sabato 30 novembre 2024

Ti sono perdonati tutti i peccati: ora va e continua a peccare!

Ti sono perdonati tutti i peccati:
ora va e continua a peccare!
 
Nel Vangelo troviamo due incontri emblematici che mostrano la relazione di Gesù con i peccatori: il dialogo con il giovane ricco e l’episodio della donna adultera. Entrambi rivelano l’equilibrio perfetto tra misericordia e giustizia, una lezione attuale per il cristiano di ogni epoca.
 
Il giovane ricco: un invito rifiutato
Quando il giovane ricco chiede a Gesù cosa debba fare per avere la vita eterna, riceve una risposta che lo invita a un totale affidamento: “Vendi tutto quello che hai e seguimi”. La sua tristezza nel rifiutare questa proposta mostra quanto sia difficile rinunciare agli idoli materiali per abbracciare il cammino di Dio. Gesù non lo rincorre né gli attenua le richieste, ma rispetta la sua scelta, mostrando che il vero discepolato richiede una decisione libera e radicale (Mt 19,16-22; Mc 10,17-22).
 
La donna adultera: perdono e conversione
Diverso è l’approccio con la donna adultera (Gv 8,1-11). Quando viene portata davanti a Gesù, Egli disarma gli accusatori con la famosa frase: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Tuttavia, il perdono che concede alla donna non è una giustificazione del peccato. Gesù le dice: “Va’ e non peccare più”, invitandola a una vita nuova, lontana dal male.
 
Un messaggio per il presente
Oggi, alcuni cristiani sembrano aver travisato il messaggio evangelico, promuovendo un’accettazione incondizionata del peccato con l’idea che “tutti andremo in paradiso”. Questo atteggiamento, apparentemente compassionevole, rischia di minare sia la salute morale della società sia la salvezza delle anime. Gesù, invece, dimostra che misericordia e giustizia non sono opposti: Egli accoglie i peccatori, ma li invita sempre a cambiare vita e la vita del peccatore non cambia con una scatola di cioccolatini e con un mazzo di fiori.
In un’epoca in cui il relativismo morale dilaga, i cristiani sono chiamati a seguire l’esempio di Gesù: offrire perdono e accoglienza, ma anche proclamare con fermezza la verità del Vangelo. Come Gesù non ha mai sminuito la gravità del peccato, così i credenti devono indicare con amore e chiarezza la strada della conversione, per il bene della società e la salvezza eterna di ogni individuo. (Carlo Silvano)
 

 

venerdì 29 novembre 2024

Un matrimonio stabile? Non è questione di fortuna...

Il matrimonio si basa sulla fortuna? Secondo "qualcuno" sono fortunate le persone che vivono un matrimonio stabile. No. Non è così! Il matrimonio non “funziona” grazie alla fortuna, e nemmeno con i soldi e l’aspetto esteriore. Un matrimonio “funziona” quando c'è fedeltà, quando ci sono valori e obiettivi condivisi, e soprattutto quando come coppia si accettano i sacrifici che la vita familiare ci "impone"... Qui di seguito alcune note personali.
 
La grazia del matrimonio: fedeltà, sacrificio e valori condivisi
 
Nel mondo odierno, dove la cultura del “tutto e subito” sembra dominare le relazioni, il matrimonio stabile e duraturo può apparire come una rara fortuna. Tuttavia, secondo il Vangelo e il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), il matrimonio non è un gioco d’azzardo o un risultato di circostanze favorevoli. Non è il prodotto della sorte, del benessere economico o dell’aspetto fisico, bensì un percorso d’amore, fedeltà e sacrificio, sostenuto dalla grazia divina.
 
Il matrimonio: vocazione e sacramento
 
Il matrimonio, per i cristiani, è una vocazione. Gesù, nel Vangelo, sottolinea la sacralità del matrimonio quando afferma: «Dunque l’uomo non divida ciò che Dio ha congiunto»(Matteo19,6). Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC 1601) lo definisce come un sacramento attraverso cui un uomo e una donna instaurano un’alleanza per tutta la vita, orientata al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione dei figli.
Non è quindi un patto umano basato sulle emozioni mutevoli, ma un impegno sacro sostenuto dalla grazia dello Spirito Santo. La stabilità matrimoniale non deriva dal caso, ma dalla scelta quotidiana di vivere secondo i principi evangelici.
 
