venerdì 25 aprile 2025

Famiglia tra crisi e vocazione

Famiglia tra crisi e vocazione

Testimoniare la bellezza del progetto di Dio

nell’epoca della frammentazione 

di Carlo Silvano 

In un contesto culturale che sembra voler ridefinire radicalmente le relazioni, i ruoli e persino l’identità dell’uomo e della donna, la famiglia cristiana si trova al centro di tensioni, interrogativi e sfide inedite. Quale visione antropologica ispira i nuovi modelli proposti dalla società postmoderna? In che modo la Chiesa può accompagnare le famiglie a vivere la loro vocazione in fedeltà al Vangelo? E come può una coppia cristiana essere oggi un segno profetico di comunione, stabilità e amore generativo?

Qui di seguito provo ad offrire delle riflessioni attorno ad alcune domande decisive, ovvero: Quali attacchi subisce oggi la famiglia? Quali modelli alternativi propone la società? Come può una famiglia cristiana essere luce nel mondo?

Con questo mio contributo spero di poter aiutare pastori, educatori e famiglie a discernere il tempo presente con coraggio evangelico e speranza.

Quali sono oggi gli attacchi più evidenti che la famiglia subisce nella società contemporanea?

La famiglia è oggi messa sotto pressione da più fronti: culturale, legislativo, economico e mediatico. La sociologia della religione (penso, ad esempio, a Peter Berger o Charles Taylor) ci mostra come la modernità abbia prodotto una frammentazione dei riferimenti morali, un declino del senso del sacro e, conseguentemente, un indebolimento delle istituzioni tradizionali, tra cui la famiglia. A questo si aggiunge una narrativa dominante che esalta l’individualismo, l’autonomia assoluta e il desiderio come misura di ogni diritto. In questo contesto, la famiglia naturale viene spesso vista come un vincolo “restrittivo”, piuttosto che come un luogo generativo di libertà e comunione.

Quali modelli alternativi alla famiglia propone oggi la società postmoderna?
La cultura odierna propone
modelli alternativi fluidi, fondati non più su una struttura stabile, ma su legami emotivi temporanei, reversibili, spesso sganciati dalla differenza sessuale e dalla generatività. Pensiamo alle “famiglie d’anima”, alle convivenze multiple, alle unioni tra persone dello stesso sesso con accesso all’adozione o alla maternità surrogata.

Questi modelli rispondono a un bisogno autentico di relazione, ma non ne custodiscono la verità antropologica. Come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC §§ 1601-1605), il matrimonio tra uomo e donna è iscrizione sacramentale nel progetto di Dio: riflette l’alleanza tra Cristo e la Chiesa, non è solo un contratto, ma una vocazione all’amore totale, fedele e fecondo.

Alla luce dei Vangeli e del Magistero, quale identità positiva propone la Chiesa per la famiglia?

I Vangeli parlano chiaro: Gesù non abolisce il matrimonio, ma lo riporta alla sua verità originaria (cf. Marco 10,6-9). L’amore coniugale è chiamato a diventare segno sacramentale dell’amore di Dio: un amore che si dona senza misura, anche nella croce. Papa Giovanni Paolo II, con la sua “Teologia del corpo”, ha ridato voce alla bellezza dell’amore umano: corpo, affettività e sessualità non sono da reprimere, ma da redimere. L’uomo e la donna, nel dono reciproco, diventano immagine visibile dell’invisibile Dio. Papa Benedetto XVI ha sottolineato il legame tra verità e amore: “solo nella verità l’amore può essere autentico” (Caritas in veritate, 3). La famiglia cristiana è allora una scuola di verità affettiva, dove si impara che amare non è “sentire”, ma decidersi ogni giorno per l’altro, anche nella fragilità.

In questo contesto, come può una famiglia cristiana essere luce nel mondo?

