L'edificazione dell'attuale chiesa dedicata a San Giacomo Apostolo di Pollena si deve ad alcuni sacerdoti che raccolsero il denaro occorrente e ne seguirono i lavori. E se in genere ogni opera consacra alla memoria dei posteri il nome del proprio architetto o di chi l'ha commissionata, una peculiarità della chiesa di San Giacomo è che grazie ad alcuni documenti conservati presso l'Archivio Storico Diocesano di Napoli, conosciamo anche i nomi di diversi operai che con le proprie mani fabbricarono un tempio che da alcuni secoli rappresenta il simbolo dell'identità religiosa e sociale della comunità locale.
Da uno scritto del Rossi che doveva rendere conto del proprio operato e del denaro speso alla curia arcivescovile di Napoli, sappiamo che intorno al 1790 un operaio del luogo, di nome Antonio Ascione, lavorava "nel fare pietra, e cavare lapillo servibile per le fabbriche della Chiesa". Il materiale veniva estratto da una cava sita in una località di Pollena denominata "de Bonati". Da questa cava, poi, il materiale veniva trasportato alla chiesa in costruzione da un carrettiere del paese di nome Vincenzo Busiello. Un altro operaio, Giuseppe De Luca, tagliava e preparava le pietre "dolci".
I lavori per terminare la chiesa dovettero continuare almeno fino al 1794: in un decreto arcivescovile del 19 ottobre del 1793 si legge infatti che ad un abitante del luogo, Vito Antonio Sannino, fu prescritto per penitenza un lavoro per cinque mesi presso il cantiere della chiesa di San Giacomo. Al Sannino, si legge nel decreto, fu chiesta questa penitenza perché aveva sposato una sua parente di primo grado.
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Altre informazioni e notizie sulla chiesa di san Giacomo Apostolo di Pollena si possono reperire dal volume "La comunità di Pollena dal 1760 al 1819 - Note di storia sociale e religiosa", di Carlo Silvano, stampa OGM 1998, pp. 120.
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