Fedeltà: il fondamento dell’amore
 
La fedeltà è il pilastro del matrimonio cristiano. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù dice: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi»(Gv 15,12). Questo amore fedele richiede un dono totale di sé, che non si limita ai momenti di felicità, ma si estende anche alle difficoltà.
Il Catechismo ribadisce che la fedeltà è essenziale per la stabilità matrimoniale e rappresenta una risposta alla fedeltà di Dio verso l’umanità (CCC 2364). Essere fedeli significa costruire un rapporto basato sulla fiducia reciproca, che permette di affrontare insieme le sfide.

 
Valori e obiettivi condivisi
 
Un matrimonio duraturo si fonda su valori comuni e su una visione condivisa della vita. I coniugi sono chiamati a crescere insieme, a supportarsi nella fede e a cercare il bene reciproco. Paolo, nella Lettera ai Colossesi, esorta: «Rivestitevi dunque di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza»(Colossesi3,12).
La condivisione degli obiettivi va oltre gli aspetti materiali o professionali. Include il cammino spirituale e l’impegno a vivere i valori evangelici nella quotidianità. In questo modo, il matrimonio diventa una vera “chiesa domestica” (CCC 1656), dove si vive e si trasmette la fede.
 
Il sacrificio: amore che si dona
 
Il sacrificio è il cuore del matrimonio cristiano. Gesù stesso ha dimostrato che il vero amore è sacrificio: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici»(Giovanni15,13). Allo stesso modo, i coniugi sono chiamati a mettere da parte l’egoismo e a donarsi completamente l’uno all’altro.
Questo non significa soffrire passivamente o annullarsi, ma scegliere ogni giorno di amare anche quando è difficile. Il sacrificio si esprime nel perdono, nella pazienza e nella capacità di rinunciare a sé per il bene dell’altro.
 
La Grazia che sostiene il matrimonio
 
Nessuno può vivere pienamente la vocazione matrimoniale senza l’aiuto della grazia divina. Il matrimonio, come sacramento, offre una partecipazione alla grazia di Cristo che rafforza l’amore umano e lo eleva a segno visibile dell’amore di Dio (CCC 1642). La preghiera comune, la partecipazione all’Eucaristia e l’affidamento a Dio sono strumenti indispensabili per superare le difficoltà.
 
Conclusione: una scelta quotidiana di amore
 
Un matrimonio stabile non è il frutto della fortuna, ma il risultato di una scelta quotidiana di vivere l’amore secondo il Vangelo. Fedeltà, valori condivisi e sacrificio sono i pilastri che rendono possibile questa stabilità. Con la grazia di Dio, i coniugi possono trasformare le difficoltà in opportunità di crescita e testimoniare al mondo la bellezza del vero amore cristiano.
Così, il matrimonio diventa non solo un legame umano, ma un segno visibile del mistero di Cristo e della sua Chiesa, una luce che illumina il cammino della vita coniugale. (Carlo Silvano)
 

 

giovedì 7 novembre 2024

Nella notte in cui fu tradito...


Quando, durante la Santa Messa, ascolto le parole del sacerdote che dice: “Nella notte in cui fu tradito…”, sento un momento solenne che va oltre la consuetudine della liturgia. Mi sembra quasi che il tempo si fermi e che quelle parole risuonino non solo nelle mie orecchie, ma nel profondo del mio animo. In quel breve istante, la celebrazione della Messa diventa anche un invito personale a fermarmi e riflettere.

La frase “nella notte in cui fu tradito” non parla solo di un evento storico. È un ricordo che richiama il sacrificio di Gesù e l’amore con cui ha accettato di donarsi per noi, anche quando uno dei suoi amici più vicini lo ha tradito. Questa riflessione mi fa rendere conto di quanto la sua scelta di accettare la sofferenza e la morte sia una lezione di amore incondizionato, uno slancio di misericordia che abbraccia ogni uomo e ogni donna, me compreso. Nonostante la nostra fragilità, le nostre cadute e i nostri tradimenti, Gesù ha scelto di amarci fino alla fine.

Ogni volta che il sacerdote pronuncia queste parole, mi domando: come rispondo a un amore così grande? Sono consapevole di quanto la mia vita e le mie azioni riflettano il dono che ho ricevuto? Oppure, come Giuda, mi lascio sopraffare da paure, egoismi e debolezze che mi allontanano da Lui?

