venerdì 13 settembre 2019

Vincitori del concorso ANPAL, Appello al Presidente della Repubblica

Dal 2011 è attiva l'Associazione culturale "Nizza italiana" che ha tra i suoi obbiettivi anche quello di sensibilizzare l'opinione pubblica su problemi sociali ed economici (art. 4 dello Statuto). Con l'amico Agostino La Rana ho scritto la lettera che segue:


Ill.mo Signor Presidente
della Repubblica Italiana
Prof. Sergio Mattarella

Le scriviamo per sollecitare un Suo autorevole intervento presso il Presidente della Regione Campania che, ad oggi, si rifiuta di firmare la convenzione tra Regione Campania e ANPAL, atto che consentirebbe l’assunzione a tempo determinato per 471 vincitori del concorso. Attualmente la Regione Campania è l’unica a non aver ancora sottoscritto la convenzione e ciò è davvero singolare se si pensa che la metropoli di Napoli, così come le province ad essa limitrofe, è l’emblema della disoccupazione in Italia.
Chi conosce la Legge 28 marzo 2019 n. 26 sa che essa consente a persone che hanno un reddito insufficiente di ottenere dallo Stato un concreto sostegno per entrare a pieno titolo o per reinserirsi nel mondo del lavoro anche grazie al tutoraggio dei cosiddetti “navigator”, e questi ultimi, sempre grazie alla Legge sopra citata, avranno l’occasione per guadagnarsi dignitosamente uno stipendio svolgendo un’attività lavorativa qualificante. Al di là delle nostre personali valutazioni su chi ha elaborato e voluto la Legge sopra citata, bisogna riconoscere che essa rappresenta un passo avanti decisivo per poter realmente affermare che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro.
Siamo certi, signor Presidente, che Lei prenderà a cuore le attese dei nostri concittadini in Campania che confidano in questa Legge per cambiare la propria situazione economica ed esistenziale.

Dott. Carlo Silvano (presidente Associazione culturale "Nizza italiana")
Avv. Agostino La Rana(vicepresidente dell'Associazione culturale "Nizza italiana")

Villorba, lì 9 settembre 2019

sabato 20 ottobre 2018

Don Luigi Storino: 1918 - 2018


Dalla pagina di facebook di don Emilio Mellone prendo due foto che propongo qui e che riguardano don Luigi Storino, nato il 2 giugno del 1918 e morto il 13 novembre 1975. Don Luigi Storino è stato parroco di Pollena a cavallo del Concilio Vaticano II: un periodo particolarmente importante e fecondo per la Chiesa cattolica.

A don Luigi ho già dedicato un breve post che si può leggere al seguente indirizzo: don Luigi Storino  

Ecco le foto:


da sx verso dx: don Emilio Mellone, card. Corrado Ursi (arcivescovo di Napoli), il segretario-cerimoniere del cardinale e don Luigi Storino



Anche in questa foto scattata ai piedi della scala del sagrato della chiesa di San Giacomo Apostolo si possono vedere: don Emilio Mellone (primo a sx), col card. Corrado Ursi (arcivescovo di Napoli), il segretario e cerimoniere del cardinale e, a dx, don Luigi Storino.


lunedì 27 agosto 2018

Una ragazza da amare, intervista a cura di Chiara Marcon

Qui di seguito propongo la prima parte di un'intervista che ho rilasciato a Chiara Marcon de IlGiornale on line di Zurigo. Parlo del mio ultimo romanzo, ma anche della città di Napoli e del mondo della scuola.