Oggi la famiglia cristiana è chiamata ad essere profezia vivente. Non con la perfezione, ma con la fedeltà. Quando una coppia si ama davvero, perdona, accoglie i figli, prega insieme, celebra l’Eucaristia, sta dicendo qualcosa di inaudito al mondo: che la comunione è possibile e che Dio abita l’umano.

La Chiesa chiama ogni famiglia a essere “chiesa domestica” (CCC §2204), piccolo santuario di vita e di amore. Non si tratta solo di resistere al mondo, ma di illuminarlo con una testimonianza vissuta. Una famiglia che accoglie, serve, educa, evangelizza, anche solo col suo stile di vita, può cambiare più del miglior discorso. È, direbbe il Concilio Vaticano II, lievito nel mondo (GS, 52). (Carlo Silvano)

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giovedì 20 febbraio 2025

Dante Alighieri ci insegna a non sprecare i doni ricevuti, come la vita e il denaro

 

Invito alla lettura della "Divina Commedia"
 
Dante Alighieri ci insegna
a non sprecare i doni ricevuti,
come la vita e il denaro
 
Nel tredicesimo canto dell’Inferno della “Divina Commedia”, Dante e Virgilio si addentrano nel secondo girone del settimo cerchio, dove sono puniti coloro che hanno commesso violenza contro se stessi: i suicidi e gli scialacquatori. Questo luogo è descritto come una selva cupa e intricata, priva di sentieri, con alberi dai rami contorti e foglie scure, un ambiente che evoca desolazione e sofferenza. In questa foresta dimorano le Arpie, creature mitologiche con volto di donna e corpo di uccello, che nidificano sugli alberi e si nutrono delle loro foglie, causando dolore agli spiriti imprigionati in essi. I dannati suicidi, infatti, sono trasformati in piante tormentate dalle Arpie, un contrappasso che riflette la loro scelta di rinunciare al corpo terreno attraverso il suicidio. 
Durante il loro cammino, Dante e Virgilio incontrano l’anima di Pier della Vigna, un tempo consigliere dell’imperatore Federico II. Accusato ingiustamente di tradimento, Pier della Vigna si tolse la vita e ora si trova intrappolato in un albero. Per comunicare con lui, Dante spezza un ramo, provocando dolore all’anima e facendo sgorgare sangue dal tronco. Questo gesto simboleggia la sofferenza causata dalla violenza autoinflitta e l’irreversibilità del suicidio. Nel prosieguo del canto, i poeti assistono alla fuga di due scialacquatori, Lano da Siena e Jacopo da Sant’Andrea, inseguiti da cagne infernali che li dilaniano senza pietà. Gli scialacquatori, che in vita dissiparono le proprie ricchezze fino alla rovina, sono condannati a una perpetua caccia, rappresentazione della loro esistenza sregolata e autodistruttiva. 
Il contenuto morale del canto si focalizza sulla condanna della violenza contro se stessi, sia attraverso il suicidio che mediante lo sperpero delle proprie risorse. Dante sottolinea l’importanza di preservare la propria vita e i propri beni, considerandoli doni divini da custodire con responsabilità. La trasformazione dei suicidi in alberi e la caccia eterna degli scialacquatori rappresentano il contrappasso per coloro che hanno disprezzato tali doni. Lo stato d’animo di Dante in questo canto è caratterizzato da compassione e turbamento. La descrizione dettagliata delle pene inflitte ai dannati e il dialogo con Pier della Vigna evidenziano la sensibilità del poeta di fronte alla sofferenza altrui. (Carlo Silvano)
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venerdì 31 gennaio 2025

Papa Benedetto XVI, Verità e amore

 


Nel suo volume intitolato “Verità e amore”, a pagina 31, papa Benedetto XVI scrive:
 
Il Vangelo di Marco (1,29-31) riporta un episodio molto simpatico, molto bello ma anche pieno di significato. Il Signore si reca alla casa di Simon Pietro ed Andrea e trova ammalata con febbre la suocera di Pietro; la prende per mano, la solleva e la donna è guarita e si mette a servire. In questo episodio appare simbolicamente tutta la missione di Gesù. Gesù venendo dal Padre si reca nella casa dell'umanità, sulla nostra terra e trova un'umanità ammalata, ammalata di febbre, di quella febbre che sono le ideologie, le idolatrie, la dimenticanza di Dio”.
 