Questa frase mi invita a riconoscere le mie infedeltà, non con senso di colpa sterile, ma come occasione per chiedere perdono e rinnovare la mia fedeltà. È un momento di verità, un invito a riflettere sul mistero della nostra fede, su cosa significa davvero seguire Cristo e imitarlo nell’amore e nel perdono. Fermarmi a riflettere in questo momento della Messa è un modo per non vivere la liturgia solo come un rito esterno, ma come un’esperienza intima che mi trasforma.

Capisco che questa frase è un richiamo costante a riconoscere la mia chiamata a essere testimone dell’amore di Cristo nel mondo, a rispondere con umiltà e gratitudine a quel sacrificio. Quando ascolto “nella notte in cui fu tradito”, sento, quindi, che anche a me è chiesto di scegliere: accogliere quell’amore nella mia vita e fare di ogni giorno una risposta a quel dono immenso. (Carlo Silvano)

 


Pollena Trocchia, Conoscere per arricchirci e arrivare a Dio

 

«Lascia che la conoscenza cresca, che la vita si arricchisca» è, a mio avviso, un’affermazione che richiama una visione profondamente cristiana del rapporto tra conoscenza e vita, un binomio che nel Vangelo e nel Catechismo della Chiesa cattolica trova senso e direzione nell’amore e nella verità di Dio.

1. La conoscenza come cammino verso Dio

Nel Vangelo, Gesù invita a cercare la verità e la sapienza come vie che conducono a Lui, che è “via, verità e vita” (Giovanni 14,6). La conoscenza non è, quindi, un fine in sé, ma un mezzo per scoprire e incontrare Dio. Il desiderio di conoscere diventa, per il cristiano, un desiderio di comprendere meglio la creazione, le Scritture e il mistero di Cristo, con la consapevolezza che ogni cosa è ordinata verso la verità divina. Il Catechismo sottolinea infatti che “l'uomo è chiamato alla beatitudine divina, attraverso la conoscenza e l’amore di Dio” (CCC 1721). Questo ci insegna che la conoscenza, per quanto importante e arricchente, acquista il suo vero valore quando orientata verso il bene supremo e verso Dio.

2. La vita che si arricchisce nella relazione con l’altro

L’affermazione suggerisce anche che la conoscenza non dovrebbe essere un semplice accumulo di informazioni, ma un elemento che arricchisce e trasforma la nostra vita, rendendola feconda per noi e per gli altri. Come afferma san Paolo, “La scienza gonfia, mentre la carità edifica” (1 Corinzi 8,1), indicando che la conoscenza sterile, priva di amore, porta solo a un egoismo vuoto. Al contrario, la conoscenza che arricchisce la vita è quella che promuove l’amore e il servizio verso il prossimo. Il Catechismo aggiunge che “la conoscenza e l’amore di Dio si sviluppano grazie alla preghiera, all’osservanza dei comandamenti e alla partecipazione alla vita della Chiesa” (CCC 1814), che orientano la vita cristiana verso una pienezza di senso.

3. La conoscenza nella luce della sapienza cristiana

L’invito a far crescere la conoscenza si collega al dono della sapienza, uno dei doni dello Spirito Santo, che permette al cristiano di vedere le cose alla luce di Dio e vivere in armonia con la Sua volontà. Come insegna il Catechismo, “i doni dello Spirito Santo sono disposizioni permanenti che rendono l’uomo docile a seguire le ispirazioni divine” (CCC 1830). In questo senso, la vera conoscenza non è solo intellettuale, ma spirituale: un discernimento che permette di vivere e operare con amore, giustizia e umiltà.

4. La conoscenza e il dovere di testimonianza

Infine, il Vangelo ci invita a far fruttare i talenti e le conoscenze ricevute (Matteo 25,14-30). Lasciar crescere la conoscenza implica anche un impegno di testimonianza e di responsabilità, per contribuire alla costruzione del Regno di Dio sulla terra, utilizzando i doni ricevuti per il bene della comunità. La Chiesa ci incoraggia infatti a vivere e testimoniare la verità con “libertà e responsabilità” (CCC 2467), affinché la nostra vita sia arricchita nella misura in cui essa arricchisce e serve gli altri.

In conclusione, la conoscenza che cresce in senso cristiano è quella che, illuminata dalla fede, porta a un arricchimento interiore e alla capacità di vivere una vita piena, realizzando il proprio cammino di fede e servizio con la consapevolezza di essere parte di un disegno di amore divino. Solo così la vita si arricchisce davvero: quando è radicata nell’amore di Dio e nella carità verso il prossimo. (Carlo Silvano)