Nato a Cercola (Napoli), per molti anni Carlo Silvano, nella foto a sinistra, ha vissuto nel comune vesuviano di Pollena Trocchia; nel 1999 si è trasferito a Treviso e dal 2005 risiede a Villorba con la moglie e i tre figli. A maggio 2012 è tornato in libreria il suo romanzo intitolato "Il boiaro" ambientato in Russia al tempo dell'ultimo zar. Con le Edizioni del noce ha pubblicato libri che riguardano l’emigrazione, il carcere, il mobbing e la massoneria. Nella piattaforma digitale di YouCanPrint sono disponibili diverse pubblicazioni come il romanzo "L'onda azzurra. Viaggio nel mondo di Crio" e la raccolta di racconti “Il bambino e l’avvoltoio”. È fondatore e presidente dell'Associazione culturale "Nizza italiana”. Nella nostra intervista, ci racconta il suo nuovo romanzo, “Una ragazza da amare”, ambientato in un liceo partenopeo, dove la vita e non solo di un gruppo di ragazzi si incontra e si scontra con la realtà di tutti i giorni, con un linguaggio semplice e delicato, Carlo, affronta tanti temi in questo suo scritto, non trascurando la cura per i dettagli e il verismo nella narrazione.


Hai ambientato il tuo racconto a Napoli, ma vivi da tanti anni a Treviso. Come mai questa scelta? 
Treviso è la mia città di adozione e a Treviso devo molto perché è nella Marca trevigiana che ho la mia famiglia e il mio futuro, ma Napoli resta la città che mi ha formato, soprattutto sotto il profilo umano e culturale, ed è Napoli che custodisce i sogni della mia infanzia e giovinezza. Camminare per le strade e per i vicoli di Napoli all’ombra dei suoi secolari palazzi e delle sue preziose chiese, respirarne la storia, scoprire che dietro un muro fatiscente è custodita un’opera d’arte che non tutti conoscono, guardare i volti delle persone che incroci intuendone il carico di speranze e di sofferenze che portano dentro di sé e ascoltare la sapienza popolare quando hai occasione di conversare con una persona anziana, non solo ti può arricchire come donna o come uomo, ma può stimolare la tua sensibilità artistica e farti viaggiare con la fantasia aprendoti la mente. 
Chiara, se avrai modo di visitare Napoli, ti accorgerai che questa città ti può dare tanto in termini di emozioni e sentimenti, vuoi che la guardi e l’abbracci dalle mura di castel Sant’Elmo, vuoi che ti limiti ad osservare il via vai delle persone stando seduta dietro ad un tavolino di un caffè della Galleria Umberto. 
Certo, anche a Treviso avrei potuto ambientare un romanzo del genere, ma non avrei potuto attingere nulla dalla mia adolescenza e da quelle emozioni che ho vissuto a Napoli.


C’è molto verismo nel tuo romanzo, soprattutto nella descrizione minuziosa e particolareggiata dei luoghi… i personaggi che ti hanno ispirato esistono davvero? 
A Napoli non esiste un liceo classico intitolato all’eroina nizzarda Caterina Segurana, mentre sono conosciuti e apprezzati tutti gli altri luoghi che ho menzionato, come castel Sant’Elmo che domina la città e il golfo, ma anche altri luoghi - strade, parchi e chiese - che ho frequentato quando ero studente. Conoscendo la realtà napoletana e ripensando a certi docenti e compagni di banco che ho avuto, credo che tante scuole avrebbero potuto offrire il palcoscenico per una storia così come l’ho raccontata nel mio romanzo.
I ragazzi protagonisti del libro sono molto uniti tra loro e compensano sempre una mancanza con un talento: sono un gruppo che alla fine trova sempre un equilibrio nonostante le diversità. Pensi sia davvero possibile nella scuola di oggi tutto questo e in una società complessa come la nostra?

Sono convinto che [...]

per leggere il testo dell'intervistaIl Giornale di Chiara Marcon
per reperire il volume: Una ragazza da amare di Carlo Silvano

lunedì 8 agosto 2016

Visita all'abbazia benedettina di Montecassino

L'abbazia benedettina di Montecassino ha un fascino unico e merita di essere visitata.

giovedì 1 gennaio 2015

Buon 2015

Pollena Trocchia - Come da tradizione ho iniziato il primo giorno dell'anno partecipando con mia moglie e miei figli ad una Messa nella chiesa dei Vergini a Napoli, presieduta da don Michele Esposito.