A mio avviso, l’episodio evangelico della guarigione della suocera di Pietro (Marco 1,29-31) viene interpretato, da papa Benedetto XVI, con una profondità teologica che rivela la straordinaria spiritualità e cultura del Pontefice. Egli vede in questo semplice racconto un simbolo dell’intera missione di Gesù: Cristo entra nella “casa dell'umanità” trovandola malata, afflitta da “febbre” intesa come ideologie, idolatrie e dimenticanza di Dio.
 
Questa lettura allegorica dimostra la capacità di Benedetto XVI di collegare le Scritture alla condizione umana contemporanea. La “febbre” rappresenta le distorsioni spirituali e morali che allontanano l’uomo dalla verità divina. Gesù, prendendo per mano la suocera di Pietro e risollevandola, simboleggia l’azione salvifica che libera l’umanità dalle sue infermità spirituali, restituendole la capacità di servire e amare.
 
Questo approccio riflette la profonda convinzione di Benedetto XVI sull’importanza di unire verità e amore nella vita cristiana. Nel suo magistero, ha spesso sottolineato che il vero senso della vita risiede nella ricerca della verità e nel dono di sé attraverso l’amore. Per raggiungere questa meta, è essenziale affermare il primato di Dio nella propria esistenza.
 
Da osservare che la scelta stessa del nome “Benedetto” da parte di Joseph Ratzinger, al momento della sua elezione al pontificato, riflette una profonda connessione con la spiritualità monastica e con san Benedetto da Norcia, patrono d’Europa. Questo legame evidenzia il suo desiderio di promuovere una sintesi tra fede e cultura, tradizione e modernità, elementi che hanno caratterizzato il suo pensiero teologico.
 
Inoltre, Benedetto XVI, durante il suo pontificato,ha affrontato con lucidità le sfide del relativismo nella società contemporanea, ribadendo la necessità di ancorare la pastorale ecclesiale alla verità del Vangelo. Ha evidenziato come il relativismo possa minare le fondamenta della fede, sottolineando l’importanza di una testimonianza cristiana autentica e coerente.
 
In sintesi, attraverso la sua esegesi del Vangelo e il suo magistero, papa Benedetto XVI ha dimostrato una profonda spiritualità e una vasta cultura, offrendo alla Chiesa e al mondo una visione teologica che unisce verità e amore, fede e ragione, tradizione e attualità. (Carlo Silvano)
 

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Carlo Silvano, Il ruolo fondativo della Divina Commedia

 

Oggi su Il Gazzettino di Treviso è stata pubblicata una mia lettera.
Ecco il testo integrale:
 
Egregio Direttore,
scrivo per partecipare al dibattito sul futuro culturale e identitario del nostro Paese, e a tal fine ritengo essenziale riscoprire il ruolo fondativo di Dante Alighieri e della sua “Divina Commedia”. L’opera, universalmente riconosciuta come uno dei vertici della letteratura mondiale, non è solo un capolavoro poetico, ma anche una profonda riflessione sull’essenza dell’Italia come entità spirituale e culturale, ben prima che politica.
Attraverso il suo viaggio tra Inferno, Purgatorio e Paradiso, Dante non parlò solo alla sua epoca, ma gettò le basi per un’identità italiana radicata nei valori universali della giustizia, della conoscenza e della bellezza. Pur vivendo in un’Italia divisa in comuni e signorie, il poeta guardò oltre i confini territoriali, riconoscendo nella lingua e nella cultura un collante capace di superare le divisioni. La scelta del volgare italiano, in un momento in cui il latino dominava, fu un atto rivoluzionario: Dante creò uno spazio comune in cui tutti gli italiani, al di là delle differenze regionali, potevano riconoscersi.
Oggi, in un mondo sempre più frammentato e globalizzato, riscoprire la lezione di Dante significa ricordare che l’unità di un popolo nasce prima di tutto dalla condivisione di una cultura, di una visione del mondo. È questa l’Italia che il Sommo Poeta ci invita a costruire: una patria che trova il suo fondamento nella profondità del pensiero e nella ricchezza dell’anima.
Cordiali saluti,
Carlo Silvano (Villorba)

