero poco leggibile. Le antiche sorgenti, invece, quelle ormai secche e riconoscibili solo da una struttura muraria a mo' di pozzo, sono facilmente raggiungibili dal cosiddetto sentiero delle baracche, il numero tre del Parco Nazionale del Vesuvio. All'altezza di una vecchia cisterna, segnalata ancora da alcuni rami spezzati e da un nastro di plastica bianco e rosso. Si scende verso valle e con un po' di fortuna si scorgerà la vecchia struttura della sorgente. In entrambi i casi è opportuno affidarsi a qualcuno che conosce il territorio perché lo scorrere del tempo e le stagioni, rende sempre più difficile la loro identificazione.
(a cura di Carlo Silvano)
domenica 28 luglio 2013
Il Somma-Vesuvio visto da Pollena Trocchia, intervista a Ciro Teodonno
Pollena Trocchia –
Lo scorso 12 luglio ho conosciuto di persona il prof. Ciro Teodonno,
docente presso una scuola media e da anni appassionato cultore del complesso
montuoso costituito dal monte Somma e dal vulcano Vesuvio. Nella
nostra conversazione si saltava facilmente da un argomento all'altro,
anche se tutti collegati alla necessità di salvaguardare e
promuovere il patrimonio naturalistico che si esprime attraverso il
Parco nazionale del Vesuvio. Qui di seguito presento una prima
intervista rilasciatami da Ciro Teodonno riguardante i luoghi della
mia infanzia.
Prof. Teodonno,
attualmente come si presentano i sentieri che dai centri abitati di
Trocchia, Pollena, Massa di Somma e San Sebastiano al Vesuvio
conducono nel Parco nazionale del Vesuvio?
Esiste una rete
ufficiale di sentieri che dovrebbe collegare le varie aree che
compongono il Parco Nazionale del Vesuvio. A questi 11 sentieri
ufficiali si aggiungono una miriade di sentieri alternativi e,
spesso, complementari a quelli ufficiali che permettono di
raggiungere, senza toccare asfalto, qualsiasi angolo del Vulcano; ma
per questi è opportuna una maggiore conoscenza del territorio,
perché il mutare delle stagioni, e purtroppo il progressivo
abbandono di quelli che una volta erano i tragitti dei contadini, li
rendono talvolta poco leggibili e percorribili. Stesso destino accade
purtroppo per la sentieristica ufficiale che, nonostante la sua
ottima progettazione, che ha seguito la storicità di alcuni percorsi
e ha applicato le più moderne tecniche di ingegneria naturalistica,
permane anch'essa in uno stato di abbandono quasi totale, mancando al
Parco, oltre i fondi necessari, anche chi possa occuparsi della
manutenzione ordinaria e straordinaria di questi spettacolari
percorsi naturalistici. Alcuni sentieri mantengono, però, il loro
fascino e, opportunamente guidati, possono mostrare una volto
sconosciuto del Somma-Vesuvio e posseggono un sicuro valore
paesaggistico e naturalistico. Tra questi, escludendo lo scontato e
ultra visitato Gran Cono, suggerirei su tutti il numero 3,
quello che segue l'antica strada delle baracche, lungo le
pendici della caldera del Somma e il numero 2, che, invece,
porta sulle creste dello stesso, i cosiddetti Cognoli, con
panorami indimenticabili verso il Vesuvio e sulla Valle dell'Inferno,
dove si potranno ammirare le più recenti lave del 1944, ovvero
quelle dell'ultima eruzione. Più nello specifico, per i comuni di
Pollena Trocchia e Massa esiste una fitta e interessantissima rete di
percorsi rurali che gradualmente si inoltrano nella montagna. Questi
erano appunto quei tragitti segnati dall'alacre lavoro dei contadini
vesuviani che salivano le pendici del Somma per raccogliere la legna
per il fuoco o le erbe per gli animali dell'aia. Uno di questi, dal
particolare interesse, è quello dell'Alveo del Molaro, a
Massa di Somma, nel quale è ancora possibile scorgere l'antico
sistema di imbrigliameto delle acque piovane e che rientrava in quel
grande sistema di irregimentazione delle acque che i Borbone avevano
progettato, e che comprendeva anche i famosi Regi Lagni.
Esiste poi il percorso di connessione creato dal Parco, il cosiddetto
sentiero della Castelluccia, parallelo a quello delle
Capre, dove in passato si sperimentò l'allevamento della capra
vesuviana. I due tragitti sono limitrofi al Molaro, e tutti e
tre, attraverso il bosco omonimo, conducono al sentiero numero 3. I
tre sentieri sono percorribili in inverno, ma di difficile
interpretazione durante la stagione estiva. Stessa logica vale per il
bel sentiero che conduce alle Chianatelle, una delle rare
polle d'acqua presenti nel complesso vulcanico.
Qual è il periodo
migliore dell'anno per visitare il parco partendo dai centri sopra
menzionati?
In teoria, tutti i
percorsi che partono dai 13 comuni che compongono la comunità del
Parco Nazionale del Vesuvio sarebbero percorribili in tutte le
stagioni ma, al contrario di quanto si possa pensare e a causa della
scarsa manutenzione dei percorsi, il periodo migliore per visitarli è
l'inverno, non la primavera e ancor meno l'estate, quando la folta
vegetazione, ricca soprattutto di rovi, ne rende impraticabile
l'attraversamento.
