Invito alla lettura della "Divina Commedia"
Dante Alighieri ci insegna
a non sprecare i doni ricevuti,
come la vita e il denaro
Nel
tredicesimo canto dell’Inferno della “Divina Commedia”, Dante e
Virgilio si addentrano nel secondo girone del settimo cerchio, dove sono
puniti coloro che hanno commesso violenza contro se stessi: i suicidi e
gli scialacquatori. Questo luogo è descritto come una selva cupa e
intricata, priva di sentieri, con alberi dai rami contorti e foglie
scure, un ambiente che evoca desolazione e sofferenza. In questa
foresta dimorano le Arpie, creature mitologiche con volto di donna e
corpo di uccello, che nidificano sugli alberi e si nutrono delle loro
foglie, causando dolore agli spiriti imprigionati in essi. I dannati
suicidi, infatti, sono trasformati in piante tormentate dalle Arpie, un
contrappasso che riflette la loro scelta di rinunciare al corpo terreno
attraverso il suicidio.
Durante
il loro cammino, Dante e Virgilio incontrano l’anima di Pier della
Vigna, un tempo consigliere dell’imperatore Federico II. Accusato
ingiustamente di tradimento, Pier della Vigna si tolse la vita e ora si
trova intrappolato in un albero. Per comunicare con lui, Dante spezza un
ramo, provocando dolore all’anima e facendo sgorgare sangue dal tronco.
Questo gesto simboleggia la sofferenza causata dalla violenza
autoinflitta e l’irreversibilità del suicidio. Nel prosieguo del canto,
i poeti assistono alla fuga di due scialacquatori, Lano da Siena e
Jacopo da Sant’Andrea, inseguiti da cagne infernali che li dilaniano
senza pietà. Gli scialacquatori, che in vita dissiparono le proprie
ricchezze fino alla rovina, sono condannati a una perpetua caccia,
rappresentazione della loro esistenza sregolata e autodistruttiva.
Il
contenuto morale del canto si focalizza sulla condanna della violenza
contro se stessi, sia attraverso il suicidio che mediante lo sperpero
delle proprie risorse. Dante sottolinea l’importanza di preservare la
propria vita e i propri beni, considerandoli doni divini da custodire
con responsabilità. La trasformazione dei suicidi in alberi e la caccia
eterna degli scialacquatori rappresentano il contrappasso per coloro che
hanno disprezzato tali doni. Lo stato d’animo di Dante in questo canto
è caratterizzato da compassione e turbamento. La descrizione
dettagliata delle pene inflitte ai dannati e il dialogo con Pier della
Vigna evidenziano la sensibilità del poeta di fronte alla sofferenza
altrui. (Carlo Silvano)
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