A quanti frequentano questo blog auguro un sereno e fruttuoso 2015.

La foto mostra una "barca" realizzata nella chiesa dei Vergini a Napoli.


venerdì 5 settembre 2014

Agosto 2014

Gli ultimi quindici giorni di agosto sono stato a Napoli e, precisamente, a Forio d'Ischia. Purtroppo a Pollena sono stato per pochi giorni...

Ecco alcune immagini dell'isola scattate sul monte Epomeo.









mercoledì 11 giugno 2014

L'onda azzurra, viaggio nel mondo di Crio

Ci trascina nel suo viaggio attraverso la lettura di questo libro, Marco, il protagonista di questo breve romanzo rimasto vittima di un grave incidente. Nel letto di un ospedale si sente travolgere da un’onda azzurra che lo purifica e si ritrova in un mondo appartenente ad un altro tempo, in un’altra dimensione, dentro a una natura incontaminata dove nulla ferisce e niente è pericoloso. 
Con lui si assaporano i profumi, si provano le emozioni di una vita semplice, più austera ma senza affanno, irreale. 
E con Sabrina, che condurrà per mano Marco in questo viaggio fantastico, il lettore s’inoltra verso boschi odorosi e verdeggianti, erbe rampicanti e fresche ed argentee acque, luoghi straordinari, in un mondo illuminato da una stella dove quello che vivi e provi resterà impresso nel cuore. 
Crio è la stella che illumina Marco nel cammino verso la conoscenza della sua anima, del suo essere bisognoso di affetto, di amicizia e di calore come ogni creatura umana. 
Via via che si delinea la storia, emergono i particolari, riaffiorano nel protagonista i ricordi, gli errori del suo passato; descrive a Sabrina l’esperienza avuta in carcere e vissuta in un contesto invivibile. 
Il breve e delicato romanzo di Carlo Silvano ci invia eloquenti messaggi e porta a riflettere soprattutto sulla realtà del nostro tempo: quali l’aborto, le condizioni carcerarie e quelle delle donne nei paesi islamici. 
Nel mondo di Crio, Marco ci vorrebbe rimanere; un mondo di luce, di pace e serenità, quello in cui, sicuramente, ognuno di noi anela. 
[Adriana Michielin (presidente del Circolo "Matilde Serao" di Villorba)]


Qui di seguito propongo una parte del primo capitolo de "L'onda azzurra. Viaggio nel mondo di Crio"....


