Qui di seguito un racconto intitolato "La stalla della masseria Rutiglia", ambientato tra Pollena Trocchia e Cercola durante la Seconda guerra mondiale, e inserito nel volume "Racconti da leggere davanti a un focolare", scritto da Autori vari e pubblicato da Youcanprint (2023).
Era
una notte fredda e piovosa quando siamo arrivati nella stalla della
masseria Rutiglia dove abitavano anche i miei nonni. Mio padre ci
aveva portato lì perché voleva metterci al sicuro: a circa sei
chilometri di distanza in linea d’aria c'era il Vesuvio che da
qualche giorno aveva iniziato a eruttare. Nella stalla tutti gli
animali erano nervosi e agitati, le tre mucche muggivano e il cavallo
nitriva. I maiali si agitavano nel loro recinto, cercando di scappare
perché avevano paura.
Nonostante
mia madre, che teneva in braccio il piccolo Luigi, cercasse di
rassicurarci dicendoci che saremmo stati al sicuro nella stalla, io e
le mie sorelline avevamo ancora paura. Avevo solo dodici anni e non
avevo mai visto un'eruzione del Vesuvio. Non sapevamo cosa sarebbe
successo.
L'interno
della stalla era buio e spoglio, e avevamo la paglia e solo qualche
vecchia coperta per proteggerci dal freddo. Mio padre aveva portato
delle candele per darci un po’ di luce, ma non facevano molto per
scacciare le ombre. Le mucche stavano rintanate in un angolo, con i
loro grandi occhi spalancati che ci fissavano preoccupati, mentre il
vecchio cavallo era ben legato con una solida corda a un anello di
metallo con la spina conficcata nel muro: ogni volta che il nonno
doveva andare al mercato con il carretto, il cavallo era docile e
mansueto, ma ora fremeva, nitriva e scalciava. Soprattutto i maiali
si agitavano nel loro recinto.
Nonostante
tutto, mio padre cercava di mantenere la calma, parlandoci dolcemente
e raccontandoci storie per distrarci, come quando era stato in
Abissinia a lavorare come manovale nella costruzione di una lunga
strada imperiale, e di notte dormiva in una tenda con una lampada
accesa e con un pesante bastone sempre a portata di mano, così da
uccidere i serpenti che infestano quella terra e che spesso entrano
nei giacigli degli uomini. Mia madre, invece, con fatica aveva munto
il latte dalle mucche e ce lo aveva servito in qualche tazza
recuperata chi sa dove per tenerci un po’ al caldo. Ma era
difficile non preoccuparsi. Tutti noi eravamo spaventati, incerti su
cosa sarebbe successo durante la notte. Sapevamo solo che dovevamo
rimanere uniti e pregare che tutto sarebbe andato per il meglio.
L’alba
arrivò con la luce del sole che filtrava attraverso delle piccole
finestre, ma era sufficiente per far scorgere i volti pallidi e tesi
dei miei genitori seduti accanto a noi. Fui la prima delle mie
sorelle ad alzarmi dopo una notte insonne e presto arrivò una
mattina fredda e grigia. Sì, la notte era stata proprio lunga e
difficile, piena di rumori e scossoni, e aveva anche piovuto,
rendendo il pavimento della stalla freddo e scomodo. Mi stiracchiai
cercando di allontanare il freddo dalle ossa. Fuori, il paesaggio
doveva essere grigio e desolato, con gli alberi spogli che si
ergevano come scheletri contro il cielo plumbeo e non doveva esserci
traccia di vita, a parte il rumore del vento che sicuramente soffiava
tra i rami. Nonostante la stanchezza, decisi di uscire fuori dalla
stalla, all’aria aperta. Ero preoccupata per la mia famiglia e per
i parenti che vivevano nei dintorni, e mi chiedevo come sarebbero
andate le cose in futuro. Anche se faceva freddo, ero felice di
uscire dalla stalla e di respirare un po’ d’aria fresca.
Mentre
da sola camminavo il mio sguardo si posava spesso sugli alberi che
erano spogli oppure sul terreno fangoso e senza vita. Era uno
scenario triste e desolato, ma non potevo fare a meno di sentirmi
grata per essere ancora viva e per avere la mia famiglia al mio
fianco: durante la notte avevo sentito i miei genitori che tante
persone erano morte a causa dell’eruzione del Vesuvio.
Continuavo
a chiedermi cosa sarebbe successo in futuro, ma non avevo risposte.
Ero solo una bambina di dodici anni, e non avevo il potere di
cambiare ciò che stava accadendo, ma sapevo che dovevo essere forte
e aiutare mia madre e mio padre che si prendevano cura delle mie
sorelline. In quel momento, camminando senza meta attorno alla
masseria Rutiglia, ho capito che l’importante era essere presenti e
sopravvivere accogliendo un giorno alla volta.
In
mezzo a tutta questa incertezza, arrivò un frate predicatore. Era un
uomo anziano, con i capelli grigi e gli occhi brillanti. Indossava
una lunga tonaca nera e un crocifisso di legno al collo.
Il
frate parlò con i contadini che erano venuti ad ascoltarlo,
incoraggiandoli con parole piene di fede e dicendo che Dio avrebbe
protetto i loro figli. Poi si rivolse a noi bambini e ci parlò con
dolcezza. Ci raccontò storie di santi e di eroi che avevano
combattuto per la giustizia e ci disse che, se avessimo avuto fede,
avremmo potuto superare qualsiasi ostacolo.
Quando
il frate andò via, andai senza rendermi conto verso il giardino
cinto da un alto muro e siccome il cancello in ferro era aperto, vi
entrai e mi trovai davanti al capitello dove era stata posta
un’immagine della Vergine di Pompei. Avrei voluto pregare con le
parole del “Salve o Regina”, ma in quel momento non riuscivo a
ricordarmela seppure l’avessi recitata tante volte, e allora mi
inginocchiai e chiusi gli occhi, iniziai a pregare con le prime
parole che mi venivano dicendo:
Mia
dolce Regina,
tu
che sei la Madre di Dio,
guarda
con amore me
che
oggi mi rivolgo a te con questa preghiera.
In
questi tempi oscuri,
la
guerra ci circonda e il Vesuvio erutta
minacciando
la nostra casa.
Ma
nonostante tutto questo,
io
non perdo la speranza,
perché
so che tu sei sempre al mio fianco
per
proteggermi e per guidarmi.
Prego
per la mia anima
e
per quella dei miei familiari,
affinché
possiamo tutti trovare la forza
e
la pace necessarie
per
superare questi momenti difficili.
Sii
la nostra guida, o Madre di Dio,
e
aiutaci a superare ogni ostacolo.
Amen.
Mentre
pregavo sentii una forza profonda e tranquilla scorrermi dentro, una
forza che mi confortava e mi dava coraggio. Quando poi aprì gli
occhi mi accorsi che il cielo si stava schiarendo e che i primi raggi
di sole stavano cominciando a filtrare tra le nuvole. Era un segno di
speranza, un promemoria che la vita andava avanti anche nei momenti
più difficili. Mi alzai in piedi, decisa ad affrontare il futuro con
coraggio e determinazione, e pronta a lottare per la mia famiglia e
per me stessa.
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