Quali sono le
peculiarità della fauna che si incontra seguendo i sentieri del
Parco?
La fauna autoctona è
stata fortemente avversata dalla forte antropizzazione del Vesuviano
e questo non da oggi, ma da sempre. Quindi, in particolar modo le
specie terricole, quali volpi, donnole, faine e l'ormai probabilmente
estinto tasso, non avendo altro sbocco a valle per l'anello
indissolubile composto dai centri abitati ed oggi limitati
ulteriormente da quell'insormontabile barriera che è la SS 268, si
sono considerevolmente ridotte di varietà e numero. Caso leggermente
diverso per le specie avicole che per fortuna hanno potuto trovare
altri sbocchi e si rinnovano grazie al mezzo in cui si muovono; per
cui cardellini, quaglie, beccacce, merli, ghiandaie, gheppi, poiane,
upupe, assioli, gufi, civette e tutta una moltitudine di uccelli,
bracconieri permettendo, allietano la nostra realtà naturale. Per
quel che riguarda le altre specie animali esistono chirotteri, i
pipistrelli per intenderci, ed altri piccoli mammiferi, come il topo
quercino e il ghiro.
E tra gli insetti?
Abbiamo una grande
varietà di farfalle dove spiccano il macaone (papilio machaon)
e il podalirio (iphiclides podalirius) per la loro bellezza.
Ci sono anche anfibi?
Sì, è attestata, infatti, sia la presenza della rana smeraldina (bufus viridis) che la salmandra dagli occhiali (salamandrina terdigitata).
Quali sono, invece, i rettili presenti nell'area del Parco?
C'è il cervone (elaphe quatuorlineata), molto diffuso è il biacco (coluber viridiflavus) e ovviamente la vipera (vipera aspis). Purtroppo, e per quel che io ne sappia, sono queste tutte specie comuni nel resto d'Italia e quindi almeno da questo punto di vista non ci troviamo al cospetto di rarità biologiche.
Ci sono anche anfibi?
Sì, è attestata, infatti, sia la presenza della rana smeraldina (bufus viridis) che la salmandra dagli occhiali (salamandrina terdigitata).
Quali sono, invece, i rettili presenti nell'area del Parco?
C'è il cervone (elaphe quatuorlineata), molto diffuso è il biacco (coluber viridiflavus) e ovviamente la vipera (vipera aspis). Purtroppo, e per quel che io ne sappia, sono queste tutte specie comuni nel resto d'Italia e quindi almeno da questo punto di vista non ci troviamo al cospetto di rarità biologiche.
valeriana rossa
E per quanto riguarda
la flora?
Per la flora, come il
cardellino è l'animale simbolo del Parco, così abbiamo la valeriana
rossa, diffusissima da maggio a luglio, ma la vera ricchezza
sconosciuta del Parco sono le sue orchidee che a primavera inoltrata,
specie se umida e piovosa, sorprendono l'escursionista con la loro
quantità e varietà. A giugno lungo le pendici del Somma è diffuso
il giglio martagone, detto anche giglio di San Giovanni per sbocciare
intorno alla data della commemorazione del santo battista. Diffusa la
ginestra nelle sue tante varietà, particolarmente spettacolare
quella dell'Etna, portata sul Vesuvio dai Borbone, che raggiunge lo
stato arboreo nella Valle dell'Inferno. Presente l'elicriso con i
suoi capolini, e il muscari in primavera. L'autunno è il regno dei
fungaioli...
Fungaioli? Intende i
micologi?
Per favore, non
chiamiamoli micologi perché in buona parte non meritano altro
appellativo che quello di razziatori!
Ho capito...
ritornando alla flora, quali sono gli alberi più diffusi?
Sono ovviamente i pini
domestici e marittimi, ma ne esistono moltissime specie, come quello
nero e quello d'Aleppo. Diffuse le querce, in particolar modo il
leccio, la roverella e il cerro. Particolarmente diffuse, quali
piante infestanti, abbiamo la robinia (robinia pseudo acacia)
e l'ailanto (ailanthus altissima) 'e fetusi come
vengono più comunemente conosciuti nei dialetti locali. Un caso a
parte lo si può dare allo stereocalulon vesuvianum un lichene che
colonizza per primo le lave e che con la sua azione lentissima, ma
inesorabile, le sgretola creando l'humus necessario alle altre specie
colonizzatrici dei flussi lavici.
Come ultima domanda
le chiedo come si presentano - agli occhi dei turisti - i conetti del
Vesuvio esistenti nella zona del Carcavone a Pollena.
I conetti preistorici
del Carcavone sono un'emergenza molto interessante dal punto
di vista geologico e per chi vuole avvicinarsi al Vulcano anche da un
punto di vista più scientifico. Se ben ricordo, i conetti sono tre,
ma non sono di facile interpretazione, è opportuno quindi recarsi
sul posto con gli esperti geologi che volontariamente guidano i
turisti e gli escursionisti in quel luogo. Oggi, per fortuna, il
Carcavone o per lo meno la parte relativa ai conetti, è stato preso
in affidamento da un'associazione di Pollena Trocchia che si chiama
Liberi Pensieri e che, oltre a guidare gli interessati, tutela quello
spazio dagli scarichi abusivi e, soprattutto, dallo scempio edilizio
presente e facilmente riscontrabile leggermente più a valle del
sito.
(a cura di Carlo
Silvano)
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