Capitolo I

Nessun rumore. Nemmeno un odore. Provava una strana sensazione, quasi fosse sospeso nell'aria; forse lo era veramente. Si sentiva bene, però. Provò ad aprire gli occhi. Niente. Non riusciva a percepire alcun muscolo del proprio corpo. Nemmeno il suo respiro avvertiva.
"Sono morto?", si domandò senza provare alcuna emozione, dopo l'ennesimo tentativo andato a vuoto di alzare le palpebre.
"Sono solo!", si disse.
Si sforzò di ricordare ciò che aveva fatto negli ultimi giorni. Niente. Nessun ricordo affiorava alla mente, e continuava invece a sentirsi leggero e sospeso nel vuoto.
Era sicuro di stare ancora in un corpo, nel suo corpo, ma non riusciva ad avvertire nulla; neanche un dolore o un fastidio.
Provò allora a immaginare il suo corpo e si riconobbe sul letto di un ospedale. Era successo qualcosa di molto grave. Forse di irreparabile. Non per questo, però, ebbe paura. Anzi, continuò a restare tranquillo. Senz'altro attorno a lui c'erano medici e infermieri che si davano un gran da fare per salvargli la vita, e di certo oltre la porta della sala operatoria c'erano genitori, parenti e amici che si disperavano per quanto era successo. Lui, intanto, non sentiva dolore e non provava paura. Era molto rilassato. La sala operatoria doveva essere ben illuminata, ma lui continuava a non percepire nulla; non riusciva neppure a intravedere l'accecante luce dei fari che certamente gli piombava addosso dal soffitto, e non capiva, ora, nemmeno se avesse o meno gli occhi aperti. Forse qualche chirurgo lo stava operando e il suo sangue e la sua carne stavano lottando per vivere, per trattenere nel corpo il soffio della vita. Non poteva escluderlo. Continuava ancora a chiedersi cosa potesse succedere attorno al suo corpo, quando iniziò a provare una strana sensazione perché qualcosa di misterioso e di impenetrabile si stava avvicinando. Non riusciva a capire cosa potesse essere. Eppure qualcosa stava accadendo.
Attorno a lui aveva iniziato a ruotare molto lentamente una potente forza e man mano che questa gli girava attorno, lui provava strane sensazioni, sempre più forti: a tratti percepiva un rassicurante tepore, per poi essere colto da improvvisi e piacevoli brividi di freddo che lo facevano precipitare velocemente in un vuoto senza fine e fuori dal tempo. Inutile pensare alla durata di ciò che gli stava capitando. Era in un vortice: quella forza misteriosa sapeva miscelare bene le emozioni da fargli provare e per un tempo infinito. Poi, all'im-provviso, tutto si fermò, e quella strana forza iniziò a prendere la forma di una gigantesca e placida onda azzurra. Una massa d'acqua che lentamente procedeva verso di lui, e lui non aveva paura. Fu un attimo e l'acqua gli lambì i piedi. Solo ora iniziò a percepire il suo corpo. Sì, avvertiva di avere un corpo. L'acqua azzurra, tiepida e trasparente, iniziò a penetrare dentro di lui dai piedi arrecandogli un benessere mai provato prima. Si sentiva bene, tranquillo e rilassato. L'acqua, lentamente, attraversò le gambe e i ginocchi come se volesse sbriciolare e disperdere lontano ciò che non apparteneva al suo corpo. Si sentiva libero, tonificato, e provò una profonda pace quando l'acqua si riversò nel ventre svuotandolo da ogni peso, da ogni impurità, continuando a salire per depurare il fegato e rigenerargli il cuore.
Lentamente l'onda azzurra fluttuava, attraversando anche le arterie e le vene, per arrivare alle mani e poi ai polmoni, riempendoli e rilassandoli. Poi, sempre lentamente, l'onda azzurra attraversò anche la gola per penetrare nel cranio, e al tepore seguì una gradevole sensazione di purificazione.
Era libero dentro di sé. Completamente libero. Ora nulla contaminava il suo corpo. Ed ora che l'onda azzurra lo aveva completamente conquistato occupando ogni cellula del suo corpo, iniziò a liberarlo, trascinando con sé tutti i residui delle ansie e dei timori che spesso lo avevano accompagnato nel corso di grigie e monotone giornate. L'onda azzurra lasciava il suo cranio scivolando piano giù per la gola, i polmoni, le viscere e le gambe, per poi uscire completamente dai piedi.
Marco, ora, e solo ora, era veramente libero e aprì gli occhi: era disteso sulla sabbia con il cielo celeste e limpido che, in alto, gli si spalancava davanti senza confine, mentre leggere e tranquille onde marine si avvicinavano timidamente ai suoi piedi e lui percepiva l'incontaminato bacio della soffice schiuma bianca.