giovedì 30 gennaio 2025

Papa Francesco e i migranti, non possiamo depredare i Paesi poveri togliendo loro preziose risorse umane

 

 
Sul quotidiano "Il Gazzettino di Treviso" è stata pubblicata (23 gennaio 2025) una mia lettera riguardante papa Francesco e i migranti...

 
Ecco il testo:
 
Egregio Direttore,
 
come cattolico convinto e praticante desidero esprimere alcune riflessioni in merito alle recenti dichiarazioni di papa Francesco sui migranti. Durante un'intervista televisiva, il Pontefice ha affermato che l’Italia, con un'età media di 46 anni e un basso tasso di natalità, dovrebbe accogliere più migranti per compensare questo squilibrio demografico. 
 
Pur riconoscendo l’importanza del messaggio evangelico di accoglienza, ritengo che il Papa, in qualità di guida spirituale, dovrebbe evitare di intervenire direttamente in questioni politiche complesse. Tali affermazioni possono generare confusione tra i fedeli e influenzare dibattiti che richiedono soluzioni pragmatiche e condivise. 
 
Incoraggiare l'immigrazione si traduce nel continuare a depredare i Paesi in via di sviluppo: oltre a togliere loro le ricchezze naturali, li deprediamo anche prendendoci le loro risorse umane.
 
A mio avviso è fondamentale promuovere condizioni che permettano a ogni persona di costruire il proprio futuro nella terra d’origine, affrontando le cause profonde delle migrazioni forzate. L’integrazione di un numero elevato di migranti, soprattutto se di stili di vita e visioni politiche diverse da quelle occidentali, può presentare sfide significative, soprattutto quando le risorse e le infrastrutture locali sono limitate.
 
Infine, il problema della denatalità in Italia è complesso e richiede politiche mirate a sostenere le famiglie e incentivare le nascite. Affidarsi esclusivamente all’immigrazione come soluzione potrebbe non affrontare adeguatamente le radici del problema demografico nazionale.
 
La ringrazio per l’attenzione e porgo cordiali saluti.
Carlo Silvano (Villorba)
 

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venerdì 3 gennaio 2025

Napoli, occorre risanare la città

 


Stupro nella baraccopoli:

un dramma che richiede un intervento immediato

Napoli – Ancora una volta, il dramma del degrado urbano si intreccia con la cronaca nera, mettendo in luce una situazione ormai insostenibile. Nella notte, una donna di 30 anni è stata aggredita e violentata nei pressi della baraccopoli improvvisata situata tra la strada e i cancelli che delimitano il porto industriale, a pochi passi dall’ex mercato ittico. A dare l’allarme è stata una telefonata al 112, che ha permesso ai carabinieri della sezione radiomobile di intervenire prontamente.

Secondo quanto raccontato dalla vittima, in evidente stato di choc, l’aggressore è un uomo di 37 anni, originario del Ghana e già noto alle forze dell’Ordine. Grazie alle sue indicazioni, i militari sono riusciti ad arrestare il colpevole, che risulta essere un senzatetto residente nella stessa baraccopoli dove si è consumata la violenza. La donna è attualmente sotto osservazione in ospedale, mentre il quartiere si interroga su quanto accaduto.

Una ferita aperta per la città

La baraccopoli, ormai radicata in questa zona già segnata da un profondo degrado, rappresenta da tempo un problema non solo sociale, ma anche di sicurezza. Residenti e comitati locali denunciano da tempo la situazione, segnalando episodi di furti, risse e atti di vandalismo, in un clima di crescente tensione. Le richieste di intervento all’Amministrazione municipale sono rimaste finora inascoltate, aggravando ulteriormente il senso di abbandono percepito dalla comunità locale.

L’urgenza di un intervento

Questa tragedia è l’ennesimo campanello d’allarme che non può più essere ignorato. La presenza di una baraccopoli, radicata in un'area densamente popolata, è un segnale di una città che fatica a gestire le proprie emergenze sociali e abitative. Ma, soprattutto, è un rischio concreto per la sicurezza e la dignità di chi vive nelle vicinanze o transita in quelle zone.

È imperativo che l'Amministrazione municipale agisca senza ulteriori indugi per smantellare la baraccopoli, avviando contestualmente programmi di reinserimento sociale e offrendo soluzioni abitative dignitose per le persone che vi risiedono. L’inerzia non è più un’opzione: lasciare che simili situazioni perdurino significa tollerare un livello di insicurezza e di degrado incompatibili con i valori di una città moderna e civile.

Il ruolo delle istituzioni

Non si tratta solo di sgomberare un’area, ma di affrontare un problema complesso che richiede coordinamento tra istituzioni, forze dell’ordine e servizi sociali. Un intervento strutturale e pianificato potrebbe rappresentare l’inizio di un percorso di rigenerazione urbana e sociale per questa zona di Napoli, restituendo dignità sia ai residenti che alle persone più vulnerabili.

Un monito per il futuro

Questo episodio drammatico deve servire da monito. Non è più possibile ignorare le richieste di aiuto che arrivano dai cittadini e le evidenti problematiche che nascono dal degrado. Ogni giorno che passa senza un intervento concreto aumenta il rischio di ulteriori tragedie. Napoli merita di più: sicurezza, rispetto e un’Amministrazione municipale che sappia agire con responsabilità e visione. (Carlo Silvano)

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giovedì 2 gennaio 2025

Viabilità, occorre bonificare e sanificare

 

Le strade statali e regionali dell’area metropolitana di Napoli, in particolare quelle nella zona vesuviana, rappresentano infrastrutture fondamentali per la mobilità. Tra queste, la Strada Statale 162, che collega i paesi vesuviani al nodo autostradale di corso Malta, è uno degli assi viari principali. Tuttavia, queste strade soffrono di problemi ambientali, con numerose segnalazioni di abbandono di rifiuti e vegetazione non curata che peggiorano il degrado dell’area​.

Lungo queste arterie, soprattutto in zone limitrofe al Vesuvio, si osservano cumuli di rifiuti di varia natura: materiale edile, plastica, vetro e anche resti di incendi dolosi. Il problema è aggravato dalla presenza di discariche abusive e dal mancato utilizzo di fondi stanziati per la bonifica. Nonostante iniziative e finanziamenti (come i milioni assegnati dal Ministero dell’Ambiente per interventi di risanamento), molte operazioni promesse non sono mai state completate, lasciando irrisolta la questione del risanamento ambientale e della sicurezza​ (vedi “Il Giornale.it).


La presenza di rifiuti e rovi lungo le strade non è solo un problema di decoro, ma anche di sicurezza stradale e sanitaria. Questi accumuli, spesso soggetti a incendi, generano roghi tossici e minacciano l’integrità del paesaggio naturale, in particolare quello del Parco nazionale del Vesuvio.

 


È essenziale avviare programmi sistematici di pulizia e bonifica, che includano la rimozione dei rifiuti e la cura della vegetazione. Questi interventi non solo ridurrebbero l’impatto ambientale, ma migliorerebbero anche la vivibilità e l’attrattiva turistica dell’area, preservando un patrimonio naturale unico al mondo. Solo attraverso un impegno congiunto di istituzioni locali e cittadini si potrà contrastare il degrado e restituire dignità a queste importanti aree. (Carlo Silvano)

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