Marco si sedette sulla battigia: era su una piccola spiaggia racchiusa in una rada e davanti a lui si estendeva, piatto come una tavola, il mare di un altro mondo, di un mondo appartenente a un altro tempo e a un'altra dimensione. Nessuno scoglio affiorava dal mare e a destra e a sinistra una fitta e ordinata vegetazione ricopriva due imponenti promontori che avanzavano nell'acqua per alcune centinaia di metri. Alle sue spalle e non lontano dovevano esserci folti cespugli di lavanda perché ne percepiva, anche se leggermente, il profumo. Marco, estasiato e cosciente, non si poneva alcuna domanda, ma lasciava solo che i suoi occhi si nutrissero del blu intenso del mare incoronato dalla celeste volta del cielo. Alcuni gabbiani volavano alti e l'aria era fresca. Marco stava bene con se stesso e non aveva alcun desiderio. Gli piaceva l'aria carica di iodio del mare e si sentiva a proprio agio indossando una polo di colore chiaro e dei pantaloncini bianchi. Con la mano sinistra raccolse un pugno di sabbia e la strinse perché gli faceva bene quel contatto: gli dava una calda sensazione.
A un tratto si accorse che qualcuno camminava verso di lui. Si girò e riconobbe in un volto semplice un suo amico d'infanzia. Si chiamava Giuseppe, ma tutti lo chiamavano Peppino ed aveva origini partenopee. Si erano conosciuti per le strade del loro quartiere e tra i banchi delle scuole elementari, per poi perdersi di vista. Marco non si stupì di incontrare Peppino perché dentro di sé aveva sempre creduto che prima o poi si sarebbero rivisti.
"Ti stiamo aspettando". Gli disse Peppino e abbozzò quel sorriso, un po' amaro e un po' mesto, che lo aveva sempre contraddistinto.
Marco si alzò, per un attimo si guardarono negli occhi e avrebbero voluto dirsi tante cose, ma per carattere si limitarono a una stretta di mano, di quelle forti e che tolgono il respiro.
"Qui ci sono dei sandali per te", fece Peppino indicandogli delle calzature, e facendogli capire, con un cenno della testa, che si sarebbero diretti verso la pineta che iniziava a circa cinquanta metri da loro. Dopo pochi minuti si ritrovarono già a percorrere un sentiero all'ombra di pini marittimi; sulle loro teste, da un ramo all'altro, si muoveva qualche scoiattolo, oppure a volare era un picchio incurante della loro presenza.
"Ti ricordi ancora la scazzottata nel cortile della scuola?", chiese a un certo punto Marco, e Peppino, sorridendo perché stava pensando alla stessa cosa, gli rispose:
"Certo che me la ricordo. Io ero il più forte della classe e tutti mi temevano. Ero un vero capobanda. Anche tu avevi paura di me, però ti sei battuto lo stesso, e devo riconoscere che me le hai date".
"Pure tu mi hai assestato dei colpi che mi hanno fatto male. Per fortuna che intervenne la suora, altrimenti stavamo ancora lì a scambiarci cazzotti!".
"Già. Tutti i compagni della classe avevano formato un cerchio attorno a noi e per te solo un paio facevano il tifo...".
"Sì, avevo solo un paio di sostenitori - ammise Marco, e aggiunse: - All'improvviso li ho visti tutti scappare. Senza vedere chi arrivasse ho intuito che doveva essere una suora e allora ho preso la prima cartella coi libri che mi è capitata a tiro e sono corso via".
"Anch'io ho fatto la stessa cosa. Tu prendesti la mia cartella e io la tua e siamo scappati via senza guardarci dietro fino all'uscita della scuola. Penso che la suora ci abbia inseguito per un bel tratto. Non so chi fosse quella suora, ma doveva avere qualche chilo di troppo ed è quello che ci ha salvati da una bella tirata d'orecchi".
Fuori dalla scuola, Marco e Peppino si erano scambiati le cartelle e insieme avevano fatto silenziosamente la strada fino al loro rione. Dopo quell'episodio erano diventati amici e non si erano più presi a pugni. In seguito, quelle rare volte che si incrociavano per strada, si scambiavano solo qualche saluto, anche se entrambi avrebbero voluto ridiventare bambini.

Camminarono per circa mezz'ora e si ritrovarono in una radura dove ad attenderli c'erano altri giovani. Stavano tutti seduti attorno a una brace e li stavano aspettando per mangiare. Marco li guardò e con un lieve cenno di testa li salutò uno a uno, e anche se non li aveva mai visti sapeva – dentro di sé – i loro nomi. Si sedette accanto a Sabrina, una ragazza [...]
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